Candidati, liste e competenza

Dunque, c’è un elemento che campeggia nel dibattito politico da anni, cioè da quando ha fatto irruzione nel sistema politico italiano il populismo di matrice grillina. Ed è il tema della cosiddetta “competenza” della classe dirigente politica ed amministrativa nel nostro Paese. Competenza non intesa come specializzazione scientifica ed accademica ma come capacità politica di affrontare e possibilmente risolvere i problemi che di volta in volta si affacciano all’attenzione di chi guida un ente pubblico. Una categoria, quella della competenza, figlia di quel populismo che, oltre ad introdurre un carico di qualunquismo e di violenza verbale inauditi e spaventosi nella storia politica italiana, ha inserito il principio dell’“uno vale uno” come la regola fondamentale e discriminante per la selezione della classe dirigente a livello politico ed amministrativo. Una deriva che, in breve tempo, ha contagiato larghi settori della società italiana se pensiamo che appena 3 anni fa quel partito ha ottenuto il voto di 1 italiano su 3.

Ora, i danni di quella deriva populista, qualunquista e demagogica sono sotto gli occhi di tutti. Non vale neanche la pena di approfondire le ricadute pesantissime per la credibilità della politica da un lato e per la stessa autorevolezza delle istituzioni democratiche dall’altro. Non a caso quella stagione ha prodotto, e meno male che è finita così, una sorta di commissariamento della politica italiana con l’arrivo di Mario Draghi a Premier accompagnata da una sostanziale irrilevanza dei partiti nelle concrete scelte decisionali del Governo nazionale. Come l’esperienza concreta ha confermato largamente in questi ultimi mesi. E, visto che tra neanche un mese si va a votare per le principali città italiane, diventa quantomai importante verificare se questa tanto auspicata “competenza” e preparazione politica hanno ritrovato almeno un briciolo di cittadinanza. A cominciare anche e soprattutto dalla città di Torino.

Bene, su questo versante possiamo dire tranquillamente che, almeno nei candidati a sindaco – in particolare degli schieramenti principali - la competenza e la preparazione politica ed amministrativa dei vari candidati non è affatto irrilevante. Anzi, al contrario, si tratta di uomini e donne che hanno tranquillamente superato e forse anche archiviato i dogmi del grillismo militante che esaltava, appunto, i disvalori della improvvisazione, della casualità, della inesperienza e della incompetenza per chi si candidava a guidare la cosa pubblica in odio a tutto ciò che li aveva preceduti. Una pagina, per fortuna – almeno così pare, per il momento – che si è fortemente attenuata se non addirittura scomparsa. È sempre meglio usare, al riguardo, il condizionale anche perché i dirigenti e i militanti di quel partito a livello nazionale a livello locale sono sempre gli stessi…

Certo, poi ci sono le molteplici e numerosissime liste dei vari schieramenti. Ma, su questo versante, è anche comprensibile nonché del tutto giustificato che i candidati siano tantissimi e con esperienze – diciamo così per educazione – più variegate ed immaginabili che ci siano. Ma, al di là delle liste – che vanno pur sempre compilate ed è sempre una operazione molto complessa nonché difficile e defatigante – non possiamo non evidenziare che questa volta, almeno per quanto riguarda la città di Torino, abbiamo alcuni candidati alla guida del Comune che contribuiscono a rafforzare il ruolo della politica e a ridarle quella nobiltà e quella autorevolezza necessarie anche per qualificare la stessa competizione elettorale. Cosa che non accade in tutte le altre grandi città italiane che andranno al voto il prossimo 3 ottobre come hanno ampiamente evidenziato anche le cronache politiche nazionali e locali inerenti quelle comunità. Ecco perché le premesse, almeno per Torino, sono incoraggianti e degne di nota. Speruma bin…

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