25 Aprile sia festa di tutti

Il 25 Aprile è una Festa civile che appartiene all’identità storica del nostro Paese. Identità politica, culturale e valoriale. È inutile girarci attorno od esercitarsi in mille distinguo. Perché la Festa della Liberazione è una di quelle date fondanti la democrazia del nostro paese. Come e forse più del 2 giugno e del primo maggio. Perché dal 25 Aprile sgorga quel documento che ha rappresentato – e che rappresenta – l’unico faro che continua ad illuminare i nostri comportamenti e il nostro modo di essere nella società: cioè la Costituzione repubblicana.

Ora, preso atto di questa riflessione oggettiva ed inequivocabile, è altrettanto vero, purtroppo, che proprio il 25 aprile ogni anno è foriero di polemiche, di violente divisioni e di spaccature quasi frontali all’interno della politica italiana. Il copione è quasi sempre lo stesso: si inizia qualche giorno prima l’importante ricorrenza civile – c’è sempre un “caso” che puntualmente lo scatena – e poi si procede ad innescare una polemica che ha sempre un duplice effetto. Da un lato la rivendicazione di una parte politica di intestarsi in modo esclusivo la Festa del 25 Aprile – ed è sempre la sinistra nelle sue diverse e molteplici espressioni – e dall’altra, e specularmente, la volontà di additare in tutti coloro che non appartengono a quel campo la non titolarità politica a rivendicare il 25 Aprile come patrimonio culturale e storico di tutti gli italiani. Oltre a coloro che, in ristretti settori della destra, continuano curiosamente e singolarmente a non ritenere la Festa della Liberazione come la data decisiva e qualificante per il ritorno della democrazia nel nostro Paese.

Ho voluto fare queste semplici osservazioni per arrivare ad una banale conclusione. Ovvero, o il 25 Aprile diventa – realmente – la Festa di tutti gli italiani senza che nessuno pensi di potersela intestare in via esclusiva oppure, e del tutto comprensibilmente, continuerà ad essere una data inspiegabilmente divisiva e carica di polemica. Politica, culturale e valoriale.

Tanto per fare due soli esempi concreti, è curioso che nella consueta vulgata manchi sempre all’appello il ruolo decisivo esercitato anche dal mondo cattolico italiano nella battaglia della Resistenza. Ruolo che è stato interpretato in prima linea da molti uomini e donne che poi sono stati leader politici e statisti della Democrazia Cristiana. Per fermarsi al solo Piemonte, ricordo la figura e l’esperienza vissuta in quegli anni da Carlo Donat-Cattin, lo storico leader della sinistra sociale democristiana o di Silvio Geuna, dove il suo ruolo di partigiano è stato decisivo negli anni della Resistenza. Per non parlare di Benigno Zaccagnini, poi segretario nazionale Dc, dello storico Ministro dell’Agricoltura dell’Industria e dell’agricoltura Giovanni Marcora e di Tina Anselmi, prima donna Ministro della storia repubblicana. Insomma, mi richiamo alla storica e qualificata partecipazione cattolica alla battaglia della Resistenza. Ma per la vulgata corrente o per il cosiddetto “politicamente corretto” questa è una pagina che non campeggia nella pubblicistica giornalistica o televisiva. Per non parlare di Alcide De Gasperi, lo statista trentino che guidò il nostro paese dopo il ritorno della libertà e della democrazia. Perché fu proprio con De Gasperi che nacque la Festa della Liberazione il 25 Aprile. Particolare che i cantori della sinistra italiana e dei salotti radical chic puntualmente dimenticano.

Insomma, e senza dilungarmi in questi richiami storici, forse è anche arrivato il momento di far sì che il 25 Aprile non sia più una Festa nazionale appannaggio di una sola parte politica ma diventi realmente, e concretamente, una data in cui tutti gli italiani si possano riconoscere. Senza ridicoli esclusivismi e, soprattutto, senza che nessuno pensi di avere la titolarità politica, culturale, morale ed etica per parlarne a nome di tutti gli altri.

print_icon