Mirafiori, da Cgil e Governo niente di buono 

Il patto d’unità d’azione tra i sindacati metalmeccanici su Mirafiori è già naufragato, dopo solo un mese di vita, sull’azione unilaterale degli scioperi “spintanei” organizzati dalla Fiom durante le assemblee, alla presenza del segretario generale della Cgil piemontese Giorgio Airaudo. Un giochetto organizzato da almeno vent’anni, sempre con la stessa regia prima fiommina e poi cigiellina che solo l’ingenuità o l’inesperienza degli altri ha permesso che avvenisse.

Era già tutto scritto, bastava leggere il passato. Queste alchimie confermano, per l’ennesima volta, che chi chiede l’unità sindacale è il primo a non praticarla, ma proviamo a fare un punto. La domanda essenziale è: qualcuno ha una strategia sull’auto? Mi pare di no, non il Governo che non ha uno straccio di conoscenza e di politica industriale perché invoca che i modelli che si vendono in Italia devono essere costruiti in Italia.

Al limite dovrebbe chiedere di produrre Jeep e Ram visto che sono i modelli più venduti da Stellantis. Oltretutto il velleitario obiettivo del milione di auto da produrre in Italia rimane una sciocchezza di chi non sa di cosa parla, basti pensare che l’Italia è il terzo Paese per numero di immatricolazioni di Stellantis dopo Stati Uniti e Francia, seguita a ruota dal Brasile. L’Europa, dopo avere lanciato il “tutto elettrico” non è in grado di gestire la transizione e tutte le case costruttrici europee ne stanno pagando il prezzo. Regna una forte incertezza politica che condiziona e rallenta le scelte delle imprese. Non è un caso che Tavares e altri Ad continuino a dire che la transizione “non è stata una loro scelta”, ma che si sono dovuti adeguare investendo miliardi e riducendo i costi per restare competitivi.

Inoltre, tra nemmeno sei mesi si rischia uno spostamento a destra del Parlamento europeo per cui la transizione green potrebbe subire brusche frenate. Per questo ribadisco che è stato un errore non rendere la curva della transizione più morbida per evitare ridimensionamenti drastici. Consideriamo anche che fra due anni ci sarà una verifica sulla tempistica della transizione. Quindi manca una strategia politica europea, le case costruttrici subiscono una scelta politica e i costi ricadono sui singoli Paesi e sui lavoratori, sulle loro famiglie e sui territori. In Italia Tavares, in questa situazione, fa l’opposto di Marchionne, chiedendo incentivi per l’elettrico e il Governo anziché contrapporre un disegno strategico non ha un’idea migliore di innescare una polemica sterile su quanti soldi sono stati dati alla Fiat negli anni, estraniandosi dai problemi veri.

Quando non sai e non sei capace la butti in caciara, cioè in polemica politica. Per Mirafiori a sinistra non va meglio, visto che la Cgil che pensa più ai suoi margini di consenso, sperando nella bella sconfitta da raccontare ai nipotini grillo-cigiellini (non è un caso che Landini e Conte si facciano beccare dal giornalista all’incontro segreto). La Schlein si collega in video messaggio con i lavoratori di Pomigliano e ignora Mirafiori. E il Sindacato? Né i territori né il livello nazionale sembrano avere un interlocutore in Stellantis che rappresenti l’Italia e che abbia voce in capitolo. La funzione dell’HR nell’azienda è sicuramente sbiadita e ininfluente rispetto al passato, quando invece Marchionne la considerava dirimente.  Oltretutto il pilastro su cui si basava il CCSL, il WCM con l’Ergo-UAS, è stato smantellato senza colpo ferire per la gioia della Fiom che ha vinto la sua battaglia ideologica. Peccato che hanno perso gli operai nella vita di tutti i giorni in fabbrica, stando peggio. Manca un ruolo del sindacato nei territori, è possibile? Se Mirafiori è adatta per i modelli premium Maserati e l’elettrico perché la Maserati Grecale si fa a Cassino? Oltretutto è quella che ha venduto di più come brand. È un problema di piattaforme? Ma quale battaglia si è fatto? Si è delegato al livello superiore o si è ignorato tutto ciò? Siamo, però, al nocciolo del problema.

Se si vuole difendere Mirafiori la prima battaglia da fare è nel sindacato, non contrapponendo territori ma nella chiarezza delle scelte, delle mission, senza delegarle a altri. E la prima battaglia da fare era interrogarsi se le piattaforme dei modelli Maserati prodotte a Mirafiori potessero sostenere la continuità nell’evoluzione e avere l’esclusività, insieme a Modena, di Maserati come Cassino lo è di Alfa Romeo. Se invece il criterio è la piattaforma e il segmento bisognava fare come a Cassino cioè rimodernare le linee di assemblaggio per nuove piattaforme e quindi modelli. Allora c’è una domanda a cui rispondere: le linee di Mirafiori sono già vecchie e non consentono di produrre altri modelli se non quelli già in corso, magari elettrificati? Se è questo, accompagnato dal fatto che Maserati non vende, bisogna avere il coraggio di affrontarlo e Torino deve far sentire la sua voce. Non serve chiedere nuovi modelli se le linee di assemblaggio non sono in grado di recepirli: bisogna chiedere a Stellantis di ristrutturare le sue linee di assemblaggio a Mirafiori per renderle flessibili e adattabili, come in un lego, per più segmenti di modelli. Credo sia questo il vero problema di Mirafiori. Ma il sindacato sta ancora affrontando la questione organizzazione del lavoro o finito il WCM non se ne parla più, delegandola all’azienda?

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