GRANA PADANA

Vco e Vercelli, la Lega ribolle

In riva ai laghi Montani si candida alla guida del partito e lancia il guanto di sfida all'eurodeputato Panza (che non lo vuole). Preioni fa il pesce in barile e non convoca il congresso. Stallo anche nella terra delle risaie, dove vige la fatwa contro gli amici di Tiramani

Mentre in quasi tutte le province del Piemonte i congressi della Lega sono stati gestiti serenamente, con candidati unici per evitare divisioni e polemiche, secondo una prassi tipica di un partito leninista qual è quello di Matteo Salvini, nel Vco siamo a un passo dalla bagarre. Una provincia piccola per estensione e numero di abitanti ma che rappresenta una storica enclave del Carroccio. Certo, non sempre voti e consensi si sono portati dietro una classe dirigente illuminata, come dimostrano le tante sconfitte subite alle amministrative (a partire dal capoluogo Verbania, in mano al Pd), ma resta comunque una roccaforte da proteggere.

Da qualche giorno, pare sia scoppiata la disfida tra l’ex senatore Enrico Montani e l’eurodeputato Alessandro Panza, entrambi a quanto pare intenzionati a candidarsi per la segreteria provinciale. Il primo, forte dell’asse con il commissario e capogruppo in Regione Alberto Preioni, può certamente contare sulla maggioranza del partito, l’altro però si è messo di traverso esercitando una sorta di potere di veto. “Pronto a farmi da parte per individuare una soluzione unitaria – avrebbe detto Panza – purché il nome non sia quello di Montani”. Una posizione che ha portato a una sorta di stallo alla messicana in cui Preioni ha congelato l’iter congressuale. Alla conta il favorito sarebbe Montani, ma nessuno vuole indispettire Panza che tra gli eletti resta il più alto in grado su tutto il quadrante del Nord, assieme al sindaco di Novara Alessandro Canelli.

Questa mattina Montani ha deciso di prendere il toro per le corna è ha annunciato la sua intenzione di candidarsi con un messaggio nella chat dei militanti. “Quando verrà convocato il prossimo congresso provinciale intendo candidarmi alla carica di segretario – sono le parole di Montani –. Voglio questo ruolo per dare una mano al nostro movimento che si deve rilanciare dopo anni difficili. Non intendo avere altri ruoli in Lega (ho già fatto tutto). Voglio una squadra compatta con un solo obbiettivo, il meglio per il Verbano Cusio Ossola!”. Ora qualcuno dovrà fermarlo, se ne ha la forza e i voti. Non è un mistero che Molinari vorrebbe una soluzione unitaria così come sono ormai certificate le divisioni nella comunità verbanese e ossolana, peraltro falcidiata dalle defezioni di militanti e amministratori.  

In tutto il Piemonte finora i congressi sono scivolati via lisci, senza dispute o strascichi polemici, sotto l’attenta egida di Riccardo Molinari, numero uno del partito regionale, che nel lessico leghista è “nazionale”. A Torino Alessandro Benvenuto ha lasciato lo scettro alla collega di Montecitorio Elena Maccanti, così come Roberto Simonetti, a Biella, è subentrato al consigliere regionale Michele Mosca, mentre Massimo Giordano si è presa la sua Novara. Ad Alessandria la scelta è caduta sul sindaco di Fubine Lino Pettazzi, mentre a Cuneo è stato confermato Giorgio Bergesio, a riprova della tenuta dell’asse tra il capogruppo della Camera e il ministro Roberto Calderoli.

Il Vco non è tuttavia l’unica provincia rimasta senza segretario. Anche a Vercelli – dove, neanche a dirlo, Montani è commissario – s’è alzato un polverone dopo che i militanti si sono opposti alla soluzione indicata dal partito. In quello che un tempo era il feudo di Gianluca Buonanno e poi del suo delfino, Paolo Tiramani, il blocco dei novaresi, guidato da Giordano, ha proposto, d’accordo con Molinari, il vicesindaco di Gattinara Daniele Baglione. Ad oggi, però, se si svolgesse un congresso vincerebbe il primo cittadino di Tronzano Michele Pairotto, sul quale tuttavia c’è il veto dei maggiorenti dal momento che era tra i firmatari di una lettera inviata a Salvini a sostegno dell’ex segretario Tiramani, defenestrato perché sospettato di intelligenza col nemico, cioè con Fratelli d’Italia. Si racconta anche di una riunione ristretta in cui Montani, nelle vesti di commissario, avrebbe parlato di una vera e propria fatwa di Molinari nei confronti di tutti coloro che avevano sottoscritto quella lettera.

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