Il Triplete del Pd renziano

Quando si perdono città simbolo come Genova e Pistoia, La Spezia, L’Aquila, oppure città, come Asti e Alessandria e, seppur su un piano diverso, un Comune come Sesto San Giovanni (dopo aver perso Roma, Torino, Venezia, Perugia), per la sinistra si è ben oltre il livello di guardia. L’astensionismo dilaga ovunque. Il fenomeno era emerso con prepotenza nel 2014 durante le regionali dell’Emilia Romagna e aveva penalizzato principalmente il Pd in una delle sue tradizionali roccaforti, ma è stato e continua ad essere sottovalutato.

Bisognerebbe avere il coraggio di compiere un bilancio veritiero e non di comodo di queste ultime tornate elettorali, senza edulcorare la realtà. Il 40% ottenuto alle europee dal Pd di Renzi rimane un ricordo. Nel 2016 il vento aveva già cominciato a cambiare e alle amministrative il vincitore è stato il M5s. Il fatto che a Roma e a Torino le due amministrazioni a guida 5 Stelle siano in difficoltà non si è tradotto in un voto al centrosinistra, ma in un successo del centrodestra a trazione leghista. Nei ballottaggi di ieri infatti vince il centrodestra dimostrando, che se ritrova la sua unità, torna competitivo sul piano elettorale. Il Pd fa la tripletta: amministrative-referendum costituzionale-amministrative e subisce tre sconfitte consecutive (a cui deve aggiungersi la bocciatura dell’Italicum).

Si continuerà a far finta di niente e a negarne la portata politica locale e nazionale e tutti si accoderanno all’ennesima lettura di comodo dei risultati elettorali? Non vedendo o fingendo di non vedere che, accanto a cause locali, il voto di ieri rappresenta una critica molto forte alla politica e alle scelte di governo e alla leadership che le ha ispirate? C'è da scommetterci: Renzi ci dirà che non è un test nazionale, che i candidati non li ha scelti lui e che si è trattato di un voto locale e cercherà l’ennesima rivincita.

Se in questi anni non ci si fosse abbandonati all’autoesaltazione e all’autocompiacimento, con il concorso di molti, e si fosse tenuto “l’orecchio a terra” si sarebbe capito che siamo di fronte ad un passaggio di fase e che una parte del nostro popolo ci stava voltando le spalle perché si è sentito tradito. Invece si è continuato a inseguire una rivincita (del referendum sulle amministrative) che non c’è mai stata, né ci sarà se non segnando una forte discontinuità. Inoltre adesso dovrebbe essere chiaro a tutti perché Renzi abbia voluto andare alle Primarie e al Congresso il prima possibile: per evitare che si discutesse della leadership del partito in presenza della terza sconfitta. È chiaro anche perché non abbia partecipato ai ballottaggi: per non essere accusato di essere una delle cause della sconfitta e per scaricare la responsabilità sugli altri. È Incredibile che in una situazione di evidente difficoltà per il suo partito, egli nel giorno degli scrutini non abbia trovato il tempo di andare al Nazareno o si dilettasse a twittare sugli eventi sportivi della giornata.

E pensare che molti hanno continuano a sostenerlo con l’argomento che è “un leader vincente”. Ricostruire senza perdere tempo un’alleanza di centrosinistra, larga e unitaria, aperta al civismo, con nuove idee, nuovi programmi e nuove leadership capaci indicare una vera prospettiva di cambiamento e di riportare alle urne milioni di elettori delusi dalle politiche realizzate in questi tre anni: questo è l’imperativo se non si vuole consegnare il Paese alla destra.

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