Economia sociale e baratro ideologico

Perchè sempre più spesso le priorità politiche non coincidono con i reali interessi e bisogni dei cittadini. Paradigmatici, in questo senso, le tre questioni di attualità: Tav, referendum e intervento militare in Siria

In queste ultime settimane a tener banco sui giornali e nelle discussioni da bar è stata la questione sull’agibilità politica di Berlusconi e sulla conseguente stabilità del governo Letta. Ma giusto per spezzare la monotonia di questa farsa, ogni tanto tra l’indifferenza generale del periodo estivo ha fatto capolino qualche altra notizia. Riflettendo su alcune di esse, seppur eterogenee, si può trovare un inaspettato denominatore comune. Gli argomenti in oggetto sono la Tav, i 12 referendum promossi dai Radicali, l’intervento militare in Siria.

Sull’ormai annoso dibattito pro e contro la Tav ogni tanto si torna a parlare, o per via di nuovi tafferugli in Val di Susa, o perché illustri studiosi competenti in materia di trasporti e di impatti ambientali si confrontano accademicamente sulle ragioni del si o del no; senza mai arrivare a una posizione condivisa! Anche i referendum sono diventati un tormentone ricorrente, una forma spesso invocata di democrazia diretta che da quando è in uso ha prodotto ben pochi risultati apprezzabili grazie alla capacità con cui la casta politica ha saputo prontamente sostituire le leggi abrogate a furor di popolo con nuove disposizioni, se possibile ancora peggiori delle precedenti. Infine la Siria, ennesimo focolaio di instabilità internazionale, latente minaccia di ritorno del terrorismo islamico che risolleva il vecchio problema delle missioni militari multinazionali con i soliti distinguo tra interventisti e pacifisti.

Quale può essere dunque il denominatore comune che accomuna tra loro queste tre situazioni così diverse ma anche così attuali ? Semplicemente il fatto che in questo momento l’Italia non può permettersi nessuna delle tre cose. La Tav è un’opera concepita in un periodo di espansione commerciale che oggi non esiste più; perché quindi impegnare dei soldi per realizzare una cosa che non servirà? Non sarebbe meglio destinare anche solo una parte di questi soldi alla riqualificazione turistico-ambientale della Val di Susa abbandonata al degrado dopo le Olimpiadi 2006? Se i Parlamentari svolgessero degnamente il ruolo di rappresentanza di chi li ha eletti nobilitando il potere legislativo che gli è stato conferito, che bisogno ci sarebbe di indire dei referendum? Sappiamo bene quanto costa alle tasche degli Italiani ogni tornata elettorale o consultiva che sia, quindi perché non utilizzare questi fondi per evitare la chiusura di qualche ospedale che è sicuramente più utile alla popolazione? Se finalmente si decidesse di interrompere ogni tipo di intervento militare all’estero quanti soldi si risparmierebbero con i quali si potrebbe sostenere l’abolizione dell’Imu o evitare l’aumento dell’Iva o comunque, in termini più generali, intraprendere un serio percorso di riduzione della pressione fiscale?

Evidentemente gli interessi degli eletti non coincidono con quelli degli elettori; infatti i primi hanno passato tutta l’estate a ripetere che la crisi ormai è finita e che la ripresa è dietro l’angolo (a condizione però che loro restino dove sono, altrimenti si ripiomba nel caos) mentre i secondi continuano a trascorrere i loro giorni chi con la preoccupazione di perdere il lavoro, chi con la sconfortante prospettiva di non riuscire mai trovarne uno, chi con la difficoltà di arrivare a fine mese con uno stipendio inadeguato o con una pensione minima, chi costantemente alle prese con i tanti problemi della vita quotidiana, stringendo i denti e tirando avanti faticosamente in attesa di tempi migliori.

In una situazione di questo tipo non è più che legittimo pensare che la questione sociale debba prevalere sulla questione ideologica? Non è legittimo pretendere che i soldi pubblici vengano usati prioritariamente per garantire la sopravvivenza e la dignità del popolo in difficoltà piuttosto che per cose di cui si può fare tranquillamente a meno? Ma forse queste sono riflessioni troppo sovversive!

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