GRANA PADANA

Salvini mette tutti sull'attenti: "Basta critiche a Vannacci"

Nel giorno dell'Autonomia il segretario si spende in difesa del parà. Solo poche tiepide parole per il testo Calderoli. Molinari: "Una riforma attesa da 40 anni". La maglia verde nordista di una deputata. In Piemonte si teme che il generale faccia perdere voti

Allo sventolare la bandiera dell’autonomia, Matteo Salvini preferisce far pesare la gerarchia. Così mentre alla Camera dov’è finalmente giunta la riforma, firmata da Roberto Calderoli, che concede maggiori poteri alle Regioni e nei banchi della Lega rispuntano addirittura maglie verdi ed espliciti richiami al Nord, il leader impartisce un ordine secco ai suoi: cessare immediatamente ogni polemica sulla candidatura di Roberto Vannacci alle europee. 

Non è dato sapere, ma non stupirebbe, che abbia anche cercato di arruolare i più riottosi per schierarli, oggi, al cospetto del generale alla presentazione di Controvento, il suo libro già alla seconda ristampa, ma ancora lontano dal record di vendite de Il mondo al contrario, opera prima e innesco della notorietà presto tramutata in discesa in politica dell’ex comandante dei parà. 

Un mettere sull’attenti, quello di Salvini ai suoi, che arriva proprio in concomitanza con un evento di ben altro rilievo, per la stragrande maggioranza dei leghisti, rispetto al trovarsi l’alto ufficiale candidato e magari capolista in tutte le circoscrizioni. Evento, ovviamente, degno di tutt’altra attesa e accoglienza. Perché, come ha detto con le lacrime di commozione Luca Zaia, a discussione in corso a Montecitorio, “Sono vent’anni che aspettiamo l’autonomia e quello che finalmente si sta per approvare è un provvedimento che passerà alla storia”. 

Come quella del 25 Aprile, giorno scelto per annunciare ufficialmente la candidatura di Vannacci, anche questa data non è un caso che sia stata individuata da Salvini per ordinare ai suoi di piantarla con polemiche e critiche verso il generale. Un telo mimetico a coprire la bandiera che nella Lega agognano da anni di poter sventolare. Un vessillo che a partire dal suo sarto, Calderoli, passando per i capigruppo delle due Camere, Massimiliano Romeo e Riccardo Molinari, entrambi disertori annunciati all’odirena kermesse vannacciana,  hanno cercato in ogni modo, alla fine riuscendovi, di issare davanti agli elettori prima del voto europeo, consapevoli di come proprio l’autonomia possa recuperare specie al Nord parte di quei voti perduti o, mal che vada, non lasciarne sul terreno altri. Ce l’hanno praticamente fatta, ma chi s’aspettava squilli di tromba del Capitano deve accontentarsi solo di quelli che riserva al generale. Tiepidamente e senza alcuno slancio davanti a quella che il suo partito considera la madre di tutte le riforme, l’approdo di una navigazione partita dai lontani lidi della secessiun, poi della devoluscion, sempre seguendo la rotta del federalismo, Salvini si limita ad osservare che “mi pare che i tempi siano rispettati”. Tutt’altro trasporto rispetto a quel che in Aula connota gli interventi dei suoi.  “L’autonomia è un pilastro su cui si basa la coalizione, e oggi – dice nel suo intervento Molinari – è una giornata importante per la Lega che da quarant’anni anni si batte per una riforma federale dello Stato e per l'attuazione del regionalismo differenziato”.

Mentre Salvini fa da scudo a Vannacci, cercando invano di smontare le accuse e le critiche (anche e soprattutto quelle di non pochi esponenti di primo piano del partito) di fronte alle affermazioni sulle classi per bambini con disabilità, il capogruppo a Montecitorio bolla come Masaniello il governatore della Campania Vincenzo De Luca, ma per la stoccata usa il fioretto: “Si accusa l’autonomia di tradire la Resistenza. Io non do lezioni di storia a intellettuali e cattedratici, ma in Costituente l'unica cosa che teneva uniti tutti, era la cesura con Stato fascista che aveva eliminato le autonomie”. E rivolgendosi alla sinistra: “Non vi dice nulla la Carta di Chivasso, i partigiani federalisti?”.

Il parlamentare piemontese che non ha mai mancato una celebrazione del 25 Aprile e che rivendica non solo il suo ben noto, ma l’antifascismo della Lega in cui è entrato con i calzoni corti, sembra e forse è la voce di un altro partito rispetto a quello che si affida al generale. “Vannacci ci farà perdere un sacco di voti”, ammetteva ancora ieri un esponente di rilievo del partito in Piemonte, impegnato per la rielezione in consiglio regionale il prossimo 9 giugno. Vai a spiegare nelle campagne del Novarese come nelle colline delle Langhe, che la Lega è un’altra cosa, se il segretario ha deciso di puntare tutto, a partire dal suo futuro alla guida del partito, su Vannacci.

Che sia un’altra cosa ormai è sempre più evidente, come la sgargiante maglia verde padano con su scritto “Il vento del Nord” che la deputata bresciana Simona Bordonali ha mostrato all’emiciclo di Montecitorio. Sollecitato dalle proteste della sinistra, il presidente Lorenzo Fontana l’ha pregata “cortesemente di abbottonare la giacca”. Un invito, l’ordine lo ha dato Salvini ai suoi. Ma l’esito, alla fine, sembra sarà lo stesso: “Il vento del Nord – ha risposto la parlamentare – dà fastidio”. 

print_icon