VERSO IL 2019

Regionali, "il Pd ha un virus che avvelena il centrosinistra"

Un partito che si muove come fosse autosufficiente mette a repentaglio la coalizione. Per il dopo Chiamparino occorre iniziare "da una convergenza su un programma e la costruzione di un progetto per il Piemonte 2019-2024". Intervista a Fornaro (LeU)

Un virus s’aggira per il Pd: “il virus dell’autosufficienza”, diagnostica con disappunto, ma senza troppo stupore, Federico Fornaro, capogruppo di Liberi e Uguali alla Camera. “Pericoloso per lo stesso Partito Democratico” che, non appena Sergio Chiamparino ha annunciato la sua intenzione di non correre per un secondo mandato, ha incominciato a produrre candidature e autocandidature per la guida di quella che dovrà essere comunque una coalizione di cui già oggi fa parte LeU, oltre ad altre forze del centrosinistra.

Ma, mentre dal Pd spuntano aspiranti successori di Chiamparino, onorevole Fornaro, LeU che dice?
“Che il metodo è sbagliato. L’impostazione che vedo dare dal Pd alla questione non può che portare alla sconfitta. Questo atteggiamento del Partito Democratico appare incomprensibile e preoccupante”.

Ne sembra sorpreso.
“In un certo senso sì, noi eravamo rimasti a quanto deciso in un incontro di giugno a Torino. Si era definito un percorso che non può che partire da una convergenza su un programma e la costruzione di un progetto per il Piemonte 2019-2024. Noi siamo fermi lì, ma fermi anche al rispetto dei cittadini”.

Invece il Pd corre, in ordine sparso, con le candidature, che succede?
“Colpa del virus dell’autosufficienza”.

Però, converrà che un candidato lo si dovrà pur scegliere?
“Certo, non è che non esista il tema della candidatura. Però dobbiamo prima decidere se siamo di fronte a scrivere un testo per l’opera o per l’operetta”.

Qualcuno aggiungerebbe pure la messa da requiem, ma pare di capire che secondo lei mentre i dem discutono e magari già si accapigliano sui nomi, voi riportate indietro le lancette sull’ora del programma, è così?
“Allora, parliamo di candidati, non di nomi ma di profili: se il tema è quello della discontinuità va definito un profilo di un certo tipo, se il tema è della continuità un altro profilo ancora e se invece è quello del rinnovamento totale e generazionale un profilo ancora diverso. È finito il tempo il cui da una parte c’è il progetto e dall’altra il candidato. Ci deve’essere il miglior interprete possibile del progetto. Invece si sta facendo esattamente l’opposto, con una corsa alle candidature o autocandidature in una dimensione tutta interna al Pd che non tiene conto, innanzitutto, che da solo non va da nessuna parte”.

Detta in questo modo può sembrare un alzare il prezzo da parte vostra.
“Non è assolutamente così. Piuttosto c’è una questione di rispetto degli alleati e delle alleanze. Il nostro non è un richiamo al manuale Cencelli, ma al buon senso. Noi abbiamo dimostrato in tempi non sospetti di non avere come primario interesse l’occupazione di posti”.

Nel Pd intanto si guarda alle primarie, un altro alleato come il leader dei Moderati Giacomo Portas le vede come il fumo negli occhi e dice che sono deleterie, lei che ne pensa?
“Che tutta questa corsa alla candidatura come se le primarie fossero la panacea per tutti i mali, si scontra con  l’esperienza di questi anni che non lo conferma di certo. Sono un mezzo, non il mezzo per scegliere il candidato”.

Che dovrà vedersela con un avversario dato vincente.
“Ma sul quale si staglia ancora una variabile, perché la composizione del fronte avversario non è mica ancora definito”

Anche lei non esclude un asse Salvini-Di Maio in versione piemontese?
“Credo che soltanto in primavera si capirà se la Lega farà una scelta verso il centrodestra oppure prevarrà una logica legata alla maggioranza di Governo. Il giorno dopo le amministrative sul Resto del Carlino uscì una doppia intervista Lega e M5S in cui per l’Emilia Romagna in qualche modo di preannunciava o ipotizzava un possibile contratto regionale. Cosa potrebbe vietare un contratto Lega-Cinquestelle per il Piemonte?”.

Nell’eventualità il centrosinistra cosa dovrebbe fare?
“Intanto utilizzare bene i mesi dell’autunno, per riprendere rapporti, ascoltare tutto il Piemonte e non per fare campagne elettorali individuali che non credo interessino a gran parte degli elettori. E poi lavorare per ricucire i due Piemonti. Oggi abbiamo il primo che nell’area urbana torinese ha visto il centrosinistra competitivo, mentre ne Piemonte 2 il risultato è stato largamente minoritario”.

Colpa anche di alcune politiche regionali. Lei lo ha sostenuto più volte.
“E anche adesso osservo, sommessamente senza che appaia motivo di attacco personale a qualcuno, che molti durante la campagna elettorale si sono lamentati nel Piemonte 2 delle politiche regionali in tema di sanità. Ecco, non considerare questo e non provare a ricucire queste lacerazioni sarebbe un errore esiziale. Se non lo si fa, in certi posti potremmo anche evitare di fare campagna elettorale. Se poi penso alla mia provincia, credo che esista una vertenza Alessandria, un territorio che sta subendo una progressiva marginalizzazione rispetto alle politiche regionali e che richiede un’inversione di tendenza netta e chiara”.

Fornaro, che ne pensa del referendum sul passaggio del Verbano-Cusio-Ossola alla Lombardia, una provincia che dopo le elezioni regionali il Piemonte potrebbe perdere?
“Mi preoccupa. Potrebbe aprire la strada a ulteriori ritagli di territori”.

Tutta colpa di Torino?
“La questione del torinocentrismo esiste, ma non è un’accusa ai torinesi, piuttosto un grido di dolore che arriva da molti territori per ricercare un ruolo guida di Torino che però tenga conto delle loro istanze”.

Senta, c’è chi non ha digerito bene l’annuncio di Chiamparino a Baveno e sostiene che ne avrebbe dovuto parlare con gli alleati. Lei è tra questi?
“Rispetto la decisione di Sergio e la comprendo anche. Non mi sono affatto offeso che l’abbia comunicata in un convegno del suo partito, non ci vedo niente di male”.

Voi di LeU e i Moderati, in questa vicenda delle prossime regionali, siete spesso su posizioni analoghe. Insomma, allora è vero che c’è un asse con Portas?
“È vero che su alcuni punti siamo sulla stessa posizione e che i rapporti personali con Portas ci son sempre stati, i Moderati sono nelle coalizioni di centrosinistra da più di dieci anni e sarebbe strano che questi rapporti, anche cordiali, non ci fossero. Quello che stiamo dicendo, sia noi sia i Moderati, però è l’abc. Il Pd, invece, dà per scontato che la coalizione ci sia, ci sia il progetto e che il problema sia soltanto quello di trovare il candidato. Dare per scontato tutto non va bene, non è neppure rispettoso dell’elettorato”.

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