La bilancia rotta della Giustizia

Le notizie che generano grande indignazione non rispettano neppure la pausa estiva, e fanno compagnia alla moltitudine impegnata a sbarcare il lunario, anziché a preparare i bagagli sognando favolose destinazioni turistiche. Disoccupati, precari, lavoratori con salari da fame, pensionati, e ingiustizia non conoscono le ferie, e passeggiano sulle strade assolate delle metropoli sotto braccio alla povertà.

È comunque difficile ricavare spicchi di spensieratezza in spiaggia, o sui monti, mentre si assiste impotenti al crollo delle conquiste sociali e civili ottenute (con molta fatica) negli scorsi decenni. Un crollo palesato anche dal divario che separa sempre più i cittadini comuni da quelli privilegiati. 

L’Italia è attraversata continuamente da scandali, alimentati dall’intreccio mortale tra il mondo degli affari e quello della politica, che sfociano (ma non sempre accade) in processi giudiziari in cui si dibattono reati quali bancarotta fraudolenta, evasione fiscale, concussione, abuso di potere, corruzione e truffa. Questa categoria di indagati, e di condannati, non diserta mai le interviste televisive e tantomeno i vernissage. Costoro moltiplicano addirittura le loro apparizioni nei talk show, dove trovano costantemente un conduttore pronto a comprenderli e a perdonare le loro malefatte.

I vip inquisiti, malgrado gli interrogatori da parte del pubblico ministero nonché il biasimo collettivo, continuano a mantenere i propri incarichi (come ad esempio ministeri e segretariati), non sottraendosi mai alla vita mondana, mentre le persone comuni soggette a un’indagine, ma escluse dai salotti che contano, entrano immediatamente in una sorta di Inferno dantesco pieno di difficoltà e sofferenze, con le porte delle carceri pronte a spalancarsi dinanzi a loro.

Una malattia cronica attanaglia la giustizia, patologia che peggiorerà ancor più quando sarà varata la separazione delle carriere dei magistrati: pseudo riforma garantista soprattutto nei confronti degli intoccabili (coloro che possono assumere una schiera di principi del Foro). 

È significativa la vicenda di cui è (involontaria) protagonista una delle attiviste No Tav più combattive della Valsusa: Nicoletta Dosio (78 anni). La Dosio, qualche settimana fa, è stata nuovamente posta in detenzione domiciliare, poiché ritenuta colpevole di evasione durante l’esecuzione della precedente misura restrittiva sentenziata nel lontano 2016. All’epoca la militante di Bussoleno decise di protestare contro quella che riteneva essere una pena ingiusta, decidendo di violare la decisione del Tribunale. I giudici stessi, all’epoca, considerarono innocue le sue trasgressioni, per cui preferirono non procedere oltre nei suoi confronti.

Inaspettatamente, Nicoletta Dosio è stata condannata a oltre un anno di prigione per la contestazione di fatti avvenuti molto tempo addietro, e all’epoca considerati irrilevanti dall’autorità giudiziaria. È scattata nuovamente la reclusione presso la sua residenza mentre il compagno di una vita stava combattendo contro una gravissima malattia: non le è stato consentito neppure di assisterlo nei suoi ultimi momenti. Nei giorni immediatamente seguenti la scomparsa di Silvano, il compagno, è stato effettuato un controllo domiciliare da parte della polizia giudiziaria, con lo scopo di verificare la presenza della reclusa in abitazione. Le forze dell’ordine hanno quindi suonato il campanello di casa verso le ore 2 del mattino, ma la Dosio, crollata in un profondo sonno post stress emotivo, non ha udito lo squillo e quindi non ha aperto la porta ai militari: il giorno seguente i carabinieri le hanno notificato una diffida poiché risultata assente e, quindi, non osservante le disposizioni inflitte dal Tribunale.

In tale occasione è stato inoltre vietato l’ingresso di persone terze nel giardino pertinente l’abitazione stessa, impedendo di portare il cibo ai tanti animali che l’anziana donna ospita (tra cui un bellissimo, quanto socievole, mulo). Sola, privata del sostegno familiare, così come della possibilità di nutrire i suoi amici animali, la Dosio sta scontando una condanna del tutto sproporzionata rispetto a quanto contestatole: una pena ingiusta, resa ancor più iniqua dalla sua fragile situazione personale. 

La bilancia della Giustizia sembra pendere a favore di alcuni e decisamente a sfavore di altri. L’Italia dei “due pesi e due misure” si è mostrata ancora una volta con tutto il suo fardello di parzialità nel trattamento dei cittadini. Fare raduni inneggiando slogan mussoliniani, ed essere accusati di bancarotta oppure furto di opere d’arte comporta, a persone che ricoprono incarichi governativi, un richiamo a non farlo più, mentre manifestare contro le grandi opere (o meglio, le grandi speculazioni a danno di ambiente e comunità) conduce una donna di 78 anni alla detenzione ed a restrizioni che non è eccessivo definire disumane. 

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