VERSO IL VOTO

M5s raffredda i bollenti spiriti Pd: "Non partecipiamo al totonomi"

Con una nota della capogruppo Disabato, i pentastellati fanno sapere che in Piemonte non intendono togliere le castagne dal fuoco ai dem. "Non è una questione di nomi", quindi cade anche la supposta preferenza per Gribaudo. Con Valle rapporti consolidati

L’ordine di scuderia è: stare fermi. “Il Movimento 5 Stelle ha sempre dimostrato di mettere al primo posto i programmi ed i progetti, chi pensa si tratti di una questione di nomi è totalmente fuori strada. Quella all’interno del Pd è una dinamica in cui non vogliamo entrare”. Con queste stringate parole di Sarah Disabato, capogruppo a Palazzo Lascaris e responsabile regionale, i pentastellati ribadiscono che non intendono farsi trascinare nello psicodramma in atto in questa lunga vigilia del voto in Piemonte nel partito di Elly Schlein. Una posizione definita al termine di un confronto con i vertici romani e locali – Giuseppe Conte e Chiara Appendino – che arriva dopo settimane di incalzante corteggiamento. Non c’è una chiusura preconcetta, la strada verso un’alleanza “su programmi e progetti” resta aperta, ma di togliere le castagne dal fuoco del Pd non se ne parla. Difficile credere che siano indifferenti ai nomi, come pure dichiarano, ma non intendono giocare di rimessa, su un terreno in cui regole e arbitro sono decisi da altri.

Uno scarto tattico che rompe lo schema, in vero assai semplicistico, che indica in Chiara Gribaudo la candidata più affine alle battaglie grilline e quindi maggiormente capace, rispetto all’antagonista interno Daniele Valle, di stringere l’intesa sul campo largo. Basterebbe ricordare di come la deputata di Borgo San Dalmazzo sia stata una convinta sostenitrice del Jobs Act renziano (che peraltro non rinnega e ancora difende in tv) e che con il vicepresidente del Consiglio regionale si è consolidata in quattro anni di comune opposizione una consuetudine di rapporti e una condivisione di iniziative politiche che vanno ben al di là delle relazioni di buon vicinato tra compagni di scranno. La questione è squisitamente di “interesse” politico. I 5 Stelle non solo non vogliono essere a rimorchio del Pd ma neppure sono disponibili a fare la stampella alle loro beghe interne. Anzi, se possibile (e legittimamente) faranno di tutto per trarne vantaggio. Ammantando la strategia di belle intenzioni di cui è lastricata la politica. Non è forse proprio l’ex sindaca Appendino a predicare piedi di piombo nello stringere accordi elettorali anzitutto per salvaguardare la prospettiva futura di un’intesa strutturale? “Uniamoci dove c’è una ragionevole possibilità di vincere”, sembra solo cinismo (e in parte lo è) ma ha il suo fondamento di razionalità politica. Per questo in Piemonte, dove la sfida è particolarmente ostica, il fronte giallorosso ha un senso solo se inserito in un quadro più generale che comprende le altre realtà al voto – Abruzzo e Sardegna, senza tralasciare alcuni importanti comuni – e l’orizzonte nazionale. Certo, le debolezze intrinseche ai due partiti locali e la concomitanza con le urne europee non spingono gli uni nelle braccia degli altri.

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