Politica e sanità tra passato e presente

Dopo l’emergenza sanitaria nazionale che ci ha travolto, e che ci segna ancora, non potremmo non approfondire – sperando senza polemiche e senza tifoserie da stadio – il capitolo della gestione politica della sanità negli ultimi anni in Piemonte. Un dibattito politico che si rende sempre più necessario anche per evitare di trasformare la gestione della sanità pubblica in un eterno derby tra le varie forze politiche e i rispettivi schieramenti. Tutti sappiamo che la sanità è la voce di bilancio più consistente per ogni amministrazione regionale e, di conseguenza, il terreno dove si gioca la credibilità e l’efficienza di larga parte di ogni governo regionale. Era così nel passato ed è così oggi, soprattutto dopo questa terribile emergenza sanitaria nazionale. E non potrebbe essere diversamente.

Ora, se questa considerazione è vera perché oggettiva, credo che appena saremo al termine degli effetti di questa pandemia – sperando che il tempo non sia eccessivamente lungo, anche se il confronto di merito non può ulteriormente tardare – la politica in Piemonte non potrà esimersi da un trasparente dibattito sull’organizzazione e sulla prospettiva della sanità subalpina. E questo non per rivendicare meriti o scagliare accuse ma per la semplice ragione che la gestione della sanità ha ricadute concrete sulla vita di tutti cittadini. Di tutte le età e di tutte le classi sociali.

Certo, noi conosciamo – chi più chi meno – il “modello sanità” della vicina Lombardia. Un modello che è stato dipinto e teorizzato come l’eccellenza italiana per molti anni ma che in questa occasione ha dimostrato, in tutta la sua virulenza, una grande sofferenza. È ovvio che l’emergenza è stata devastante e chiunque amministratore locale, di qualsiasi schieramento politico, non poteva che andare in difficoltà di fronte a questa emergenza. Salvo per chi ha sempre la ricetta comodamente seduto dietro alla propria scrivania o di fronte al suo computer. Ma per chi è in prima linea la situazione, come ovvio, è sempre molto diversa. Ho parlato del cosiddetto “modello” lombardo perché il Piemonte non ha mai avuto un modello preciso di riferimento. O perlomeno, non è mai stato dipinto così. Un motivo in più per aprire un dibattito sul cosiddetto, o potenziale, modello piemontese.

Insomma, dopo questa drammatica emergenza – sperando che l’epidemia non si riproponga nella sua virulenza – credo che la politica piemontese nel suo complesso, compreso ciò che resta dei partiti, abbia il dovere di avviare un grande dibattito. Dalla medicina del territorio agli ospedali, dalla medicina di base all’organizzazione generale della sanità pubblica. Ben sapendo che proprio in Piemonte abbiamo un’eccellenza medica di fama nazionale e un personale sanitario e infermieristico di grande livello con una straordinaria professionalità. Ma è compito della politica organizzare la sanità e individuare il miglior modello possibile. Anche se, per il momento, l’unica cosa che può e che deve fare la politica nel suo complesso – come del resto sta facendo – è quello di ringraziare infinitamente lo straordinario lavoro dei medici, degli infermieri e di tutto il personale sanitario del Piemonte. Nessuno escluso. Solo da questa risorsa si può ripartire.

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