ECONOMIA DOMESTICA

Capitani (d'industria) coraggiosi

Il presidente di Confindustria Piemonte Ravanelli sferza i colleghi imprenditori: "Abbiamo l'obbligo di mettere da parte un eccesso di prudenza che ci ha caratterizzato in questi lunghi anni di crisi". E percorrere strade nuove, anche finanziarie

Cari imprenditori piemontesi, ci vuole più coraggio. Il richiamo non arriva da uno dei tanti fronti critici verso il mondo dell’impresa, bensì da chi impresa la fa e addirittura rappresenta gli industriali della regione. Fabio Ravanelli, presidente di Confindustria Piemonte commentando l’indagine di Bankitalia che descrive una regione economicamente ferma al palo con preoccupanti dati relativi all’export e agli investimenti osserva come "Il quadro illustrato da Banca d'Italia conferma la fase di stagnazione imboccata dall'economia piemontese dopo un percorso di ripresa che da noi si è manifestata in modo più debole e parziale rispetto ad altre zone del Paese".

Il numero uno degli industriali, tuttavia, non si ferma a quella che potrebbe essere una amara presa d’atto di una situazione non certo sconosciuta anche prima del report della sezione regionale di Palazzo Koch. Ravanelli fa una schietta autocritica, un’assunzione di responsabilità per una parte del mondo dell’industria piemontese e, al contempo, lo sollecita a una maggiore intraprendenza, soprattutto sul fronte degli strumenti alternativi o complementari al credito bancario le cui maglie sono sempre più strette.

“Noi imprenditori in questo momento abbiamo l'obbligo di mettere da parte un eccesso di prudenza che ci ha caratterizzato in questi lunghi anni di crisi e valutare come un arricchimento la presenza di nuovi partner, in particolare se finanziari, che ci portano anche a un nuovo modello di governance”. Per Ravanelli “si tratta di un forte cambiamento in termini culturali e finanziari, soprattutto nelle Pmi, ma un processo irreversibile". A questa visione innovativa, per il numero uno degli industriali, si deve fare spazio anche in considerazione del fatto che pur “a fronte di indicatori economico-finanziari più robusti rispetto al passato per le imprese rimaste attive” riuscendo ad affrontare e in parte superare la crisi, “l'accesso al credito si è fatto più selettivo”.

Piegarsi del tutto al credit crunch, o esplorare vie alternative? Ravanelli non ha dubbi: “per poter possano acquisire nuovo slancio e combattere il rischio della sottocapitalizzazione occorre percorrere anche strade diverse”. E c’è già chi lo sta facendo: “Numerose imprese, in particolare quelle caratterizzate da un alto potenziale di crescita, stanno verificando l'opportunità di utilizzare strumenti di finanza alternativi al canale bancario che rimane ancora oggi il principale canale di finanziamento dei progetti imprenditoriali”. È pur vero, come osserva Ravanelli che “i nuovi strumenti forse appaiono meno competitivi, se analizzati solo dal punto di visto del prezzo”, ma sempre a detta del presidente degli industriali del Piemonte si rendono “necessari soprattutto se finalizzati a operazioni straordinarie”.

Insomma, allargare l’orizzonte oltre le banche, senza peraltro fare a meno del più classico degli strumenti per finanziare le imprese, è un passaggio necessario se non indispensabile per invertire un andamento che ha portato il tessuto economico regionale a quella stagnazione, certificata da Bankitalia, con tutte le conseguenze che ne derivano, a partire dall’occupazione. Ancor prima, però, serve “mettere da parte quell’eccesso di prudenza”, come esorta a fare il presidente degli industriali. E, guardando a nuovi partner, soprattutto finanziari e come più spesso accade stranieri, avere il coraggio di osare di più.

print_icon