Divertirsi nell'era del Covid

Sono vecchia? Sì, ho 71 anni. Per più di dieci anni ho combattuto a Torino e in Italia per la civiltà e il rispetto del riposo e, soprattutto, della salute di migliaia e migliaia di cittadini. Ma se le mie celluline grigie funzionano ancora cosa mi impedisce di dire ciò che penso visto che non dipendo da nessun partito, da nessuna corrente politica, da nessuna lobby di commercianti di alcol e ristorazione, da nessun influencer, da nessun potere che possa schiacciare il mio credo e la mia libertà di pensiero? Io sono solamente votata da più di 10 anni al rispetto di quei cittadini di Torino (e d’Italia) vessati dalla sciagurata devastazione di una movida degenerata, devastante e selvaggia.

Certo il maledetto Covid ci ha imposto regole ferree e ben definite rispetto alla osservanza delle regole, rispetto agli “assembramenti” e al fracasso selvaggio. Ce ne rallegriamo? No, vorremmo che la civiltà ben oltre il dramma Covid entrasse a far parte di comportamenti civili e rispettosi della comunità tutta, dove si capisca finalmente che divertirsi va benissimo solo e se si rispetta il contesto sociale, laddove si interiorizza profondamente che vivere il proprio divertimento coinvolge vastissime e multiformi realtà sociali che hanno esigenze diverse, che magari hanno bisogno di pace e riposo, che non partecipano, per loro scelta esistenziale o per scelta di vita lavorativa, al fracasso fino alle prime luci dell’alba.

È strano? È anomalo? È impensabile? O è una scelta o meglio una esigenza democratica, un diritto costituzionale, un elementare bisogno di scegliere fra non dormire e ammalarsi da fracasso e/o dormire e vivere? Sarebbe assi interessante sviluppare, oltre il maledetto Covid, una seria riflessione sul concetto di divertimento e rispetto della comunità in cui esso si esprime.

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