Tav non nella mia Val di Susa

Il 1 aprile 2003 una società romana interveniva pesantemente nella gestione degli acquedotti di molti comuni della Valle di Susa facendoli temporaneamente commissariare ed impossessandosene. Il tutto contro il volere delle amministrazioni locali. Quanto tale connubio tra pubblico e privato sia stato costituzionale questo nessuno lo ha mai saputo. Il costo dell’acqua quintuplicò e la qualità della stessa venne deteriorata dal pesante uso di agenti chimici di varia natura. Quello che rimane delle poche aziende elettriche municipali montane è costantemente soggetto a pressioni, a volte anche di dubbia legittimità, per spingerle alla vendita a qualche grande gruppo nazionale. Tutto questo patrocinato e sponsorizzato da quello stesso governo che diceva di propugnare le autonomie locali.

È inevitabile che in questi giorni e con il nuovo governo si tornerà a discutere di Tav. Parlando quindi di Valle di Susa e con le contraddittorie premesse appena esposte dovremo riascoltare l’ennesimo mantra sull’opera strategica per la Valle e per la nazione intera. Ora se il (o la) Tav porti benessere alla nazione io questo non lo so, anche se posso avere i miei dubbi, ma so sicuramente che per la mia valle non potrà che costituire l’ennesimo atto distruttivo perpetrato dallo stato. Chi sostiene che tale opera costituirà un vantaggio per la Val di Susa o è un burlone o è uno dei tanti che credono che la Valsusa sia “quella dove c’è il forte di Bard”. Pregherei quindi i fautori dell’opera, soprattutto coloro che in valle non ci sono mai stati, di rimodellare le loro opinioni sulla realtà, su quella realtà che noi viviamo quotidianamente ed essi leggono attraverso la carta opacizzata dei giornali spesso sovvenzionati dello stato o dalla stessa Telt.

Del resto ci sono notizie che si possono dire e notizie che non si possono dare. Una tra tutte: il previsto incremento delle malattie cardiovascolari e respiratorie tra anziani e bambini, pari al 10/15percento, nella piana di Susa. È uno studio effettuato dalla stessa Ltf (Lyon-Turin Ferroviaire, oggi Telt) che prevede un aumento della mortalità tra tali fasce di popolazione, un studio ben occultato. Fa parte delle notizie che non si possono dare. Del resto tra le notizie che invece si possono (e si devono) dire emergono quelle dei ragazzotti con il piercing, il passamontagna e il tascapane pieno di pietre che hanno reso possibile la sottile operazione di marketing che i media hanno fatto per criminalizzare chi è contrario alla linea, uno splendido esempio di applicazione della sineddoche. Uno a zero per lo Stato. Peccato, però, che la previsione del tasso di mortalità di cui sopra non provenga da quattro mocciosi esagitati, bensì da signori incravattati e fasciati da Armani. In fondo anche gli americani, quando vanno ad esportare la democrazia in giro per il mondo, mettono in conto un 5 per cento di perdite. Sono logiche eticamente sostenibili. Questa volta, però, abbiamo vinto noi, le vittime sacrificali si aggirano tra il 10 e il 15 percento. Ecco perché pregherei i signori che straparlano di vantaggi per la Valle di affittare una casa a Chiomonte anche solo per tre mesi.

A proposito di Chiomonte, il nuovo Klondyke padano: pare che la corsa all’oro si sia arrestata. Il miraggio delle compensazioni pare essere sfumato in un deserto di alloggi sfitti, negozi che chiudono, albergatori illusi che meditano di tornare al piano. Questi sono dati di fatto, non suggestioni ideologiche. E il Rinascimento prossimo venturo dov’è finito? Sono almeno dieci anni che ogni sei mesi Italia e Francia firmano una ratifica, un accordo, un patto, un’alleanza, una convenzione ed ogni volta i quotidiani ricorrono al solito copia e incolla: “Firmato l’accordo definitivo per il tunnel Torino-Lione”. Forse le compensazioni consistono nella limitazione degli orari di apertura degli uffici postali che, da qualche tempo, aprono solo a giorni alterni, la consegna della posta viene effettuata solo tre volte alla settimana. Forse è quella la “strategia per il territorio” che si vuole per i valsusini. Del resto non abbiamo nulla da temere per lo smaltimento dello smarino. Verrà estratto a Chiomonte, sarà caricato sui camion e trasportato nella piana di Salbertrand in massima sicurezza. All’uscita del tunnel geognostico verrà umidificato, bagnato e lavato con Perlana poi, in tutta sicurezza, entrerà in galleria (circa 400 passaggi giornalieri) e verrà scaricato a Salbertrand. Per i passaggi in galleria non c’è nessun problema, i fumi dei 400 camion defluiranno dai camini dell’autostrada. La circostanza che i camini siano a due passi dalle frazioni di Cels e di Deveys è irrilevante. Si mette in conto nelle perdite eticamente sostenibili. Dimenticavo, la piana di Salbertrand è la piana più alluvionale di tutta la Val di Susa, ed è proprio al di sotto di una frana storicamente in movimento, ma non abbiamo nulla da temere. La tecnologia avanzata (quella che vediamo dopo le 22 su D-Max o su Focus) ha già previsto che lo smarino sarà stoccato su palafitte, sapete, come quelle che facevano gli ominidi sul lago di Bolsena. Dunque tutto a posto.

La ferrovia storica, quella che non è in grado di smaltire l’immenso flusso di traffico previsto dai progettisti, è in forte pendenza, per supportare i nuovi convogli merci si devono utilizzare tre locomotori anziché due. Un vero disastro. Per ovviare a tutto ciò si è optato per il bucone di 57 chilometri il cui costo di gestione sarà di 500 milioni di euro all’anno. Se facciamo una colletta tra tutti glielo paghiamo noi un locomotore in più e magari quello che rimane di quei 500 milioni lo usiamo per mettere in sicurezza la valle. Del resto la conferma di quanto questo estremo west padano interessi al potere centrale si è evidenziata con la frana di Bussoleno, che è un’evidente conseguenza degli incendi dell’anno scorso quando qualche politico metropolitano si è fatto bello addirittura anticipando la fine dell’emergenza un giorno prima.

Esiste poi un altro elemento curioso e contraddittorio che, ad un osservazione più attenta, potrebbe insinuare alcuni dubbi sulla reale volontà di rilancio di questa nostra valle così straniera per l’Italia. I comuni dell’alta valle, quelli cosiddetti “olimpici”, si sono sempre dimostrati molto morbidi nelle loro posizioni; si sa, ricco chiama ricco, e la suggestione di qualche beneficio economico si è palesata anche a loro. Se dunque lo scambio naturale per il proseguimento del treno verso l’Alta Valle è a Bussoleno, ma che diavolo di senso ha fare una stazione internazionale a Susa? Questo ancora nessuno è stato in grado di spiegarcelo. Forse la logica non fa parte del bagaglio culturale dei progettisti, o forse è proprio uno di costoro ad aver pronunciato la frase “la Val di Susa è quella dove c’è il forte di Bard”. Forse metteranno delle navette che torneranno indietro fino a Bussoleno per poi far ripartire gli allegri sciatori fino alle piste olimpiche? Forse inventeranno una cabinovia che da Susa arriverà a Sauze d’Oulx? Anche questo è un bel mistero. Forse l’idea che il Tgv non fermerà più a Oulx dovrebbe far meditare, così come lo spettro di una rottamazione della linea storica.

Intanto, sempre a proposito della linea storica, da qualche giorno è partita la tratta Torino-Calais che fa parte dell’Afa (Autostrada Ferroviaria Alpina) che già funziona egregiamente e porta i Tir dall’altra parte delle Alpi senza nessun problema, ma con un locomotore in più. Dunque mi ripeto: io non so se la (o il) Tav sia veramente strategico per l’Italia, ma per favore non insultate i valligiani dicendo che porterà loro dei vantaggi. La Sindrome di Nimby, alla quale i tenaci assertori dell’opera fanno spesso appello, è un’insulsaggine clamorosa che può essere cucinata in tutte le salse. Del resto un’insulsaggine ne tira un’altra, e così l’Italia paga i 2/3 di un’opera che è in territorio nazionale solo per 12 chilometri, poco più di un quarto. Però i nostri soloni si gonfiano il petto, e vanno orgogliosi di questa scelta (scelta?): “L’abbiamo pagata quasi tutta noi!”, esclamano con grande vanto. Quando si dice far di necessità virtù.

Da anni la valle è diventata l’allegoria del formaggio Emmental, peccato solo che non si tratti della toma nostrana. I buchi si moltiplicano, ha cominciato la Smat con un acquedotto impropriamente chiamato “di valle” ma che in realtà porta l’acqua a Torino, ha continuato Terna con un bucodotto che porta elettricità dalla Francia all’Italia, a Pont Ventoux (Oulx) hanno scavato due condotte per portare l’acqua alla Centrale Elettrica di Chiomonte, una è franata ingloriosamente su una talpa e l’altra funziona solo a metà perché gli ingegneri hanno inciuccato le quote. Tra Susa e Salbertrand esistono otto o nove pit stop. Li chiamano semafori, solo che invece di durare come un cambio di gomme a una Ferrari durano quanto un cambio d’olio alla Panda. Che siano queste le compensazioni? Io dunque non so quanto la Torino-Lione sia veramente “strategica”, ma diffido chiunque dal sostenere che lo sia per la nostra valle. Intanto pare che solo ora il governo abbia ammesso di aver “sovrastimato” le previsioni di sviluppo su tale tratta, e se un governo arriva a fare una tale ammissione possiamo solo immaginare cosa nasconda la punta dell’iceberg. 

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