INFRASTRUTTURE

Autostrade, Salvini in contromano.
Meloni per un campione nazionale

Premier e ministro divisi anche sul futuro della rete. Il titolare del Mit vorrebbe trasformare i concessionari in semplici gestori, citando l'infelice esempio della tassazione sugli extraprofitti bancari. A Palazzo Chigi si lavora per costruire il secondo player europeo

Uno svolta da una parte, l’altra imbocca la corsia opposta. Anche sulle autostrade Matteo Salvini e Giorgia Meloni viaggiano su strade diverse. Il ministro delle Infrastrutture ha un’idea ben chiara: far incassare i pedaggi direttamente allo Stato che, a quel punto, si assumerebbe l’onere degli investimenti, riducendo i concessionari a meri gestori, pagati per erogare servizi di viabilità e manutenzione. Esplicita la sua idea, Salvini, a Genova dove ieri e andato a benedire l’avvio del lavori per il tunnel subportuale. E lo fa evocando un provvedimento che certo non ha avuto l’esito annunciato, come quello sulla tassazione degli extraprofitti delle banche.

“Le concessionarie autostradali legittimamente hanno utili miliardari”, premette per poi annunciare che “ridiscuteremo al tavolo i loro utili miliardari e come reinvestirli a vantaggio dei cittadini, un po' come gli utili miliardari delle banche per le quali qualcuno a sinistra si era stracciato le vesti”. Per Salvini, “se una parte degli utili miliardari dei concessionari autostradali fossero reinvestiti in attività utili ai cittadini, penso che non sarebbe uno scandalo. Stiamo lavorando sul tema del rinnovo delle concessioni autostradali e su una limitazione dell'aumento dei pedaggi”. Un lavoro che il ministro prevede si concluderà entro il 2024. Ma non sono tanto i tempi, quanto i modi a dividere la visione del ministro da quello della premier, sulla stessa spinosa e strategica questione.

Forse anche in virtù dell’esito della tassazione sugli extraprofitti bancari evocata da Salvini, Giorgia Meloni da tempo sta lavorando sul tema autostrade con tutt’altro approccio. Lo dimostra la richiesta partita da Palazzo Chigi e diretta a Cassa Depositi e Prestiti per avere numeri, prospetti e scenari di una maxifusione tra Autostrade per l’Italia – attualmente controllata proprio da Cdp insieme ai foni Blackstone e Macquarie – e l’Asmt che fa capo al gruppo Gavio.

Una visione diversa, assai più di sistema quella della Meloni che ha ben chiaro come un settore come quello delle autostrade con enormi competitor europei, in primis gli spagnoli di Albertis, ma che anche al di fuori del continente non può esimersi dal fare massa critica. Autostrade per l’Italia, strapagata dallo Stato ai Benetton dopo la tragedia del ponte Morandi, era ed è rimasta una gallina dalle uova d’oro, anche se la rete necessità di investimenti e manutenzioni assai più ingenti rispetto a quelli fatti e programmati. È un fatto, però, che ai fondi interessino assai di più i cospicui dividendi e anche questo spiega l’alacre attività di figure come l’ex ministro Vittorio Grilli, oggi ai vertici dii JP Morgan per rivedere gli assetti e, come si vocifera, far sloggiare Macquarie e aprire le porte al secondo operatore italiano, ovvero il gruppo Gavio.

Non poco interessato e allettato allo schema meloniano è il camionista di Tortona, quel Fabrizio Palenzona che avrebbe suggerito al sottosegretario Giovanbattista Fazzolari, con cui vanterebbe un ottimo rapporto, di leggere con attenzione il dossier che, sempre secondo Palenzona, se tramutato in azioni concrete produrrebbe vantaggi per il Governo, per Cdp  e pure per i fondi di investimento. Creare un soggetto di dimensioni mai viste, un super campione nazionale in grado di affrontare quella transizione industriale che ha nelle infrastrutture per la mobilità la sua colonna portante, possibile solo con il matrimonio tra Aspi e Asmt, dando vita al numero due al mondo dopo Mundys e prima dei francesi di Vinci

Un progetto che rappresenterebbe la traduzione in pratica della visione meloniana del futuro sistema autostradale italiano. L’esatto opposto di quello del ministro Salvini teso a ridurre i concessionari a poco più che manutentori, con quel riferimento assai poco promettente della tassazione sugli extraprofitti delle banche. E pertanto visto dagli operatori e dal mondo della finanza, ma a quanto pare anche da Palazzo Chigi, pressappoco come uno svincolo senza uscita. Per non dire una sosta all’autogrill confidando di non incappare poi nell’etilometro.

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