Una chance per la sinistra

Il referendum costituzionale è stato uno straordinario momento di democrazia, che ha visto una partecipazione molto alta ed ha dato un responso netto. L’elettorato si è dimostrato molto più maturo di quanto qualcuno credesse. Sono stati sconfitti coloro che pensavano che bastasse mettere lo specchietto delle allodole di una pur condivisibile riduzione del numero dei parlamentari per far digerire la ricentralizzazione dello Stato, la rinuncia al un Senato votato dal popolo, la svendita della legislazione nazionale alle tecnocrazie europee e transnazionali, così come comandato da JP Morgan, la subordinazione dell'Italia in tutto e per tutto all'interesse nazionale tedesco.

Il voto di domenica scorsa ha provocato la caduta di Renzi, che si è battuto come un leone per ciò in cui credeva, ma la vera sconfitta è la Merkel, impegnata in una sempre più ostica corsa alla riconferma alla Cancelleria, e assurta, di fatto, dopo la sconfitta di Hillary Clinton, a massimo rappresentante di quei poteri globalisti che sono i responsabili dell'impoverimento dei ceti medi e lavoratori europei ed anche degli immensi flussi migratori, in quanto figurano tra gli sponsor del terrorismo internazionale e delle guerre in Medio Oriente e nell’Est europeo.

Il risultato del referendum assume, dunque, il principale significato di “un calcio all'establishment”, come lo ha definito il Wall Steet Journal, in sintonia con il vento del cambiamento che spira in America, che solo l’ottusità del partito democratico ha impedito che fosse guidato da un progressista come Sanders. L’esito del voto non solo non blocca la via per una riforma delle regole della nostra democrazia che sia finalmente condivisa, ne crea bensì i presupposti. E tra i punti di questo nuovo percorso di riforme – lo dico sommessamente – c’è anche quello di garantire ai cittadini ed alla maggioranza dei comuni italiani che non fanno parte delle Città Metropolitane (che, ridicolmente, interessano ben 12 città, quando, per fare un esempio, le dimensioni di Milano, corrispondono a quelle di una piccola città per la Cina) il diritto ad un organismo di governo di area vasta (si chiamino province, si chiamino in altro modo, purché tornino ad essere elette dal popolo). La loro “rottamazione” con la sciagurata legge Delrio, si è dimostrata una angheria verso gli abitanti ed i comuni non metropolitani, di cui i cittadini stanno già pagando le conseguenze, ed a cui occorre porre rimedio.

Con la sua discutibile gestione delle riforme, culminata nella disfatta referendaria, Renzi ha completato l’opera di distruzione della rappresentanza della sinistra. Non pago di aver fatto adottare al Pd il programma di Berlusconi (anche con maggiore insensibilità sociale), ha condotto questo partito a quella che assomiglia ad una autoeliminazione dalla corsa a Palazzo Chigi alle prossime elezioni ormai alle porte, contesa che pare ormai orientata a svolgersi tra centrodestra e Movimento Cinque Stelle. Solo una iniziativa politica capace di coinvolgere quanti hanno sempre rifiutato nel Pd l’identificazione tra il loro partito ed il carisma di Renzi, e quanti sono impegnati a rilanciare le radici popolari e le grandi idealità delle culture progressiste sui problemi e nel contesto di questo XXI secolo (penso a Sinistra Italiana, a molte associazioni ed esperienze della società civile, del mondo delle professioni, della cooperazione, del sindacato, del volontariato) può dare una possibilità alla sinistra di esercitare un ruolo significativo e di raccogliere, alle prossime politiche, un consenso per un programma che si colloca con decisione sull’asse di quel cambiamento che chiede una classe media ormai allo stremo. E di concorrere, assieme ad altre forze, a sbarrare la strada all'ascesa di una destra lepenista che specula sulle emergenze, anziché dare risposte.

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