EMERGENZA SANITARIA

Nelle Rsa domenica i primi vaccini, ma mancano ancora le regole

Irrisolta la questione del consenso per gli anziani non in grado di decidere. Domande senza risposta dei famigliari. Le associazioni dei gestori propongono alla Regione un protocollo che prevede il parere del medico curante

La decisione degli anziani ospiti delle Rsa se vaccinarsi o meno contro il Covid da questione statistica s’avvia a diventare un problema pratico. Se non è stato possibile rispondere alla richiesta avanzata lo scorso 12 dicembre dal commissario nazionale Domenico Arcuri, rilanciata gerarchicamente dal Dirmei il giorno dopo, di conoscere quanti ricoverati nelle case di riposo hanno intenzione di sottoporsi alla vaccinazione adesso si profilano probabili ostacoli per l’avvio della somministrazione del prodotto della Pfizer alla popolazione ospitata nelle Rsa del Piemonte

E questo, se non si troverà rapidamente una soluzione, non dipenderà soltanto dal fallito censimento disposto dalla struttura commissariale nazionale, cui si fa riferimento esplicito nella circolare inviata dal responsabile dell’organizzazione per la campagna vaccinale in Piemonte Antonio Rinaudo ai direttori generali delle Asl. Già, perché se l’impossibilità attestata da tutte le associazioni dei gestori e proprietari delle strutture di poter raccogliere le intenzioni degli anziani circa il vaccino può creare un problema organizzativo, più complessa si presenta la situazione al momento di somministrarlo.

Come abbiamo scritto qualche giorno fa, le dodici associazioni di rappresentanza avevano alzato bandiera bianca lasciando altrettanto il questionario di Arcuri di fronte al fatto che “quasi il 90% dei nostri ospiti è affetto da forme non moderate di demenza e che solo il 10% di essi è appoggiato da un amministratore di sostegno o un tutore curatore legale – e pertanto - risulta impossibile ottenere un consenso scritto”. Questa impossabilità che permane, ora rischia concretamente di rallentare il piano della prima fase che, oltre al personale sanitario e i dipendenti delle Rsa stesse, contempla proprio la popolazione più fragile di fronte al virus, ovvero gli ospiti delle strutture assistenziali. 

Cosa succederà quando medici e infermieri entreranno nelle case di riposo per effettuare le vaccinazioni? “Purtroppo non lo sappiamo ancora e non siamo nelle condizioni di capirlo”, ammette Michele Assandri, presidente di Anaste Piemonte, una delle dodici sigle che lo scorso 15 dicembre hanno scritto a Rinaudo, manifestando le difficoltà e, al contempo, intavolando una collaborazione per cercare di superare le difficoltà. “Il nodo irrisolto riguarda sempre la modalità con cui raccogliere l’intenzione dell’anziano se vaccinarsi o meno e là strade per una decisione alternativa in quei casi, moltissimi, in cui il nostro ospite non è nelle condizioni per fare una scelta consapevole”.

Se il problema non si pone per le persone supportate da un tutore o o curatore legale cui spetta la decisione, c’è una enorme quantità, stimata appunto in circa il 90% degli oltre 23mila anziani che vivono nelle Rsa, di ricoverati per cui ancora non si sa come di deciderà. “I famigliari in questi giorni ci chiedono informazioni e consigli – spiega Assandri, che dirige una delle oltre 700 strutture sul territorio regionale – ma come possiamo rispondere se fino ad oggi non abbiamo neppure la scenda anamnestica del vaccino che si incomincerà a somministrare tra pochissimi giorni?”. 

Ma anche quando il bugiardino della Pfizer sarà disponibile a cosa servirà se a leggerlo non sarà un medico? E qui entrano in gioco proprio i medici di medicina generale che, sempre secondo il presidente regionale di Anaste, “dovranno essere loro, in base alle condizioni dell’anziano, alle eventuali allergie o patologie, stabilire se possono o meno ricevere il vaccino e fornire questa informazione ai famigliari”. E questo è già un passaggio che richiede tempo, calcolando che gli ospiti delle Rsa sono in carico ai loro medici di famiglia, già oberati dall’emergenza e dalle incombenze burocratiche legate ai tamponi e alle quarantene oltre che dalla normale attività accentuata enormemente dall’inizio della pandemia.

Ma non è finita qui. Non può essere il medico a decidere per il paziente, se fare o no il vaccino, salvo escluderlo in caso lo ritenga a rischio. “E non possiamo certo essere noi, responsabili delle strutture”, spiega Assandri che, insieme agli altri rappresentanti dei gestori ha suggerito al Dirmei una possibile soluzione da valutare sotto il profilo giuridico. 

Mentre il presidente della commissione Sanità del Consiglio regionale, il leghista Alessandro Stecco, annuncia che “è allo studio una formula che varrà per tutte le regioni come consenso e modalità ad hoc per i soggetti anziani residenti in strutture che non siano in grado di esprimerlo”, di cui peraltro nulla si sa e nulla è stato comunicato dalla struttura commissariale (che, anzi ha formulato la richiesta citata senza alcun cenno al problema), sono proprio le associazioni dei gestori a sottoporre all’ex magistrato Rinaudo una bozza di modello su cui, a loro dire, si potrebbe lavorare. Facendo riferimento alla legge 219 del 2017 e alla figura del parente delegato, contemplata nelle normativa regionale sulle Rsa, sarebbe proprio quest’ultimo a decidere per conto dell’anziano, non senza il parere obbligatorio del medico curante. “Per noi questa, in assenza di altre proposte, è l’unica strada percorribile – spiega Assandri – ma la valutazione giuridica e l’eventuale adozione spetta alla Regione, in particolare al commissario Rinaudo al quale abbiamo assicurato la nostra collaborazione”.

Tra cinque giorni, il 27, sarà il vaccine day, con le prima dosi somministrate nei principali ospedali e in una Rsa per ciascuna provincia. Chissà se per quel giorno si sarà risolto il problema o se si trascinerà fino a quando la campagna vaccinale nelle case di riposo dovrà incominciare in maniera diffusa? Nei piani è stato previsto un paio di settimane per vaccinare tutti gli ospiti delle strutture, ma non è improbabile che gli adempimenti burocratici necessari per superare il problema del consenso da parte di gran parte degli anziani possano portare ad un allungamento dei tempi.

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