POLITICA & GIUSTIZIA

Vendita (e riacquisto) di azioni Iren, Carabinieri al Comune di Torino

La procura della Corte dei Conti vuole vederci chiaro sulla quota del 2,5% della multiutility prima ceduta e poi ricomprata da Appendino. In due anni il saldo dell'operazione è stato negativo di 30 milioni per le casse pubbliche. I magistrati valutano il danno erariale

Un’operazione finanziaria sulle azioni Iren realizzata in due tempi dal saldo negativo per quasi 30 milioni su cui, a distanza di cinque anni, la Corte dei Conti accende un faro. Questa la ragione della “visita” ieri mattina di un nucleo di polizia giudiziaria dei carabinieri, tra i quali due tecnici informatici e un consulente bolognese, al terzo piano di Palazzo civico dove ha sede Fct Holding Spa, la finanziaria della Città di Torino. È probabile che attraverso la documentazione acquisita alla presenza del presidente Luca Cassiani, la procura contabile voglia fare luce sulla vendita da parte del Comune del 2,5% della multiutility, avvenuta a fine 2018, e al successivo acquisto, due anni dopo (aprile 2021), di un pacchetto azionario della medesima consistenza realizzato dalla Città Metropolitana.

A capo di entrambe le amministrazioni c’era la grillina Chiara Appendino che prima, incalzata dalla drammatica situazione di bilancio ereditata, incassa 60 milioni – il prezzo della vendita, curata da Unicredit, è 1,85 euro ad azione, a sconto del 4,4% sulla chiusura di Borsa – riuscendo a dare un po’ respiro alle esangui casse comunali, e poi alla guida dell’ex Provincia spende 82 milioni con l’obiettivo di ristabilire gli equilibri tra i soci pubblici di Iren. Non propriamente un affare. E non solo per il delta negativo. Va infatti considerato che nel frattempo, mentre Torino scendeva dal 16,3 al 13,8% Genova saliva, guarda caso, del 2,5%, pacchetto comprato con un blitz in Borsa il 18 dicembre, a soli 20 giorni dalla vendita delle azioni torinesi. Arrivando persino a “strapagarlo”: 2,16 euro ad azione, un premio del 7,16% sui prezzi di mercato con esborso di 70 milioni, 10 più di quanto incassato da Appendino. Non solo, in quel periodo Torino ha ovviamente subito un taglio nell’erogazione di dividendi: 2,7 milioni in meno a giugno 2019 e 3 milioni nel 2020.

Per recuperare Appendino mette mano al portafoglio e incarica Metro Holding Torino srl, veicolo della ex Provincia guidato all’epoca dalla commercialista Gabriella Nardelli, oggi assessora al Bilancio della giunta di Stefano Lo Russo, di acquistare un “altro” 2,5% di Iren da “investitori qualificati e istituzionali esteri”. Il valore del titolo è cresciuto: 2,53 euro ad azione, con un premio dell’8,1% rispetto alla chiusura di Borsa. Spesa totale: 82,22 milioni. Un salasso per le casse pubbliche. Ricapitolando: il Comune di Torino nel 2018 incassa 60 milioni e si priva di cedole per 5,7 milioni, nel 2021 la Provincia scuce 82 milioni. Saldo del trading -27,7 milioni. Cui vanno sommati un 1% stimato di commissioni pagate agli advisor, a Unicredit per vendere e a Intesa Sanpaolo per comprare. Totale: 29 milioni di denaro pubblico su cui ora la magistratura chiede conto.

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