Le incognite dell'elettrico

Il boom di vendite di auto elettriche a giugno andrà verificato nel corso del 2024 per capire a quali livelli complessivi si attesterà. Proviamo però a riflettere su alcuni dati: in Europa rimaniamo il fanalino di coda con circa 21mila immatricolazioni a maggio, contro le oltre 141mila in Germania che nei mesi precedenti aveva rallentato. I modelli più venduti dimostrano che esiste ancora un problema di “classe” in quanto quelli di media e alta gamma vanno da 90 a 160 gCo2/Km (grammi di anidride carbonica prodotti per chilometro): Tesla, Jeep Avanger e Volvo ma anche Smart forTwo non scherza. Quindi il tema della riduzione prezzi al consumatore va di pari passo con il problema di costi di produzione, dei costi delle batterie e delle scelte dei costruttori di produrre una piccola utilitaria elettrica a basso costo. Forse oltre a pensare al produttore cinese oppure sino-stellantis e a dove produrla dovremmo anche riconoscere  la qualità dei prodotti cinesi non solo in campo automotive. Ipocritamente si sentono molte critiche ma poi abbiamo tutti in casa del Made in China.

Altra questione che potremmo legare all’attuale tema dell’autonomia differenziata è dove si vendono le auto Bev. Delle oltre 34mila auto elettriche immatricolate nel 2024 (13mila solo a giugno) circa 22mila sono al Nord, ovvero il 64%. Altre 8.553 vendute al Centro, 2.813 al Sud e infine 1.471 nelle isole. Insomma, quelle vendute nel Mezzogiorno d’Italia e nelle isole sono circa il 12%. Un dato che evidenzia una disparità economica e sociale che andrebbe colmata. Per una ulteriore conferma basta dare un’occhiata all’età media delle auto in Italia (14,4 anni). Tutte le regioni del Sud hanno un’età media superiore, con il massimo in Campania di oltre 17 anni. In Piemonte, la regione della (fu) Fiat l’età media del parco circolante è di 13,3 anni.

Gli incentivi - anche se resto dell’idea che distorcono il mercato e alla fine li finanzia il cittadino che paga le tasse mentre si dovrebbe agire sui produttori affinché riducano i prezzi - dovrebbero avere una politica governativa mirata più alle flotte aziendali e al servizio pubblico come ai corporativissimi taxisti e ncc. Invece le flotte aziendali occupano solo il 7,6% del mercato mentre va meglio il noleggio a lungo termine e va malissimo il settore veicoli commerciali con una quota di mercato del 2%.

Abbiamo quindi alcuni problemi, a partire dalla generale difficoltà del Bev, a causa dei costi troppo alti. C’è poi una ancora diffusa sfiducia nella eccessiva accelerazione sulla transizione all’elettrico: bisognerà capire cosa succederà negli Usa con le elezioni di novembre dove una parte di classe media, compresi i lavoratori dell’auto, si orienterà su Trump proprio con l’obiettivo di scongiurare una corsa all’elettrico. Dovremo, infine, capire al di là del voto europeo la configurazione geopolitica dell’Europa dopo il voto francese.

Servirebbe una politica governativa che sposti l’attenzione del mercato e quindi degli aiuti economici verso chi usa l’elettrico per lavoro come le flotte aziendali e i veicoli commerciali. Aiutare un “padroncino”, un ambulante, un trasportatore a comprarsi un veicolo commerciale elettrico darebbe un complessivo beneficio all’economia e alla salute delle città agendo sul consenso e non sui divieti in questo caso di circolazione.

Politiche sull’automotive mirate, compresi i Lcv, senza dare incentivi a pioggia in ottica elettorale, farebbero bene al mercato, all’economia, all’inquinamento dei centri storici. Insomma la transizione elettrica e ecologica va guidata e non subita. 

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