EMERGENZA SANITARIA

Terapie intensive vicine al limite, mancano i 160 posti letto "Scr"

Sono rimaste quasi tutte sulla carta le nuove postazioni di rianimazione annunciate lo scorso novembre dopo la gara della società di committenza regionale. Ospedali al completo, malati dirottati altrove. E alle Molinette dimissioni accelerate

Dei 549 letti di terapia intensiva attivati nella rete ospedaliera piemontese ieri sera se ne contavano occupati 510 e di questi 315 riguardano pazienti colpiti in maniera grave dal Covid. Numeri che raccontano come il Piemonte abbia praticamente raddoppiato la percentuale del 30% fissata come soglia critica, superando di molto la media nazionale del 36%. Se si raffrontano i posti Covid con i letti attivati si arriva al 57,9%, mentre se il raffronto lo si fa con i posti effettivamente occupati si sale addirittura al 62,3%. 

Poco cambia, la situazione resta estremamente critica e pesante visto che ad oggi sono soltanto 39 i posti ancora liberi rispetto alle dotazioni in funzione e che quotidianamente, negli ultimi giorni, i ricoveri in rianimazione continuano a crescere. Ieri erano 16 in più rispetto a martedì quando l’incremento rispetto al giorno precedente era stata ancora più alta con 23 casi. “Il livello di occupazione dei posti è praticamente identico a quello che avevamo registrato a novembre”, spiega il professor Sergio Livigni, responsabile della rete ospedaliera dell’Unità di Crisi. Ma proprio alla fine di novembre, in piena seconda ondata e nella vana attesa delle attrezzature per le rianimazioni promesse dall’allora commissario Domenico Arcuri, la Regione decise di provvedere da sé. 

Scr, la società di committenza regione, venne affidato l’incarico di bandire una gara d’urgenza per 160 postazioni di terapia intensiva: 21 milioni di euro per 20 moduli da 8 posti letto ciascuno da distribuire nei vari ospedali. “Non saranno di emergenza, ma strutturali” si disse allora, quando la soglia massima venne raggiunta con 404 letti Covid occupati nelle rianimazioni, mentre nella prima ondata si era arrivati a 453. Ma le cose oggi non sembrano rispecchiare appieno quell’annuncio. Non tutte, anzi a quanto risulta piuttosto poche, le aziende sanitarie e ospedaliere hanno messo in funzione strutturalmente, come annunciato, quei nuovi posti di terapia intensiva. Tant’è che la cifra di 549 posti attivati è ben lontana dai 774 che alla fine dello scorso anno erano stati previsti in essere – sommando i 327 strutturali ai 287 di emergenze ai 160 acquistati da Scr – proprio per la eventuale terza ondata. Quella in cui si è adesso.

“Qualche ospedale li ha attivati, altri no”, spiega Livigni riferendosi a quei 160 posti complessivi annunciati a dicembre. Perché, anche in questo ennesimo frangente, le Asl e le Aso vanno in ordine sparso? Ci sono casi, come pare esser quello del Martini, che presenterebbero problemi strutturali ancora da risolvere, altri in cui le terapie intensive aggiuntive sono state messe in funzione e altri ancora che chissà perché ritardano. Se i posti attivati sono 549 è evidente che non tutte le 160 postazioni comprate non sono state messe in servizio. Eppure la situazione “non è certo quella in cui si può evidenziare un auspicabile calo dei contagi e dei ricoveri”, come spiega ancora il responsabile della rete ospedaliera pur auspicando a breve il picco e il conseguente inizio del calo. 

Per adesso il quadro è ancora estremamente critico, per quanto riguarda i ricoveri non solo in terapia intensiva e gli accessi ai Pronto Soccorso. Dal Dirmei, il dipartimento che governa l’emergenza, nelle scorse ore era partita l’indicazione di dirottare, già al momento della chiamata al 118, i pazienti verso ospedali meno congestionati, come le Molinette, per alleggerire il carico di strutture sotto stress come nel caso del Mauriziano e del Maria Vittoria. Ma proprio dalla Città della Salute arriva una disposizione della direzione sanitaria da cui si evince la gravità della situazione.

“Si dispone la dimissione del pazienti dimissibili – scrive con un bizzarro gioco di parole il direttore sanitario Antonio Scaramozzino – al fine di consentire il trasferimento dei pazienti non dimissibili dei reparti di Medicina Interna e Oncologia Medica, per la conseguente riconversione in reparti Covid”.

Aumentano, dunque, i reparti riconvertiti per ospitare pazienti colpiti dal Covid, così come proseguono i trasferimenti dagli ospedali di Torino in quelli della provincie (per ora) meno colpite. Ma anche lì non sono poche le strutture dove le terapie intensive sono rimaste quelle di novembre, quando si annunciò l’incremento dei letti di rianimazione per la terza ondata.

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