Torino sabauda? Un lontano ricordo

Da tempo i media e i “maggiorenti/potenti/mega detentori di poteri economici” di questa città (oggi la stessa sindaca ma da tempo politici, direttori, presidenti, potenti rappresentanti di fondazioni bancarie e culturali, musei, enti, università, etc. etc. sempre gli stessi appartenenti al cosiddetto “sistema Torino”) parlano sui media della Torino Sabauda”, si propaganda l’immagine di una città “severa, disciplinata, educata, rigidamente ossequiente a modelli di disciplina, educazione, onestà...” che affonda le proprie radici nella storia antica di Torino.

Ma non sarebbe ora di dire la vera verità? La Torino Sabauda non esiste più: Torino da decenni è un ibrido derivante dalla inevitabile contaminazione meridionale che dalla fine degli anni '50 e arrivando a oggi ha cambiato alla radice la personalità, i comportamenti, il carattere, la profonda struttura della sua essenza.

 A Torino i torinesi doc. si contano sulle dita di una mano, a Torino non si sente più parlare torinese, basta andare sui mezzi pubblici (che frequento spessissimo in tutte le direzioni, dal centro alle periferie), basta andare nei negozi di qualunque genere e nei locali e nei ristoranti e nei bar e negli uffici pubblici e in qualunque attività commerciale del centro e della periferia (luoghi che frequento con grande curiosità per rendermi conto di persona della situazione), per rendersi conto che Torino non è sabauda da decenni e decenni, Torino è un ibrido, un intreccio nord/sud con prevalenza meridionale, dove le ormai terze generazioni dei valorosi lavoratori immigrati che arrivarono dal sud Italia per fare grande la Fiat e Torino (con grandissimo rispetto per chi abbandonò dolorosamente la propria terra e venne con la valigia di cartone a farsi il “mazzo” alle fonderie), bene dove ormai le terze generazioni non solo non si sono integrate ma anzi hanno imposto usi e costumi di forte radice meridionale e continuano ad avere comportamenti e accento meridionalissimo (minchia, cazzo, diu fa', e non continuo...), dove gli usi e costumi meridionali hanno preso il posto del sabaudo aplomb.

Ciò che imperversa: urlare, sbraitare, vomitare, fare fracasso è davvero poco sabaudo e tanto meridionale, la meridionalizzazione di Torino è un fatto così evidente che negarlo o peggio nasconderlo appare penoso. Fa parte di un meccanismo più che comprensibile sociologicamente parlando, parliamo infatti della città industriale che fu per decenni la più importante d’Italia (e una delle più importanti d’Europa), ma oggi negarlo o peggio non spiegarlo è segno di un'ignoranza e/o di un cinismo poco coerenti con una corretta e basilare informazione.

Torino oggi è una città meridionale a tutti gli effetti, pregi e difetti inclusi, e dunque per favore basta parlarne come di città sabauda, non è vero, non esiste più, Torino non è disciplinata, non è educata, non è rigorosa, essa è coinvolta in una complessissima realtà post industriale, in un “pasticcio” dove convivono realtà socio/culturali iper radicate calabro/siculo/pugliesi e deve capire cosa vuole essere oggi e soprattutto cosa vorrà essere domani.

Questa, spero si sia capito, non è un’analisi razzista, è una assai semplice analisi sociologica tendente a invitare media e politici a dire la verità: se la verità non viene analizzata, chiarita, studiata e comunicata assai chiaramente la democrazia va a farsi friggere!

*Simonetta Chierici, presidente del coordinamento nazionale “No degrado e mala movida”

 

Gentile redazione de Lo Spiffero,
come sempre vi ringrazio per la pubblicazione della mia lettera, in questo caso Torino Sabauda?
So bene che quando si scrive una cosa bisogna prendersene la responsabilità, mi rendo conto che il testo possa aver offeso o ingenerato equivoci rispetto al mio "sentire". La mia riflessione (segnata dagli ennesimi urli a squarciagola, a tarda notte, nelle vie intorno a Piazza Vittorio) si riferiva a una certa trasformazione "socio/culturale" inevitabile per la città industriale per eccellenza in Italia. Meridionalizzazione nel nostro caso vuol dire cambiamenti radicali di usi e costumi, come giustamente accade in occasione delle grandi e inevitabili trasformazioni storiche dei luoghi e la globalizzazione favorirà ancora di più queste trasformazioni, non volevo certo esprimere un giudizio razzista (io sono peraltro più meridionale che settentrionale), nè tantomeno definire il Meridione d'Italia come entità negativa, basta la storia antica e recente infatti a testimoniare delle ricchezze di cultura e intelligenza che lo connotano. 
 
Ciò che volevo dire era questo: Torino, a mio avviso, non esprime più il connotato di Sabauda, soprattutto nella sua immagine popolare più immediata, diretta, quella che pulsa nelle strade e nelle piazze, forse sabaudi rimangono i livelli "alti", i vertici della gestione pubblica e privata, quella struttura articolata che in città non vedi, non incontri, non percepisci, che si ritrova in luoghi coerenti con il proprio ruolo. Insomma non vedo i presidi dell'Università, il presidente degli imprenditori, i presidenti delle fondazioni bancarie e culturali, dei teatri, i politici, ecc.ecc. passeggiare ogni tanto per la città e andare a prendere un caffè in mezzo alla gente (non per farsi vedere ma per il piacere di farlo in qualche momento di relax). 

In ogni caso ci tengo a precisare che, se ho offeso qualcuno, me ne dispiaccio e spero di aver chiarito il mio pensiero.
Grazie per l'attenzione

 

Simonetta Chierici

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