RETROSCENA

FdI, vittoria mutilata in Piemonte

Il "gran rifiuto" di Marrone alla chiamata di Crosetto e Lollobrigida alla Sanità. La stoccata di Delmastro (tramite Chiorino) alla collega Montaruli. Comba, spettatore delle trattative, segretario "travicello"? L'avanzata di Nastri che allarma la Lega a Novara

Una vittoria mutilata. Semmai tra le alte sfere meloniane del Piemonte alberghi pure qualche anelito dannunziano o semplicemente banali ricordi scolastici del Vate, è proprio quella sua celebre definizione che pare attagliarsi all’esito e, più ancora alle conseguenze, della spartizione degli assessorati e relative competenze. Almeno nella visione di chi non ha ottenuto (tutto) quel che voleva.

Non c’è dubbio che il caso più eclatante sia quello di Maurizio Marrone, il recordman delle preferenze e incarnazione della revanche sotto la Mole e il segno di Atreju, entrato papa destinato a vestire l’abito bianco della Sanità nel conclave di Palazzo Baracchini e uscito cardinale, se non arcivescovo, dopo un gran rifiuto non certo per viltà, ma comunque pagato a caro prezzo. Le austere sale del ministero della Difesa e l’atmosfera militare di quel luogo dove il padrone di casa Guido Crosetto (in stretto collegamento con il ministro-cognato Francesco Lollobrigida) e altri maggiorenti piazzavano le bandierine sul terreno del nuovo governo piemontese, avrebbero forse dovuto indurre il navigato Marrone, barba e ardimento da Italo Balbo, a pescare più lontano e altrove nella storia quell’”Obbedisco” che lo stato maggiore di Fratelli d’Italia s’attendeva come risposta alla richiesta di assumere l’assessorato alla Sanità. Si sa che lui, Marrone, avrebbe voluto la vicepresidenza e pure la potenzialmente assai identitaria Cultura, posti da cui accrescere ulteriormente il suo profilo da aspirante governatore, tra cinque anni. Come noto ad aver risposto, senza titubanze “presente”, è stato Federico Riboldi, che già s’immaginava a occuparsi di agricoltura, ma non ha fatto una piega di fronte al cambio di programma, ovviamente con l’ottenuto impegno a suo sostegno (e protezione) del partito. 

Marrone, insomma, non ha incassato né la vicepresidenza, né la Cultura dovendosi “accontentare” del Welfare e altre deleghe contigue, anche se tra queste ci sarà probabilmente quella alla casa che resta sempre un tema su cui mettere l’impronta e magari ricevere consensi. A condividere con lui, quella che se non è una sconfitta certo è lontanissima da una vittoria piena, c’è l’altra metà della coppia politica della destra-destra torinese, Augusta Montaruli. La deputata, esordi in Azione Giovani di Alleanza Nazionale e nel Fuan, pure lei della nidiata di Atreju, nel duello con Andrea Delmastro ha rimediato una stoccata di quelle che bruciano. Per il sottosegretario alla Giustizia stavolta il colpo non è quello dell’onorevole pistola Emanuele Pozzolo, ma suo. E ha mirato bene, lui. Per la sua pupilla politica Elena Chiorino, oltre alla riconferma delle deleghe che aveva, arriva pure proprio la vicepresidenza. 

In questa partita tutta interna a FdI, dove i cinque posti in giunta e la presidenza del Consiglio regionale non bastano a nascondere quei risultati interni che vedono vittorie e sconfitte, c’è chi sembra essere rimasto in tribuna, pur avendo ruolo per definire la squadra e assegnare posti in campo. La mole di Crosetto ha di fatto e non certo metaforicamente sovrastato e coperto il profilo naturale di chi è chiamato ad assumere decisioni come queste. Fabrizio Comba è, oltre che parlamentare, il coordinatore regionale del partito, ma fin da giorno dopo le elezioni è stato chiaro e detto apertamente che chi avrebbe trattato con Alberto Cirio e gli alleati sarebbe stato proprio il gigante di Marene. Pur vero che il Piemonte è una regione importante e, quindi, era scontato che i vertici nazionali dei partiti non stessero alla finestra, ma da qui a trasformare Comba in uno spettatore piuttosto silente pochi se lo apettavano. Anzi, i maligni riferiscono che “non ha toccato palla”.

Dietro la mole crosettiana sembra intravvedersi una sorta di “commissariamento” soft già avvenuto alcuni mesi fa con l’affiancamento a Comba dei due vice, uno lo stesso Riboldi e l’altro il capogruppo uscente e assessore all’Agricoltura entrante Paolo Bongioanni. Nelle interpretazioni di Fratelli Coltelli, Comba pagherebbe (e in parte avrebbe già pagato proprio nella sua marginalità nelle trattative) quella che è stata letta come una forzatura per candidare suo figlio Emanuele, ma più ancora il risultato che ha tenuto Mele, il rampollo di famiglia, lontano dagli scranni regionali. A dar ascolto a più di un maggiorente fraterno, non sarebbe stata l’asserita richiesta del partito a livello nazionale di vedere il nome Comba sui manifesti elettorali, quanto piuttosto una aspirazione del coordinatore che, però, quella candidatura l’avrebbe messa sul tavolo (pare avendola da tempo pronta) quasi all’ultimo, scombicchierando più di un piano e più di uno schema. Col risultato di provocare più di un mal di pancia.

Ci saranno strascichi? Si prospetta come ipotizzano e magari auspicano alcuni un cambio al vertice del partito azionista di maggioranza del centrodestra al governo del Piemonte? Bisognerà certamente attendere, mentre non c’è da aspettare per comprendere un’altra affermazione interna alla dinamiche maloniane piemontesi come quella di Gaetano Nastri, il senatore novarese che ha portato la sua concittadina e protégé politica Marina Chiarelli a occupare una assessorato i notevole peso. A lei è andrà con ogni probabilità la Cultura negata a Marrone (e anche questo è un segnale di non poco conto), insieme a Turismo e Sport. Già prima, Nastri aveva piazzato la sua compagna di vita oltre che di partito Daniela Cameroni nel listino. Un uno-due in rosa quello del questore di Palazzo Madama che certo ne segna un ruolo in gran spolvero. Con inevitabili ricadute a Novara, dove gli alleati leghisti dormono sonni sempre più agitati.

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