BANCHI DI NEBBIA

Scuole chiuse, contagi raddoppiati.
Ecco perché non ha senso chiudere

La verità incontrovertibile è nei dati. Nel generale piagnisteo pansindacale dei presidi, che chiedono di riportare gli allievi in dad, c'è chi tiene duro. Patriarca (Istituto Tommaseo): "Non possiamo tenere tutto aperto e lasciare a casa gli studenti"

“È stato giusto riaprire le scuole”. Al suono della campanella, Lorenza Patriarca, preside dell’Istituto comprensivo Niccolò Tommaseo, sa che sarà una lunga giornata, ma non ha dubbi sulla necessità di consentire agli studenti di proseguire le lezioni in presenza: “Non possiamo tenere tutto aperto e chiudere solo le scuole. I ragazzi non capirebbero” dice allo Spiffero. La prima grana che ha dovuto affrontare è stata la sostituzione degli insegnanti, 35 docenti assenti su 185 a causa del Covid; qualcuno è positivo, altri sono stati in contatto con persone contagiate e così un docente su cinque è costretto a casa “ma ora siamo partiti”.

In una circolare inviata ai genitori e al personale docente e ata alla vigilia della ripresa delle lezioni, Patriarca – che è anche consigliera del Pd in Sala Rossa – ha ricordato che “per proteggere davvero i bambini e i ragazzi più piccoli dal contagio, occorre diffondere la cultura della vaccinazione”. Tanto è bastato per scatenare la reazione dei genitori no vax, i quali – ammette – “mi hanno già scritto infuriati”. 

Ma al di là dei punti di vista non può sfuggire come, allo stato attuale, la chiusura delle scuole non è l'antidoto in grado di arrestare il virus. In fondo i contagi sono esplosi tra il 24 dicembre e il 9 gennaio quando le scuole erano chiuse. Il giorno della Vigilia di Natale i nuovi contagi in Piemonte erano stati 4.609, meno della metà di quelli di ieri, 10.240. Colpa delle scuole? Basterebbero questi dati a dimostrare che l'pertura o la chiusura dei nostri istituti è una variabile non così determinante, soprattutto in un contesto in cui la vita procede normalmente.    

E infatti Patriarca spiega l’importanza dei comportamenti da tenere fuori dalla scuola: “È evidente che dobbiamo tutti alzare il nostro livello di controllo e irrigidire le misure di protezione a scuola come a casa, limitando i contatti al di fuori della cerchia familiare ed evitando di frequentare luoghi affollati, almeno fino alla fine di gennaio”. Poi prosegue: “Personalmente confido che il ministero e i politici locali mantengano ferma la decisione di non sospendere le lezioni in presenza anche considerata la rimodulazione delle quarantene e il ricorso massivo ai tamponi antigenici di controllo”.

Una presa di posizione forte proprio mentre decine di suoi colleghi (“che non biasimo”) chiedono di chiudere per almeno due settimane e tornare alla didattica a distanza. Tra questi c’è Rossella Landi, presidente dell’Associazione presidi Piemonte e dirigente del Iss Majorana di Moncalieri (Torino): “Ci siamo organizzati per far fronte alle mille difficoltà, un lavoro intenso ma ce la stiamo facendo” dice ai microfoni di Radio Veronica One. Poi prosegue: “Stiamo sostituendo il personale assente, e gestendo le comunicazioni di positività da parte degli studenti” che sono più o meno il 10 per cento negli istituti torinesi e piemontesi, dove oltre al Covid si contano anche assenze per influenza, perché quella continua a esserci. Nonostante una situazione che, seppur complessa appare tuttavia sotto controllo, Landi è d’accordo con molti colleghi per cui “sarebbe stato meglio rinviare l’apertura”. Poi però aggiunge: “Di sicuro tra due settimane la situazione dei contagi non sarà migliore di quella che c’è oggi, ma ci avrebbe permesso di effettuare uno screening tra gli studenti per rientrare in maggiore sicurezza”. Tempi di reazione lunghi di fronte a un virus che corre. La preside del Majorana osserva poi come a spiazzare scuole e alunni sia stato il fatto che “il nuovo protocollo di gestione dei positivi è così a ridosso del ritorno da creare perplessità e difficoltà anche nelle famiglie che sono disorientate. Per una nuova procedura c’è bisogno di tempo perché tutti possano averne contezza. Le scuole sono sicure e i protocolli stringenti, ma è evidente che i ragazzi vivono anche al di fuori dell’ambiente scolastico. L’aumento dei contagi in queste settimane di vacanza dice che non è la scuola a crearli, ma può fare da detonatore”.

Insomma, la scuola è sicura ma è meglio chiuderla mentre restano aperti bar, ristoranti, fabbriche, negozi, impianti sportivi. Secondo Patriarca, invece, “gli studenti, e in generale i più giovani, hanno già pagato un prezzo molto alto durante le precedenti ondate e i danni sui ragazzi e sui bambini sono evidentissimi: nel loro carattere oltreché nell’apprendimento”. Quindi “la preoccupazione c’è ma questo è il momento di tenere duro”.

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