LA NUOVA REGIONE

Cirio "troppo accomodante", la Lega chiede discontinuità

L'intervento e la condotta del governatore all'insediamento del Consiglio hanno irritato l'azionista principale della coalizione. "Baci e abbracci a Chiamparino, ma i piemontesi ci hanno votato per cambiare". Prova d'appello il discorso programmatico

Tra far scorrere il sangue e spargere melassa c’è qualcosa d’altro e di diverso. C’è quello che la Lega chiede, sottovoce ma non troppo, ad Alberto Cirio. “Ci hanno a volte accusato di non aver fatto scorrere il sangue” ha detto il governatore, nel suo primo discorso di fronte all’appena insediato Consiglio regionale, difendendo quel bon ton tra avversari e quel suo approccio assai morbido, soprattutto nei confronti del suo predecessore. Quel Sergio Chiamparino che arrivando in aula ha abbracciato calorosamente, facendo scendere gocce gelate lungo la schiena dei leghisti non certo rinfrancati dal vederlo salutare con non minore trasporto pure i Cinquestelle. “E noi, quasi come se non ci fossimo”, detto a denti stretti e mascella serrata quando la dimenticanza è stata ribadita nel discorso di saluto, dove la parola Lega non spunta neppure di sguincio.

Sarebbe umana, ma veniale gelosia e nulla più se quella melassa, con cui i leghisti vedono il governatore condire il giudizio sul passato lasciando temere possa guarnire i rapporti con l’opposizione nel futuro, non risultasse indigesta ai Salvini boys nascondendo, almeno ai loro occhi, rischi da evitare, prevenendoli. Perfino quel ribadire che “daremo continuità alle cose che di buono sono state fatte, cercando di essere innovativi per cambiare quelle che non vanno" – proposito da annoverare in una sorta di buon senso, più banale che rivoluzionario – ha fatto rizzare peli e antenne tra i leghisti più attenti a presidiare fin dall’inizio, da dentro e da fuori Palazzo Lascaris, la legislatura più anomala mai vista per quel divario di peso elettorale (tradotto in seggi e posti in giunta) tra il governatore e la forza politica più potente a suo sostegno.

Un Cirio che si rivelasse troppo morbido, oltre che nel suo esordio – quasi prosieguo della campagna elettorale e del clima che l’ha connotata – anche nella vera e propria azione di governo è cosa che non garba al partito del Capitano. Per questo, sarà importante ascoltare le sue parole martedì prossimo quando in aula terrà il discorso programmatico. Facile immaginare come le orecchie più tese saranno proprio quelle dell’azionista di maggioranza che questo ruolo intende, logicamente, rivestire senza alcuna concessione. E il messaggio partito in queste ore all’indirizzo dell’inquilino di piazza Castello è inequivocabile: “Discontinuità”.

Se ce ne fosse stato bisogno, lo si è ulteriormente compreso da quell’intervento con cui il presidente del Consiglio regionale, Stefano Allasia ha annunciato la costituzione di una commissione ad hoc per l’autonomia, ponendo il marchio della Lega su una materia che il governatore ha deciso di tenere per sé, ma che resta un totem irrinunciabile per il partito che ha (ri)portato al Nord di Luca Zaia e Attilio Fontana l’ultima regione rimasta al di fuori di un disegno in cui i maggiori poteri sono parte fondante.

Dalla commissione a una delega a un consigliere del Carroccio salviniano il passo potrebbe essere più breve di quanto si possa immaginare. Il piano sarebbe già scritto, con tanto di nome del titolare – il novarese Riccardo Lanzo – ma i tempi potrebbero dipendere soprattutto dall’approccio a questo tema da parte di Cirio e dal metro con cui i leghisti misureranno lo spazio d’azione in una partita ideologicamente fondamentale per loro.

Marcare il cambiamento con nettezza e visibilità: il maggior partito dell’alleanza, che il suo peso lo ha fatto sentire anche nella spartizione dei posti nell’ufficio di presidenza del parlamentino di via Alfieri a spese dei Fratelli d’Italia lasciati a becco asciutto, lo chiede senza infingimenti al presidente. Dagli ambienti leghisti si fa notare come i famosi cento giorni non saranno un modo di dire, affidando invece ai primi tre mesi di governo la missione di segnare una cesura netta rispetto al quinquennio trascorso, in tutte le materie e su tutti i temi.

Dell’autonomia si è già detto, mentre sulla voce più pesante del bilancio e (come ben sanno dalle parti del Pd) nel giudizio degli elettori, ovvero la Sanità, la decisione di congelare gli atti delle aziende sanitarie assunta dall’assessore Luigi Icardi, appare come un anticipo di una serie di cambiamenti che non potranno non interessare la riforma della rete ospedaliera varata da Antonio Saitta e predisposta dall’allora direttore Fulvio Moirano, che certo non venne accolta a suon di applausi ed è poi stata una delle ragioni della sconfitta, soprattutto nelle province.

Altro terreno su cui cambiare gioco rispetto al recente passato, sarà quello dell’economia: dai piani per la logistica (dove Novara con la sua folta pattuglia di eletti è pronta a far sentire tutto il suo peso) ai trasporti, con lo snodo importante delle partecipate e delle società strumentali, a iniziare da Finpiemonte, attraverso cui segnare ulteriormente il cambio di rotta. Che Cirio, per evitare di offrire all’azionista di maggioranza un’immagine troppo morbida di sé, dovrà tracciare e seguire da subito, a partire dalla sua esposizione del programma, martedì prossimo.

E se la Lega fin dalla prima seduta del Consiglio ha marcato, con Allasia, il suo territorio avvisando esplicitamente il governatore azzurro, non sarà da meno nel caso ritenga di dover correggere o segnale ulteriormente la direzione nel caso le parole di Cirio non soddisfino appieno le aspettative della forza ampiamente maggioritaria della coalizione. E poi perché anche un lapsus, molto freudiano, del segretario regionale del partito dice quel che da quelle parti tutti pensano: “Gli elettori hanno scelto in maniera inequivocabile la Lega – ha detto Riccardo Molinari annunciando la presenza di Salvini domenica sera a Fubine – affidandoci la guida della Regione”.

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