POLITICA & AMBIENTE

Niente scorie nucleari a Trino, vince Nimby la politica fa festa

Il comune del Vercellese fa marcia indietro con il sindaco Pane costretto alla ritirata dal suo stesso partito (FdI). In Piemonte non ci sarà nessun deposito dei rifiuti radioattivi. Da Cirio in giù, tutti soddisfatti. Intanto il problema resta irrisolto dagli anni '80

Ha vinto Nimby. La sindrome del fuori dal mio cortile ha impallinato il sindaco di Trino Daniele Pane (FdI), che per mesi ha spinto per ospitare nel suo Comune il deposito nazionale unico delle scorie nucleari. Sostanzialmente da solo, avversato “dal mondo intero” (secondo chi gli è vicino), e in particolare dagli esponenti locali del suo partito, che nel migliore dei casi sono rimasti in silenzio.

Non è un caso infatti che tra i primi commenti a uscire dopo l’uscita della delibera con cui Pane ha firmato la revoca è stato quello del sindaco di Casale Monferrato Federico Riboldi, suo compagno di partito e vicesegretario dei meloniani in Piemonte: “Grazie al collega per aver scelto di tenere unito il territorio. Ora dobbiamo impegnarci tutti affinché il deposito temporaneo di scorie già presente a Trino venga rimosso e portato in luogo sicuro”. Sarà contento anche il presidente della provincia di Vercelli Davide Gilardino, pure lui un fratello d’Italia, che aveva raccolto l’opposizione dei Comuni vercellesi confinanti con Trino in un’assemblea ad hoc. Sindaci che insieme ai primi cittadini del casalese si stavano organizzando per l’immancabile ricorso al Tar contro Pane.

Gli oppositori da manuale, da Legambiente alla Cgil, dalla Chiesa alla politica tutta, avevano puntato sul fatto che Trino non era stato inserito nelle 51 aree preselezionate di Sogin, di cui cinque in Piemonte, tutte nell’alessandrino: Bosco Marengo, zona di Novi Ligure, due aree a Quargnento, Alessandria Oviglio e Sezzadio in zona Castelnuovo Bormida.

Ora Pane, esausto da mesi di proteste, può togliersi qualche sassolino. Come ricordare che il vasto fronte dei contrari non ha proposto nulla per risolvere il problema dei rifiuti radioattivi già presenti a Trino, dove sono stoccati in un deposito temporaneo. Un fatto che secondo Pane comporta “l’assunzione in capo a tali soggetti della responsabilità di ogni conseguenza negativa ne dovesse derivare, ivi compresa quella di ritardare senza giustificato motivo la realizzazione di un’opera considerata strategica per la sicurezza del territorio”.

Sullo sfondo resta il problema nazionale: l’Italia rischia sanzioni salate in sede Ue per non aver rispettato le norme sulla gestione dei rifiuti radioattivi. D’altronde, è dagli anni ’80 che l’Italia sta cercando il luogo adatto per il deposito. Un dato che da solo basta a capire come il problema non sia solo tecnico, ma politico. Al di là della questione della non idoneità del territorio, sul quale sarebbero comunque stati fatti approfondimenti in seguito, la politica ha tirato un sopiro di sollievo bipartisan. A partire dal governatore Alberto Cirio, che sul punto aveva affermato: “Il Piemonte, e in particolare la provincia di Vercelli, la loro parte l'hanno già fatta. Non pensiamo quindi che si possa ipotizzare un nuovo deposito nella nostra regione”. E non c’entrano destra e sinistra, visto che il dem di Alessandria Domenico Ravetti oggi riafferma lo stesso principio, ma in salsa provinciale: “È quanto mai necessario proseguire nel nostro impegno per evitare la realizzazione del deposito nei siti potenzialmente idonei della provincia di Alessandria”. Poi si ricorda di non essere solo un politico alessandrino, ma anche un consigliere piemontese e corregge il tiro: “Siamo tutti convinti della necessità di realizzare in Italia il deposito, ma abbiamo sempre manifestato la nostra contrarietà alle autocandidature e abbiamo ribadito l’indisponibilità a ospitarlo in Piemonte”. Fatelo e datevi pure una mossa, ma non a casa mia.

print_icon