RESISTENZA CIVILE

In piazza la Torino antisfascista

Cittadini, imprenditori, professionisti, sindacalisti e politici. In oltre 30mila per dire Sì: alla Tav, ma anche alla crescita e allo sviluppo. Contro le politiche miopi e oscurantiste del governo gialloverde e dell'amministrazione Appendino - GALLERIA FOTO

Scende in piazza la Torino antisfascista, quella che dice sì alla Torino-Lione, sì a politiche di crescita e di sviluppo del territorio. In piazza Castello, davanti al palazzo della Regione Piemonte, si sono dati appuntamento in oltre 30 mila: imprenditori, sindacati, professionisti e politici, questi ultimi senza bandiere. E tanti cittadini. “È una manifestazione in tono civile, positivo e pacifico, ma fermo”, affermano gli organizzatori. “Torino scende in piazza per dire tanti sì - a partire da quello per la Tav - che sappiano interpretare i bisogni della gente e che riscrivano il futuro di una città e di una regione”, aggiungono. Una chiama alla mobilitazione che si è conclusa pacificamente intonando l'Inno di Mameli, perché come ha sottolineato Giovanna Giordano Peretti, una delle animatrici dell’iniziativa “Qui abbiamo fatto l’Italia e non possiamo arrivare a essere confinati in un angolo. Vogliamo che da qui partano idee, innovazione, treni veloci. E per questo ci appelliamo al presidente Mattarella per dire un grande sì a Torino, all’Italia e all’Europa”.

Nonostante il cielo plumbeo e sprazzi di pioggia la piazza è invasa dai dimostranti. Ci sono esponenti delle categorie economico-produttive, della politica, del sindacato, imprenditori, lavoratori, giovani e anziani, volontari olimpici e gente comune che hanno accolto l’invito della vigilia, nessuna bandiera di appartenenza politica né striscioni di singole organizzazioni ma solo qualche tricolore, qualche bandiera europea e qualche bandiera di Torino 2006, a fianco a struscioni che dicono sì alla Tav, sì al lavoro, no alla Ztl prolungata. In tanti anche hanno raccolto il suggerimento dell’organizzazione a vestirsi di arancione: chi con sciarpe, chi con giacche, qualcuno  con un evidenziatore che spunta dal taschino o una gerbera appuntata sul bavero del cappotto e chi anche solo con l’adesivo arancione diventato simbolo del raduno.

La rivolta arancione è stata innescata dall'ordine del giorno contro il Tav votato dalla maggioranza a Cinque Stelle due settimane fa ma la protesta travalica l’Alta velocità. In piazza si è unito tutto il malcontento suscitato dalle scelte dell'amministrazione Appendino in due anni di governo. Lo provano le tante bandiere a cinque cerchi sventolate e le tute di Torino 2006 indossate dagli ex volontari a indicare un’altra grande delusione per l’occasione olimpica mancata. Presenti anche gli oppositori all’ampliamento della Ztl e tutti coloro che hanno voluto dire “basta” ai numerosi “no” espressi dalla Giunta in questi mesi: no al G7 in città, no ai grandi-eventi, no alle Olimpiadi in tandem con Milano, no alla Torino-Lione, no ai tunnel di piazza Baldissera e della rotonda Maroncelli.

Un camion scoperto è stato il palco della manifestazione su cui sono salite le sette donne del Comitato “Sì, Torino va avanti”, Mino Giachino, ex sottosegretario di Forza Italia e promotore di SìLavoro, Gianmarco Moschella, studente di Economia, e Guglielmo Nappi, studente di Ingegneria dell'autoveicolo.

Presente una delegazione della Lega. “Rispettiamo gli impegni assunti con M5s, che ha chiesto un approfondimento sulle modalità di realizzazione dell’opera attraverso un’analisi costi e benefici – affermano i parlamentari eletti in Piemonte – ma ribadiamo con forza che l’opera va realizzata. La nostra partecipazione alla manifestazione è innanzitutto un segno di rispetto e di attenzione verso il mondo produttivo e imprenditoriale piemontese che oggi ha deciso di scendere in piazza e che manifesta evidentemente un disagio”.

“Da Torino parte un messaggio forte e chiaro che riguarda tutta l’Italia”, dichiara, da una piazza Castello già gremita, il presidente dell’Unione Industriale di Torino Dario Gallina. “Un messaggio – dice - per le grandi opere di collegamento verso l’Europa, per il nostro futuro, delle nostre imprese, per il lavoro e le future generazioni. La Torino-Lione e il Terzo Valico possono determinare la centralità dell’Italia in Europa e chi ha la responsabilità di governo può e deve avere la statura politica di cambiare decisioni e idee se non sono coerenti con il futuro del Paese”. Le 33 sigle dell’intero sistema produttivo torinese si sono unite per stilare un documento, consegnato al prefetto di Torino, Claudio Palomba, in cui si chiede l’avanzamento dei lavori del Tav, di mantenere il ruolo dell’Osservatorio tecnico e ammettere ai lavori del l’analisi costi benefici rappresentanti delle forze economiche e sociali del territorio.

“Siamo sette donne non manovrate da nessuno. Siamo noi con la nostra testa. Qualcuno in Comune ha detto che Torino è una città No Tav, noi come le migliaia di persone in piazza oggi vogliamo dire sì”, ha spiegato dal palco Patrizia Ghiazza, una delle sette “madamin” che ha organizzato la mobilitazione. “Non può esserci scambio tra metropolitana e Tav, noi vogliamo tutto! Vogliamo che le nostre aziende continuino a crescere in questa città, ha aggiunto Giazza che di professione fa la cacciatrice di teste, presentando i punti di un manifesto. “Da oggi cambia il vento e il vento è a favore delle infrastrutture”, ha proseguito Mino Giachino, che ha lanciato la petizione a favore della Torino-Lione che ha superato le 60 mila adesioni e che ha aperto il presidio. Giachino ha dedicato l’iniziativa a due “imprenditori lungimiranti”, Sergio Pininfarina e Sergio Marchionne e ha espresso solidarietà alle forze dell’ordine che “per vent’anni si sono presi gli sputi e le botte in Val Susa”.

Sì Torino va avanti

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