POTERE & POLTRONE

Intesa, c'è Profumo di bruciato

Il presidente della Compagnia di San Paolo sarebbe allettato dall'offerta di Guzzetti: la poltrona dell'Acri in cambio del via libera di Torino alla sostituzione di Gros-Pietro con il milanese Colombo al vertice della banca

Piatto indigesto il risotto alla milanese che il presidente di Intesa SanpaoloGian Maria Gros-Pietro, e altri involontari commensali attovagliati al comitato di gestione della Compagnia di San Paolo temono stia cucinando per loro il grande vecchio della finanza bianca lombarda Giuseppe Guzzetti, con l’aiuto di Francesco Profumo. Quest’ultimo dopo aver visto scemare le possibilità di abbinare la presidenza della Compagnia a quella della potente Acri (l’Associazione tra le casse di risparmio e le fondazioni di origine bancaria) prossima ad essere ceduta da Guzzetti, torna a veder riaffacciarsi il suo nome in una spericolata, ma non impossibile, manovra dell’ottantaquattrenne banchiere. Nei piani di quest’ultimo, Profumo sarebbe la pedina da muovere sullo scacchiere della finanza ai tempi del governo gialloverde (con preponderanza leghista al Nord, banche comprese) piazzandolo nella casella dell’Acri in modo da ottenere da lui l’appoggio per non rinominare Gros-Pietro e mettere la presidenza della banca in mani lombarde. A costo di mettere una pietra sopra alla brutta figura rimediata dall'ex ministro montiano nella selezione del successore di Piero Gastaldo alla segreteria generale della fondazione.

Scongiuri e magari pure qualche imprecazione pare abbiano attraversato le stanze di corso Vittorio Emanuele dove l’idea di cedere anche l’ultima presenza torinese nell’istituto di credito che torinese lo è ormai sempre meno, non sia affatto piaciuta, neppure se a mero stato di gossip. Altrettanto chiara da quelle parti la reazione raccolta negli ambienti che ancora contano in città all’ipotesi di dover assistere all’ennesimo scippo per mano milanese, per giunta con complicità torinesi sia pure di adozione. E, in tal senso, le recenti interviste di Profumo a un paio di giornali nelle quali egli delinea la necessità di un accordo con Milano come unica salvezza per una Torino sempre più marginale, non hanno fatto che aumentare i sospetti.

Non è un mistero che Guzzetti miri a portare sulla poltrona ora di Gros-Pietro il lombardo Paolo Andrea Colombo, attuale vicepresidente di Intesa Sanpaolo, già in cda gruppi di livello internazionale (Pirelli Pneumatici, Rcs Quotidiani e Rcs Libri, Telecom Italia, Credit Suisse Italy, Ansaldo STS, Montedison ed Eni), appoggiato in passato da Giulio Tremonti e Domenico Siniscalco e oggi assai gradito alla Lega, in particolare al suo potentissimo sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, Giancarlo Giorgetti.

Liaison non certo ignorate dal vecchio monarca della finanza lombarda, il quale per l’altra poltrona che presto dovrà abbandonare, quella della presidenza di Cariplo (che ha ridotto il peso piemontese riducendo a uno i due posti fino al cambio di statuto riservati alle province di Novara e Verbano-Cusio-Ossola), ha già pronto in nome di Giovanni Gorno Tempini, bocconiano come Giorgetti e attuale membro del Cda di Intesa Sanpaolo di cui è stato responsabile del settore finanza e tesoreria.

Il progetto di Guzzetti per accentuare la milanesizzazione della banca governata da Carlo Messina, togliendo a Torino anche la presidenza, tradizionalmente espressione delle radici piemontesi della banca, non è affatto nuovo, tantomeno conosciuto solo a pochi. A far fibrillare il board della Compagnia, che della banca detiene il 6, 791% mentre Cariplo pesa per il 4,381, è piuttosto il ruolo che nella partita potrebbe giocare il presidente.

Quella di presidente di Acri è poltrona ambitissima, succedere poi a chi l’ha occupata per quasi due decenni in un momento particolare per il Paese e per il suo futuro visto dalle banche e dalle fondazioni che su molte di esse hanno pesante voce in capitolo non è offerta da rifiutare a cuor leggero, specie se alle poltrone prestigiose e remunerative non si è, come dire, indifferenti.

Qualche motivo per temere di vedersi servire il risotto alla milanese, a Torino c’è. Magari annunciato da quell’odore di bruciato che qualcuno pare annusare dalle parti di corso Vittorio Emanuele.

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