POLITICA & SANITÀ

Amos s'allarga, la Lega stringe. Cordone sanitario attorno a FdI 

Imminente l'ingresso dell'Asl Alessandria nella compagine della società di servizi oggi in mano alla Lega. La strategia del Carroccio per blindare il più possibile la sanità in vista della "cessione" dell'assessorato dopo il voto del 2024

Reinternalizzazione. La parola d’ordine, pescata nei fondali del burocratese, stando ai recentissimi annunci del governatore Alberto Cirio, dovrebbe segnare il nuovo corso della sanità piemontese riportando quanti più servizi possibili nelle mani del personale dipendente, togliendoli da ditte e società che hanno dato robusto corpo all’esatto contrario: l’esternalizzazione. Ma, proprio mentre parte questa indicazione diretta ai vertici delle aziende sanitarie, ecco che uno dei colossi fornitori di servizi – dai magazzinieri agli infermieri, dalla ristorazione alla logistica, passando per portierato, vigilanza, call center, trasporti sanitari e via ancora – non fa mistero dell’intenzione di allargarsi. E se il colosso da oltre 2mila dipendenti e 60 milioni di fatturato si chiama Amos, la contraddizione con la linea indicata da Cirio appare evidente. 

Già, perché la società nata nel 2005 da un’idea di Fulvio Moirano (il manager che anni dopo avrebbe guidato l’Agenas e poi diretto la sanità piemontese) è totalmente partecipata dalle aziende sanitarie regionali (il 34,93% all’Aso Santa Croce e Carle, il 33,40% all’Asl Cuneo1, il 25,09 all’Asl Asti, il 4,18 all’Asl Cuneo2 e il 2,44% all’Aso di Alessandria) e con esse lavora, in house, senza bisogno di passare per bandi e gare. Un’espansione quella nei piani di Amos che sarebbe in fase già parecchio avanzata con l’imminente ingresso tra i soci dell’Asl di Alessandria, una delle più grandi e dunque potenzialmente più munifica in termini di affidamento di servizi. 

Una decisione, quella che è in procinto di prendere il direttore generale Luigi Vercellino, difficile da comprendere alla luce delle direttive ribadite ancora pochi giorni fa in occasione della presentazione dell’osservatorio sul personale, ma che potrebbe trovare una qualche spiegazione in esortazioni e inviti, più o meno diretti che rimandano alle strategie della nuova gestione di Amos e a malcelate strategie politiche. Il bivio tra il riportare in capo ai dipendenti quanti più servizi possibile e entrare nella società che quei servizi di fornisce, sia pure in house, sarebbe alla base delle non negate perplessità che trapelano dai piani alti dell’azienda sanitaria alessandrina.

Perplessità accentuate dal modello, citato ad esempio virtuoso sia da Cirio, sia dall’assessore Luigi Icardi, dell’Asl Cuneo2 (quella del loro feudo elettorale langarolo) dove il direttore generale Massimo Veglio ha praticamente azzerato l’affidamento all’esterno di tutta una serie di servizi, gran parte dei quali forniti proprio da Amos. Se quella è la strada, perché imboccare quella di partecipare al capitale della società e, presumibilmente, servirsene? Ma non è questa la sola domanda che l’espansione nella parte Sud del Piemonte della multiservizi porta con sé.

La risposta, o comunque una delle possibili, riporta proprio alla politica. Poco più di un anno fa, occupando due posti su tre e lasciandone uno a Forza Italia, la Lega ha messo le mani su Amos, piazzando alla presidenza il segretario cittadino di Cuneo Simone Mauro, sull’altra poltrona del cda l’ex consigliera regionale dei Moderati poi risalita sul Carroccio Carla Chiapello fedelissima del senatore Giorgio Maria Bergesio, lasciando la terza all’ex sindaco di Alba, Giuseppe Rossetto nel cui studio legale ha lavorato il governatore. 

Un fortino, anzi una fortezza strategica non solo da difendere, ma da ingrandire in fretta nella tutt’altro che remota eventualità per la Lega di vedersi soffiare l’assessorato alla Sanità da Fratelli d’Italia dopo il voto dell’anno prossimo. Se il partito di Matteo Salvini ha il suo tecnico forte della sanità in Carlo Picco all’Azienda Sanitaria Zero, una trincea sul territorio al possibile (stra)potere fraterno potrebbe essere scavata, in previdente anticipo, proprio sul territori storicamente più importanti per la Lega grazie a una società che per numero di dipendenti, giro d’affari e penetrazioni rappresenta un centro di potere.

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