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Il Covid "abbatte" i giovani

Piemontesi abbastanza soddisfatti della loro vita, ma nell'ultimo anno sono le fasce d'età più basse a manifestare maggiore disagio. Conseguenza dell'epidemia e delle restrizioni che hanno colpito in particolare gli studenti. La ricerca dell'Ires

Tutto sommato i piemontesi sono soddisfatti della propria vita. Non certo entusiasti, almeno non tutti, ma una solida maggioranza considera la propria condizione più che accettabile. Con alcune differenze, naturalmente: i giovani sono molto meno soddisfatti degli anziani, i cuneesi molto più che gli alessandrini. La domanda posta dai ricercatori dell’Ires per sondare il clima d’opinione nella regione è semplice: “Quanto si ritiene soddisfatto della sua vita?”: nella risposta una scala di valori da 1 a 10. Va subito detto che l’80 per cento dei piemontesi ha assegnato un voto pari o superiore al 6: nonostante si tratti della prima indagine avvenuta in piena pandemia, dunque, i piemontesi non si sono buttati giù, tutt’altro. Il 41 per cento ha assegnato un voto pari o superiore a 8, percentuali confortanti che, tuttavia, sono in leggera riduzione rispetto all’anno precedente, questo probabilmente è dovuto al clima di pressione psicologica generata dal perdurare della pandemia e da tutto ciò che questo comporta.

La dimostrazione di quanto questo contesto stia penalizzando in particolare i giovani è dato dalla scomposizione dei dati per età. Nella fascia d’età tra i 18 e i 24 anni solo il 31% degli intervistati assegna un voto tra 8 e 10; percentuale che sale progressivamente con l’aumento dell’età fino a raggiungere il 48% degli ultrasessantenni. Ci sono le incertezze sul futuro, le difficoltà – certamente incrementate dal Covid – di trovare un lavoro stabile ma soprattutto ci sono le restrizioni dovute all’epidemia, l’impossibilità di una vita sociale attiva, la didattica a distanza. Lo dimostra il fatto che la percentuale di coloro che si dichiarano molto soddisfatti crolla proprio nelle fasce d’età più giovani. Quella tra i 18 e i 24 anni, per esempio, è passata dal 47% di un anno fa al 31% di ora.

Divergenze molto evidenti compaiono anche tra le diverse categorie professionali. La totalità di dirigenti e tecnici si dichiara soddisfatto, gli insegnanti sono il 90,4%, mentre i liberi professionistil’86,7%. In queste categorie, inoltre, circa la metà dei rispondenti ha assegnato un punteggio pari a 8 o superiore.Situazione opposta per gli artigiani (categoria che ha mostrato anche elevati livelli di preoccupazione per la perdita del lavoro e per la tassazione) e i disoccupati, in questo caso per comprensibili ragioni legate alla mancanza di lavoro.

In un confronto di genere, la percentuale di persone insoddisfatte (che hanno assegnato un voto pari o inferiore a 4) è più elevata tra le donne (12,7%) rispetto agli uomini (9%) e i ricercatori segnalano a questo proposito che “le donne hanno anche manifestato una maggiore paura di perdere il lavoro rispetto agli uomini”.

Interessante infine la distribuzione geografica della “soddisfazione”. Mediamente i più “felici” sono i cuneesi tra i quali il 49,2 per cento ha assegnato un voto tra 8 e 10, mentre i meno soddisfatti sono gli alessandrini (35,5%), seguiti da torinesi (39,1%) e astigiani (39,6%). 

Qui lo studio completo

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