URNE VIRTUALI

Meloni tira, i suoi (la) frenano.
Fratelli d'Italia teme la "risacca"

L'onda tiene. Secondo un sondaggio gli italiani hanno fiducia nella premier ma considerano inadeguato il gruppo dirigente che le sta attorno. Un campanello d'allarme per il centrodestra piemontese in vista delle regionali. Mentre continuano le faide interne

Più della metà degli italiani considera Giorgia Meloni una leader valida, mentre due su tre pensano che il suo partito, Fratelli d’Italia, non abbia una classe dirigente adeguata. In due dati, contenuti nel sondaggio realizzato da Swg tra il 26 e il 31 luglio su un campione di 1200 persone, sono riassunti i punti di forza e di debolezza della prima forza del paese. La fondatrice e leader indiscussa è considerata donna autorevole e forte secondo il 55 percento degli intervistati, riuscendo a estendere oltre i confini del centrodestra il suo personale gradimento, mentre il partito fatica a essere percepito come una affidabile forza di governo. Solo il 34 percento degli italiani pensa che FdI abbia una classe dirigente valida dopo un anno di gaffe e inchieste giudiziarie che hanno scatenato la bufera attorno a una serie di colonnelli di Meloni: dall’affaire Cospito, che ha visto coinvolti Giovanni Donzelli e Andrea Delmastro Delle Vedove, alle vicende familiari del presidente del Senato Ignazio La Russa fino alle indagini sulle attività imprenditoriali del ministro Daniela Santanchè.

Un sondaggio che rappresenta un campanello d’allarme in vista delle prossime elezioni regionali, quando non sarà la premier a trascinare il suo partito. Insomma, l’onda a livello nazionale per il momento sembra tenere ma c’è chi intravede un possibile effetto “risacca” sui territori. Quanto vale Fratelli d’Italia senza Meloni? La domanda mette sul chi va là i dirigenti piemontesi in attesa di sapere se sarà Alberto Cirio il candidato del centrodestra. La stessa rilevazione di Swg accredita FdI di un più che lusinghiero 29,4% a livello nazionale, oltre tre punti in più rispetto alle politiche dell’anno scorso, ma è un dato che può essere ribaltato anche a livello regionale? Certo, il voto identitario è duro a perdere ma è sempre più marginale. E attenzione, perché tra coloro che hanno iniziato a votare FdI alle scorse politiche solo il 28% si dice certo di rivotare il partito alle europee, figurarsi alle regionali dove il voto d’opinione si mescola con le dinamiche locali. È un consenso ancora fragile, una fiducia a tempo: il 24% degli italiani pensa che questo governo avrà vita breve, il 20% ritiene possa arrivare massimo fino alle europee del prossimo anno, solo il 34% considera probabile l’approdo a fine legislatura o anche oltre (il 22% risponde “Non saprei”).

E chissà che non sia anche per questo che si registra una certa agitazione nel centrodestra, tra corse ai distinguo, orticelli irrigati quotidianamente in attesa della gran mietitura di preferenze attesa alle elezioni di giugno, crisi più volte sfiorate e solo in extremis ricondotte nell’alveo della normale dialettica politica. A Torino la faida mai composta tra Agostino Ghiglia (o meglio, i suoi seguaci di un tempo) e Maurizio Marrone rischia di riacutizzarsi proprio in questi mesi con la candidatura a Palazzo Lascaris dell’ex assessore Roberto Ravello, marito della senatrice Paola Ambrogio, gli ultimi due fedelissimi rimasti al “Rapace” prima di approdare nel suo buen retiro dell’Authority per la Privacy. Si registrano marachelle continue sui tesseramenti e minacce sulle candidature.

Nei giorni scorsi una delegazione piemontese si è recata da Donzelli – l’uomo indicato da Meloni per dirimere le questioni territoriali – a sottoporre una serie di nominativi disponibili a candidarsi. Il coordinatore regionale Fabrizio Comba è stato relegato al ruolo di primus inter pares, se non commissariato di certo marcato a vista dai suoi due vice, il sindaco di Casale Monferrato Federico Riboldi e il capogruppo a Lascaris Paolo Bongioanni. Quest’ultimo ha fatto sapere di voler fare il pieno di preferenze per puntare dritto all’assessorato a Sport e Turismo con l’appoggio del ministro Santanchè (per quanto in disgrazia). Il nipote d’Italia Giovanni Crosetto già scalda i motori contando sul sostegno di zio Guido (per lui si parla anche di una ipotesi listino). Marrone vuole essere il primo eletto, Ravello anche. Il leghista Claudio Leone resta alla porta in attesa di un segnale, ma Davide Nicco ha girato la chiave con due mandate e ha fatto sapere che piuttosto si dà fuoco in via Alfieri, bloccando una trattativa che va avanti da mesi. Sembrerà paradossale ma secondo il sondaggio di Swg, gli italiani considerano “la coesione interna” uno dei punti di forza di FdI.

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