Il Centro c'è e non guarda più a sinistra

Il voto europeo ci ha consegnato, come sempre capita nelle elezioni nazionali, alcuni elementi da cui non si può prescindere e su cui occorre riflettere. Tra i molti elementi emersi, è indubbio che spicca il peso, il ruolo e il futuro del cosiddetto Centro. O meglio, del voto centrista. Perché, al di là delle dispute infinite e da cortile tra Renzi e Calenda e le rispettive tifoserie – ormai sempre più assottigliate – è indubbio che quest’area centrista, politica ed elettorale, esiste eccome. Ma, semplicemente, non guarda più a sinistra come è capitato per svariati decenni. E questo per due fattori politici alquanto evidenti. Almeno per chi li vuole vedere.

Innanzitutto, il profilo e il campo della sinistra. Che, è bene dirlo con chiarezza, ha avuto un risultato elettorale eccellente e di grande significato. Ma, appunto, è un campo politico che ha assunto una identità alquanto precisa e netta. L’alleanza tra la sinistra radicale, massimalista e libertaria della Schlein con la sinistra estremista di Fratoianni e Bonelli e il populismo dei 5 stelle segna una oggettiva sterzata rispetto al tradizionale e ormai archiviato ed antico centro sinistra. È un altro progetto politico con un’altra mission e, soprattutto, con una nuova identità culturale. È di tutta evidenza che non può essere confuso con il tradizionale centro sinistra perché gli attori principali di questa alleanza – e cioè Schlein, Fratoianni, Bonelli, Salis, Conte o Appendino – sono semplicemente alternativi, perché esterni ed estranei, a qualsiasi riferimento al Centro, alla politica di centro e a tutto ciò che è riconducibile a questa cultura, a questa prassi e a questa tradizione. E questo va detto con chiarezza senza alcuna polemica politica e, men che meno, personale.

In secondo luogo, è altrettanto evidente che, purtroppo, la ricostruzione del Centro non passa più attraverso le iniziative – ormai a getto continuo – dei due partitini personali di Renzi e di Calenda. E questo non solo per lo spettacolo, sempre più inguardabile e squallido, offerto dai due protagonisti principali che, imperterriti, continuano a battibeccare anche dopo il clamoroso flop elettorale dell’8/9 giugno. Ma per la semplice ragione che quando un leader politico perde la credibilità difficilmente riesce a porsi come elemento aggregante per un progetto che, al di là delle singole opinioni, continua ad avere una valenza significativa per l’intera politica italiana.

Ecco perché, a fronte di questo quadro sufficientemente oggettivo per essere messo in discussione, non possiamo non prendere atto che il Centro continua ad essere un progetto politico importante ma ad una condizione. Che il Centro venga rappresentato da chi crede veramente in questo progetto e da chi lavora per rafforzarlo e consolidarlo attraverso un processo politico unitario, plurale, convincente e aggregante. E lo sforzo recente compiuto in questa direzione dal leader di Forza Italia Tajani e da autorevoli personalità come Letizia Moratti coglie nel segno e, non a caso, registra un riscontro elettorale crescente. E cioè, lo spazio che esiste tra Elly Schlein e Giorgia Meloni non può non essere intercettato e rappresentato da un campo politico che predica ma, soprattutto, pratica una vera e credibile politica di centro.

Per queste semplici ragioni, forse, è giunto il momento per dare voce politica e gambe organizzative ad una domanda che non può più essere elusa. E, al contempo, prendere atto che questo progetto non può più essere interpretato e fatto proprio da chi semplicemente e legittimamente non ci crede – penso al cartello della sinistra ex e post-comunista – o da chi, purtroppo, ha contribuito a dissipare un enorme patrimonio politico ed elettorale e che, pertanto, non è più credibile per centrare quell’obiettivo. A volte, la politica è molto più semplice di quel che appare.

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