Chiamparino, rinnovamento a metà

La composizione del nuovo governo regionale è rimasta intrappolata nelle faide interne al gruppo dirigente del Pd, ma anche dalla visione del neo presidente che ha privilegiato un suo personale "cerchio magico"

La Giunta regionale messa in  piedi da Chiamparino dopo estenuanti trattative con il suo partito a prima vista non sembra essere all’altezza delle aspettative che aveva suscitato. Essa, in un certo senso, è rimasta vittima delle faide interne al gruppo dirigente del Pd che ha dimostrato un’assoluta carenza di “regìa politica” e di visione strategica.
 
Ne hanno fatto le spese personalità che potevano vantare competenze e professionalità specifiche per vari assessorati alle quali sono stati preferiti amministratori di “lungo corso” in cerca di ricollocazioni e compensazioni varie in palese contraddizione  con quell’esigenza di ricambio della nomenclatura al potere da troppi anni che, pure,  è stato uno dei  fattori del successo elettorale di Renzi. Invece i renziani subalpini, o sedicenti tali, non sembrano avere assimilato adeguatamente il verbo del loro leader preferendo il piccolo cabotaggio.
 
Lo stesso Chiamparino, dal canto suo, ha rivelato un proprio limite che, speriamo, voglia correggere in corsa: quello di privilegiare lui stesso, a propria volta, un suo personale “cerchio magico” che, alla prova dei fatti, si è rivelato un po’ troppo asfittico tanto da costringerlo a  recuperare, in zona cesarini, vecchie notabili di ascendenza liberale che hanno attraversato i marosi di tutte le Repubbliche rimanendo perfettamente integrate in quell’eterno sistema di potere torinese che non conosce stagioni.
 
Sarà anche vero, come qualcuno ha sostenuto, che gli esponenti della società civile che votano a sinistra con il portafoglio a destra, difficilmente sono disposti ad accettare gli incarichi “poco remunerativi” della politica odierna, ma è altrettanto vero che la crisi delle vocazioni politiche si supera inaugurando un processo di formazione e selezione della classe dirigente che non può essere lasciato al caso.
 
Renzi lo ha capito benissimo. Farebbe bene a capirlo anche la maggioranza che governa il Pd torinese la quale, anziché indugiare in un deleterio “continuismo”, dovrebbe celermente avviare una riflessione al suo interno per trovare quella “soluzione politica” che le consenta di affrontare le nuove sfide con un gruppo dirigente che sappia interpretare e tradurre meglio in pratica quell’esigenza di rinnovamento e discontinuità che è giunta dagli elettori. 

print_icon