TRAVAGLI DEMOCRATICI

"Voto contro, ma non lascio il Pd"
Mercedes sterza su Schlein

Bresso non sostiene la proposta di una tassa sui ricchi avanzata dai dem in Europa. Però esclude un'uscita dal partito: "Resto un'indipendente iscritta". Valigie pronte per tre europarlamentari. Il nodo del cambio di nome a Strasburgo: "Sbagliato chiamarsi Pse"

“Mai e poi mai uscirò dal Pd”. Da poco rientrata a Strasburgo, grazie alle dimissioni di Pierfrancesco Majorino che le ha ceduto il posto, Mercedes Bresso sgombra il campo dall’ipotesi che dietro il suo voto contrario, l’altro giorno, sulla risoluzione presentata dalla delegazione dem per spingere la Commissione a prevedere l'istituzione di una imposta dell'Unione Europea sui patrimoni di “individui e famiglie” in chiave di contrasto delle disuguaglianze, ci sia l’avvisaglia di un suo abbandono. 

“Era una risoluzione fatta male e senza senso, per questo non l’ho votata. Non si può immaginare una tassa sui ricchi, anziché una giusta progressività sull’imposta”. Eppure quel documento ha il sigillo del nuovo corso del Nazareno, del radicalismo incarnato e sparso a piene mani pure in Europa da Elly Schlein. Che se resta la segretaria della zarina, non è affatto detto accadrà lo stesso per quegli altri tre parlamentari europei che nello stesso episodio si sono astenuti, ma che agli occhi di molti hanno ormai il loro destino politico al di fuori del Pd

Di un’uscita di Patrizia Toia, in aperto dissenso sulla maternità surrogata, si parla da giorni e insieme a lei potrebbero prendere la porta anche l’ex montiana Irene Tinagli e Achille Variati. Tra coloro che, nei banchi dell’europarlamento  mostrano sempre più insofferenza al nuovo corso piddino pare esservi anche l’ex sindaco di Milano Giuliano Pisapia. Per ora l’unico parlamentare europeo del Pd ad aver fatto fagotto è Caterina Chinnici, passata in Forza Italia, ma sono molti a scommettere che non resterà, il suo, l’unico caso.

“Mi pare che le uscite dal partito che ci sono state siano più dovute a opportunità personale che a un cambio di linea politica”, osserva con una punta di acidità l’ex zarina. “Per il momento la linea Schlein su tematiche economiche e ambientali di cui mi occupo, non presenta particolari problemi. Un po’ di radicalità è utile, ma parlare di un’imposta sui ricchi? Cosa significa?”. 

E, vien spontaneo aggiungere alla luce delle parole di Bresso, nel corso del colloquio con lo Spiffero, cosa significa, oggi più che mai, essere “un’indipendente iscritta”, come lei si definisce orgogliosamente? “Non faccio parte di nessuna corrente e decido volta per volta cosa e come voto, l’ho fatto con tutti i segretari che si sono susseguiti nel corso della mia lunga vita politica nel Pd e prima ancora nel Pds”.

Ma c’è un altro punto che, al netto della dichiarazione di fedeltà al Pd, differenzia Bresso da Schlein. “In Europa ci chiamiamo S&D, Socialisti e Democratici, non Pse. Non siamo solo socialisti”. Non un mistero l’occhio benevolo con cui la segretaria aveva guardato alla proposta spagnola di cambiare nome al gruppo, appunto in Pse. Questione spinosa per il Pd con i sobbollimenti nella sua ala riformista di fronte a quel cambio che connoterebbe (o sancirebbe) anche un cambio deciso di direzione, sempre più a sinistra. “E’ vero che il partito in Europa si chiama Pse, ma io da sempre credo si debba invece chiamare partito dei Socialisti e Democratici, o Partito dei Progressisti”, spiega l’ex zarina che non cambia strada, ma non rinuncia a suonare il clacson di fronte a più di un’accelerata a sinistra della segretaria.

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