Venezuela, complici a sinistra

Il Venezuela è in fiamme. Non da ora, da anni. Sono state bruciate metaforicamente, e non solo, le speranze di democrazia e di stato di diritto sotto i colpi del regime di Chavez prima e adesso del suo (in)degno successore Maduro. Annientate le leggi costituzionali, annientata la libertà di espressione, annientato il Parlamento, annientati i cittadini in nome dei quali si annuncia il golpe finale.

Una guerra ai civili e non una guerra civile, come dice AiresVen da molto tempo, denunciando anche da qui, da Torino e dall’Italia, i massacri di popolo e di democrazia che stanno avvenendo.

I Radicali hanno provato a levare la loro voce quando Chavez veniva accolto e acclamato in Italia da pezzi importanti della sinistra italiana. Il nuovo, l’ennesimo, salvatore che si tramuta e disvela poi in un despota, un dittatore, un assassino di diritto e di uomini.

Ancora oggi l’Europa, l’Italia, il mondo e in particolare alcuni settori della sinistra non riescono a farsi una ragione di aver sbagliato, di nuovo. Il cocktail è sempre lo stesso: un misto di realpolitik da parte delle diplomazie internazionali che se la cavano con moderati comunicati di preoccupazione e di silenzi di settori della politica che hanno sostenuto il regime. Quei silenzi dobbiamo spezzarli e alzare le bandiere della libertà, al fianco dei democratici venezuelani.

Eppure, guardandoci alle spalle, un pezzo della sinistra italiana (ed europea) è stata complice silente o, peggio, connivente con personaggi inqualificabili della storia. Che differenza c’è tra una dittatura di destra e di sinistra? L’ho chiesto per anni a chi, obnubilato dall’ideologia, sosteneva i regimi comunisti o pseudotali. Mi sono sentito rispondere una volta: “Il sogno, è la differenza”. Quel sogno, matematicamente, si è rivelato essere un terribile incubo!

Mentre nel 1956 i carri armati dell'URSS reprimevano nel sangue la rivolta in Ungheria, la stampa di sinistra e la cosiddetta intellighenzia del PCI si mobilitarono per costruire ad arte disinformazione e calunnie contro gli intellettuali magiari e le poche voci dissenzienti a Botteghe Oscure. Palmiro Togliatti scrisse testualmente che: “lo scatenarsi di forze nemiche, consapevolmente dirette dai centri della provocazione imperialistica, aveva gli effetti più gravi in Ungheria”.

Durante la cosiddetta primavera di Praga nel 1968, di nuovo repressa con i carri armati, prese corpo una imbarazzante equidistanza del PCI (e non solo) rappresentata innanzitutto da Pietro Ingrao che, alla Camera dei Deputati, invece di condannare l’invasione e la repressione ammoniva Dubcek e i riformatori cecoslovacchi che la loro azione “non era esente da pericoli” e che “non è la via giusta per combattere quei pericoli”. Per inciso risale proprio al 1968 il primo digiuno gandhiano di Marco Pannella contro l’invasione sovietica e a sostegno delle riforme di Praga. Un digiuno che coinvolse migliaia di attivisti europei.

Per non sbagliare nel 1975, mentre Pol Pot faceva strage di milioni di suoi connazionali, arrivò il messaggio del Segretario comunista Enrico Berlinguer: “Mandiamo da questo congresso il saluto più fraterno e di operante solidarietà dei comunisti italiani agli eroici combattenti del Vietnam e della Cambogia”. La frase è trascritta nel volume pubblicato da Editori Riuniti nel quale viene riportata la relazione del segretario del PCI e gli atti del 14° congresso. Ad adiuvandum nell’aprile 1975 il Comitato centrale del partito approvò una mozione che definiva “eroica” la “resistenza del popolo vietnamita e cambogiano”.

Nel 1979 c’erano Emma Bonino e Adelaide Aglietta, a manifestare in modo nonviolento davanti all'ambasciata iraniana contro la presa del potere di Khomeini mentre settori della sinistra - ma anche da destra - esultavano per gli avvenimenti di Teheran e applaudivano alla rivoluzione islamica. Erano 38 anni fa; visto da oggi c’è da rabbrividire.

 Su Cuba, un luogo dal quale sono scappati a nuoto e con ogni mezzo possibile milioni di cittadini, inutile riportare le dichiarazioni favorevoli al regime, non basterebbe un intero libro. A scanso di equivoci qui non si difende certo chi c’era prima di Castro (Batista era un dittatore violento e l’appoggio degli USA fu inqualificabile), si difende la democrazia contro le dittature di ogni colore e risma.

Per arrivare vicino ai giorni nostri, nel 2012, Nichi Vendola rilascia queste dichiarazioni riportate dal Corriere della Sera: “Al netto di errori, anche grossi, come l’amicizia con l’Iran e qualche altra tentazione luciferina, al netto di tutto questo Chávez resta l’artefice, il protagonista d’una sperimentazione concreta di lotta contro la povertà”. Vendola è in buona compagnia dato che anche Fausto Bertinotti, Marco Rizzo e Paolo Ferrero si felicitano per la vittoria elettorale del despota venezuelano. Ferrero dichiara: “Le politiche pubbliche del governo Chávez hanno posto le risorse petrolifere al servizio del popolo venezuelano per garantire educazione e sanità gratuite, lavoro, giustizia sociale e dignità”.

Diamo allora una notizia: la sperimentazione concreta contro la povertà è fallita, caro Vendola, caro Ferrero, insieme al concomitante annullamento di qualsiasi processo democratico, al mancato rispetto dei diritti umani e civili, al diniego del diritto alla vita, alla libertà di espressione e alle cure, alla perdita totale della dignità. Tutta roba che - a mio modesto avviso - alla sinistra dovrebbero interessare parecchio.

Viva il Venezuela democratico!

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