Pnrr, la rinascita dell'industria torinese

Il più grande economista di tutti i tempi, Adam Smith, ammirato da Cavour, affermò quasi due secoli e mezzo fa che la vera origine del progresso economico era la specializzazione. Specializzazione dei lavoratori, specializzazione dei territori.

Torino è stato un esempio illustre della verità dell’idea di Smith. Dalla metà dell’Ottocento, Torino si è specializzata nell’industria. È diventata la più importante città industriale italiana, ed una delle più importanti d’Europa e del mondo. La Fiat, ma non solo la Fiat. Cento, mille industrie che producevano prodotti comprati da tutti i Paesi, e non solo in Italia. Industrie profondamente innovative, in grado di reggere la concorrenza internazionale nella meccanica, nell’elettronica, nella chimica.

Il modello industriale di Torino si è espanso a tutto il Piemonte, attraverso l’esempio, la creazione di capitale umano che poi è andato a fondare industrie dove non ce ne erano mai state, come nella provincia di Cuneo o di Vercelli, a Ivrea come a Novara. Oggi, molto spesso, queste zone presentano una rete industriale persino più prospera di quella di Torino.

Cosa è successo in questi ultimi vent’anni, per cui Torino ha perso la sua preminenza? Questa è la domanda fondamentale che si deve porre, e a cui deve dare una risposta, chi vuole governare la nostra città.

C’è chi accusa la globalizzazione, che avrebbe reso impossibile fare ancora industria in un Paese come l’Italia, ad alto costo della manodopera. C’è chi accusa il mercato unico europeo, frutto dell’integrazione europea. Sono spiegazioni false, e persino stupide. La globalizzazione non ha impedito alla Germania di essere sempre più leader nel settore della meccanica, ed ancor più specificamente nel settore dell’automobile. Con costi del lavoro molto più alti rispetto a quelli dell’Italia. Per quale ragione Torino sarebbe stata “naturalmente” destinata a declinare, mentre Stoccarda o Wolfburg hanno continuato e continuano a prosperare? Quanto al mercato unico europeo, esso ci ha dato opportunità, non vincoli. Se non abbiamo saputo coglierle, il problema sta a Torino, non a Bruxelles.

E ancora, per quale ragione Torino sarebbe stata “naturalmente” destinata a declinare nel settore dell’Automotive, quando vediamo che questo settore è esploso, e produce un altissimo valore aggiunto, nella cosiddetta “Motor Valley” dell’Emilia, e persino in una Regione come il Veneto, che non aveva mai avuto una industria meccanica rilevante?

Ci sono state le vicende societarie della FIAT, sommate a quelle familiari degli Agnelli. Ma questo non basta affatto a spiegare perché le vecchie industrie non siano state sostituite da nuove industrie, come è normale nel ciclo del capitalismo e dell’impresa. Ovviamente nuove industrie sono nate, ma non in numero sufficiente. Quando vediamo che Torino ha un tasso di disoccupazione giovanile da città del Mezzogiorno, è chiaro che la crisi è strutturale.

Luigi Einaudi affermava che non esistono crisi economiche: esistono sempre e solo crisi morali, che diventano crisi economiche. La realtà è che Torino, dalla metà degli anni Ottanta, è entrata in una crisi morale. Non ha creduto più a se stessa. La classe dirigente è stata la prima a farlo. Vent’anni di discorsi stupidi sul fatto che l’industria era finita, e che Torino avrebbe dovuto rinnegare la sua storia industriale, hanno avuto il loro effetto.

Non tutto è perduto. E nulla, ma proprio nulla, è perduto. Torino ha ancora un capitale umano formidabile. Può tornare ad essere la capitale dell’industria che era. Può tornare ad essere più importante di Stoccarda, come una volta era. Il problema non è economico: è morale. Va spazzata via l’ideologia pseudomoderna e declinista. che prevale da trent’anni. Serve una nuova ventata di orgoglio torinese, ed insieme una nuova ventata di saggezza economica.

Oggi Torino ha una opportunità straordinaria ed unica: il Pnrr. Il piano, grazie ai fondi messi a disposizione dall’Unione Europea, può e deve essere il volano per la rinascita dell'industria torinese. In particolare proprio quella dell’Automotive green, e di molti settori collegati a questo cambiamento epocale.

Tutte le forze politiche, tutte le forze sociali di Torino, devono convergere sull’obiettivo di fare il meglio per approfittare di questa straordinaria opportunità che ci dà l’Unione Europea. Ci si può dividere su molte cose, ma non su quella di assicurare la rinascita della nostra città. Che oggi è possibile. Dipende da noi, non da altri. Se falliamo, le generazioni presenti e future non ce lo perdoneranno.

*Gianna Gancia, eurodeputata Lega-Gruppo ID

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