Senza la Tav Italia ai margini

La cultura di governo non si compera al supermercato e pertanto capita che l’Italia si ritrovi un vicepremier che non sa che ogni norma di legge deve trovare una copertura economica nel bilancio dello Stato (art. 81 della Costituzione) così come abbiamo un premier che sicuramente non ha studiato, pur essendo un docente universitario, la lezione di Cavour, il primo a capire  che senza attraversare le Alpi l’Italia sarebbe stata in condizione di periferia relativa. Non a caso prima della apertura del primo traforo ferroviario avevamo un pil che era 1/4 degli inglesi e 1/3 dei francesi. Eppure ogni libro sul più grande statista dell’800, come lo definirono gli inglesi, dedica un capitolo “Le Infrastrutture e Cavour”.

Francesco Saverio Nitti riconobbe a fine ’800 che l’Italia era stata unita economicamente dalla rete ferroviaria, disegnata personalmente dallo statista piemontese. Le grandi opere infrastrutturali segnano i periodi economici e sociali della storia dell’uomo, dalle strade consolari dei romani, al primo traforo ferroviario del Frejus, al canale di Suez che spostò la linea degli scambi commerciali tra l’Inghilterra e l’Estremo Oriente. Secondo il prof. emerito Francesco Forte, il primo a succedere nella cattedra che fu di Luigi Einaudi, le grandi scoperte nascono dalle guerre e dalle grandi opere.

Senza la costruzione della rete autostradale e senza la costruzione dei tunnel autostradali (Brennero, Bianco, S. Bernardo e Frejus) non ci sarebbe stato il boom economico e sociale che rilanciò l’Italia sconfitta e poverissima dopo la seconda guerra mondiale, e ci portò ad essere negli anni ’80 la quinta economia mondiale. Con i trafori autostradali alpini l’Italia è dentro alla rete autostradale europea. Senza la Tav la rete ferroviaria europea del futuro sarà monca e l’Italia sarà il Paese più penalizzato.

La mancanza di visione dei 5 Stelle è ancora più grave perché il Corridoio Mediterraneo di cui la Tav rappresenta lo snodo fondamentale ha la grande opportunità di essere uno dei terminali della Via della seta ferroviaria. I primi a essere stupiti di questa cecità sono proprio i cinesi che invece sul collegamento tra la Via della Seta e la rete ferroviaria di trasporto europea contano per poter aumentare gli scambi con il più grande mercato di consumi del mondo che e l’Europa a 28/27.

Il colmo è che Di Maio esulta per le decine di milioni di euro risparmiate per i vitalizi e non si dispera che senza la Tav nel prossimo secolo perderemmo circa 200 miliardi di pil e decine di migliaia di nuovi posti di lavoro. La realizzazione delle tratte italiane della rete ferroviaria europea e gli investimenti nei porti e negli aeroporti potranno consentire al nostro Paese di crescere strutturalmente di almeno un punto di pil in più grazie all’aumento del turismo e della logistica, due settori che crescono con il miglioramento delle connessioni infrastrutturali, e il nostro Paese non subirebbe più il ricatto dello Spread.

*Mino Giachino, già sottosegretario di Stato ai Trasporti e presidente di Saimare spa

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