GIALLOROSSI

"Aperti al dialogo con i 5 stelle, ma a Torino Appendino ha fallito"

Rossomando, vicepresidente del Senato ed esponente della sinistra Pd, accoglie l'appello del segretario Zingaretti: "Dobbiamo parlare a quelli che li hanno votati, molti erano nostri elettori". Porte definitivamente chiuse a un'alleanza per le comunali torinesi

Ma a Torino no. “Almeno proviamoci” dice Nicola Zingaretti rivolgendosi ai Cinquestelle in un appello per correre insieme alle regionali per battere il centrodestra. “Bisogna costruire un fronte aperto, progressista, ambientalista da contrapporre a quello sovranista. Non ha senso non farlo sui territori. È un’occasione per tutti”, gli fa eco e controcanto il ministro per gli Affari Regionali Francesco Boccia.

La linea cade più volte lungo la tratta Roma-Torino, ma quella che la vicepresidente del Senato Anna Rossomando, parlamentare dem alla sue terza legislatura, traccia è, invece, di demarcazione netta tra quel che Zingaretti auspica per le Regioni che andranno al voto a settembre e quel che invece non potrà succedere sotto la Mole.

Senatrice Rossomando, voi del Pd governate il Paese con il M5s, adesso il vostro segretario auspica un fronte comune alle regionali, ma a Torino avete escluso senza se e senza ma una coalizione per le comunali dell’anno prossimo. Sicuri che gli elettori capiranno e non andranno in confusione vedendo una sorta di contraddizione?.
“Non c’è contraddizione. L’appello di Zingaretti è teso a tutti gli sforzi possibili per coinvolgere e avere un campo largo del centrosinistra che ci consenta di vincere le amministrative. Dove ci sono le condizioni è doveroso provarci con i Cinquestelle. A Torino le condizioni non ci sono. Il giudizio che diamo sulla giunta Appendino è un giudizio netto di un’esperienza fallimentare e questo resta. Il tema è superato”.

Non le sembra un paradosso, o perlomeno strano, che state insieme al Governo con grillini duri e puri, ma a Torino alzate il muro contro una sindaca che non è certo, per dire, né Paola Taverna nè Alfonso Bonafede?
“Appendino guida questa giunta e politicamente ne è responsabile”.

Quindi l’apertura di Zingaretti non sposta di un millimetro il ragionamento che avete fatto sulle comunali a Torino?
“Zingaretti lo aveva detto, anche a Torino lo scorso settembre, che decidono i territori. Il tema che pone è quello di fare di tutto perché questa alleanza di centrosinistra sia la più larga possibile, privilegiando accordi e non contrapposizioni. Siccome parliamo sempre di modello Emilia-Romagna, ricordiamo che Stefano Bonaccini non ha posto veti, ha messo questioni programmatiche molto aperte e sono stati altri a sottrarsi. Poi molti elettori Cinquestelle hanno votato per lui”.

Logico supporre che auspischiate succeda così anche a Torino.
“Il giudizio severo sulla giunta lo stanno dando e lo daranno i torinesi. Ma credo che noi sbaglieremmo molto se non fossimo attenti a tutta quella parte che tradizionalmente votava a sinistra, che alle scorse amministrative ha scelto Cinquestelle e che non è scontato, se non le si danno risposte convincenti, che torni a votare per noi”.

Ma voi continuate a governare con loro, un problema o un’opportunità per le amministrative sotto la Mole?
“Questa esperienza di governo, con interventi di forte connotazione sociale, di sostegno alle fasce deboli, può e deve valere molto. Non penso che se ci fosse stata la Lega e non noi come partner di governo la risposta alla crisi sarebbe stata uguale. E poi considero un risultato importante per il Pd aver portato, nell’azione di governo, i Cinquestelle su posizioni che non erano affatto scontate”.

Difficile sia sufficiente a riconquistare quei voti che quattro anni fa avete perso a favore di Appendino. Come pensate di recuperarli bocciando la giunta e dicendo no a qualsiasi accordo?
“Una volta che il giudizio negativo è netto, non è che tutti giorni si deve tornare sulla questione. Mi preoccuperei invece di dare una visione che fornisca una prospettiva a Torino. Per dare una speranza a ceti sempre più vasti che vivono difficoltà non basta dire che ci sono gli aiuti, gli ammortizzatori sociali, pur importantissimi. Serve dare una concreta speranza e questa sta negli asset di rilancio della città. Arriveranno molti soldi dall’Europa e nel Governo anche su questo sono stati fatti passi avanti rispetto a come erano partiti i Cinquestelle. Ecco questi soldi non è scontato che arrivino anche su Torino, servono progetti all’altezza. Chi è in grado di farli? Vedo una giunta regionale spostata sul resto del Piemonte e questo certo non aiuta. Ma attenzione, e lo dico anche ai miei compagni di partito: giusto segnare i falli dell’amministrazione comunale, ma noi dobbiamo parlare a quelli che li hanno votati”.

Elettori di sinistra che hanno votato Cinquestelle e poi si sono, presto, pentiti. Massimo D’Alema venticinque anni fa della Lega disse che era una costola della sinistra. Vale lo stesso adesso per i grillini?
“Sicuramente una buona parte del nostro elettorato si era rivolta a quel tipo di proposta. Non credo che disprezzare o esortare questi elettori al pentimento sia la strada giusta. Gli elettori possono aver compreso di aver affidato le loro speranze a chi ha fallito, ma le istanze sottostanti, la politica di prossimità, l’attenzione all’ambientalismo restano. Un conto è parlare di decrescita felice ovvero infelice, altro è essere attenti a una società cooperante. A questa parte di persone che ha questo tipo di sensibilità chi le dà una risposta? La sinistra. Altrimenti le risposte si cercano nell’odio”.

La crisi scatenata dal Coronavirus ha notevolmente aggravato una situazione già difficile per la città. Non temete che questo possa portare a cercare soluzioni a destra?
“Di fronte a una crisi sociale ed economica così forte alla quale Torino arriva con difficoltà anche per gli errori di questa amministrazione, la preoccupazione che dobbiamo avere è quella di evitare ci si rivolga a una destra sociale”.

Tutto questo, scusi la banalità, non succederebbe se non aveste subito la sconfitta quattro anni fa. Non senza colpe, ne conviene?
“Con l’ultima amministrazione di centrosinistra si era concluso un ciclo straordinario per la città durato oltre vent’anni. Se devo fare un’autocritica in senso collettivo, dico che non si è colto fino in fondo che la chiusura di quella fase imponeva l’avvio di una nuova”.

Intanto sono arrivati i Cinquestelle, non indenni da populismo pure loro anche se voi lo imputate alle destra.
“È vero. Le spinte populiste ancora ci sono nei Cinquestelle. Ma io dico: ce ne dobbiamo preoccupare o no? Se riusciamo a far virare il populismo verso il popolare sarebbe un successo o no? La politica è cercare di spostare le cose, non rimanere fermi sull’esistente o continuare solo a misurare le distanze”.

Alle ultime politiche il Pd ha fatto più che buoni risultati in città. Questo vi rassicura?
“Questo va visto non per dire: ce la possiamo fare da soli. Piuttosto è la ragione per dire che è del Pd l’onere della costruzione di un campo del centrosinistra largo”.

Primarie indispensabili per scegliere il candidato sindaco?
“Le primarie sono molto utili quando se ne presenta la necessità, però non sono un fine. Qualora si concordasse su una candidatura che rappresentasse tutti o comunque largamente, io credo sarebbe un fatto positivo e non da rifuggire come un pericolo per la democrazia. Primarie utili, ma non indispensabili. Soprattutto non possono e non devono essere una conta interna al Pd”.

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