Sì, viaggiare

Viaggiare è un grande aiuto per chiunque desideri ampliare i propri orizzonti. Spostarsi tra contee straniere consente di incontrare persone, altre culture e abitudini; permette di osservare in maniera approfondita dinamiche sociali diverse, rispetto a quelle a cui si è avvezzi, nonché di ammirare panorami affascinanti.

Molti scrittori evidenziano i miracoli compiuti dall’esplorazione di Paesi oltre confine, tra cui il più importante: la sconfitta della patologia che, più di altre, sta infestando l’Europa, ossia il razzismo. La cura, tuttavia, è efficace solamente se accompagnata da un atteggiamento, da parte del visitatore, che non sia quello tipico del turista in cerca di svago. Una terapia adeguata necessita la prescrizione di qualche dose di coraggio, oppure a un pizzico di senso di avventura, da inserire nel tour programmato.

Il turista deve trasformarsi in globe-trotter per farsi catapultare nella vita quotidiana delle comunità che attraversa durante il suo cammino; deve andare nei mercati e nelle periferie, senza temere mai lo sguardo di coloro che incrocia sulla strada, e, infine, deve essere pronto a comunicare con tutte le persone che incontra per conoscere usi e costumi del luogo che lo ospita. In sintesi, occorre uscire dalla “zona sicura” in cui si è collocati dalle agenzie di viaggio, o dai siti web, ed evitare in particolar modo le mega strutture alberghiere che soddisfano qualsiasi desiderio espresso dal cliente (inducendolo a non mettere mai piede nel territorio “ostile”). Chiudersi in hotel è come continuare a rimanere in casa: sigillati nella propria abitazione, senza neppure aver l’occasione di conoscere il dirimpettaio di pianerottolo.   

In effetti, a volte, guardare oltre le pareti dell’alloggio è sconsigliabile, perché fonte di grandi delusioni e incredibili paure: sensazioni che i più vorrebbero evitare, anche a costo di mettere la testa sotto la sabbia. Un torinese, ad esempio, visitando altre città riscontrerebbe facilmente come solamente nella sua non ci siano mai risorse destinate alla cura dei beni comuni, incluse le strade e le aree verdi. Questi, uscendo dalla sua zona sicura, noterebbe come altrove le periferie siano curate e non vengano candidate a trasformarsi in terra di nessuno (abbandonate prima dalle Istituzioni, e poi dai cittadini). Al contrario, recandosi in altri Paesi dove tutto è iniziato con un po' di trascuratezza nei riguardi dell’erba alta, mediterebbe sul futuro riservato al suo territorio: mutazione in un ghetto in piena regola, molto simile a quelli già esistenti nelle nazioni che si affacciano sull’Oceano Atlantico. 

Un connazionale del torinese, invece, cadrebbe nel pericolo di toccare con mano una Sanità pubblica efficiente, oltre che gratuita, in Paesi che lui stesso considera appartenenti al Terzo mondo. Inoltre, andando all’estero, potrebbe imbattersi in uno degli innumerevoli cortei affollati di cittadini che contestano il cosiddetto “Pensiero unico”, il potere che genera guerre e povertà su tutto il pianeta. Confuso, nonché disorientato dalla realtà, constaterebbe la scarsa autorevolezza di quei mass media nazionali che gli hanno fatto credere di vivere nel migliore dei sistemi politici e sociali: migliore e privo di alternative credibili. In altri casi vedrebbe invece chilometri di spiagge libere, aperte a chiunque voglia accedere al mare, prive di imprenditori balneari cha permettono l’ingresso ai loro stabilimenti solo in cambio di sostanziosi esborsi monetari.

Viaggiamo, allora, con buon senso e senza cercare pacchetti turistici di lusso. Varchiamo i nostri confini nazionali lasciando a casa fucile ed elmetto (brutto modo per recarsi all’estero), per dare sfogo alla nostra curiosità, al desiderio di conoscere quanto accade intorno a noi. Quando torneremo a casa avremo la certezza che un altro mondo è possibile, e che il “nostro” non è certamente il migliore di quelli in cui potremmo vivere.

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