Il futuro delle sardine

La bella e simpatica manifestazione torinese delle “sardine” – anche se è sempre consigliabile essere prudenti sui numeri per evitare di trasformare Piazza Castello nello stadio del Maracanà – impone una riflessione alla sinistra. All’intero centro sinistra. E, nel suo complesso, al campo progressista e riformista. Dico alla sinistra e al centro sinistra perché è evidente a tutti, tranne a qualche buontempone, che la piazza delle sardine è integralmente e organicamente di sinistra. A Torino come a Bologna, a Napoli come a Ferrara.

Ora, si tratta di capire come una bella piazza democratica e gioiosa riesce a tradurre una vibrante polemica contro l’attuale opposizione di centro destra in un progetto politico e, possibilmente, di governo. Perché riaffermare un metodo democratico e rispettoso è sempre molto importante.

Anche se la delegittimazione morale, politica, culturale e personale degli avversari – in questo caso del nemico dichiarato – non rientra pienamente nel linguaggio dell’amore universale e del richiamo evangelico. Ma, al di là di questa comprensibile e persin scontata considerazione, dopo questa prima ondata democratica e partecipativa arriva il momento della politica, cioè delle scelte politiche e del progetto politico. Perché è indubbio che dalla piazza le “sardine” hanno avanzato la necessità di ridare un’anima alla politica e, soprattutto, un profilo progettuale più netto e più chiaro.

Ovviamente la domanda è rivolta solo ed esclusivamente alla sinistra perché il campo di riferimento, checché ne dica qualche simpaticone, è solo quello. E qui la domanda centrale, almeno a mio parere, è una sola. E cioè, chi sono concretamente gli attori che adesso devono raccogliere quella domanda e quell’urlo che sale da molte piazze italiane? Le risposte non possono essere molteplici.

Proviamo ad elencarle. Le sardine si trasformano rapidamente in un partito, pur negandolo come fanno di norma tutti i movimenti che nascono nelle piazze? Benissimo, ma devono allora attrezzarsi a livello politico e progettuale perché la sola battaglia contro la Lega e il centrodestra non è più sufficiente al riguardo. Ma se le sardine non si trasformano in un partito, allora quella domanda e quell'urlo non possono che essere raccolti dal Pd, da ciò che resta dei post comunisti di Leu e della sinistra antagonista e dall'ala sinistra del partito di Grillo e Casaleggio. Tertium non datur.

Ecco perché le prossime settimane saranno molto importanti e anche decisive per capire non solo il futuro delle “sardine” ma anche, e soprattutto, la prospettiva della sinistra e dell’intero centro sinistra. Perché, storicamente, il passaggio dalla protesta alla proposta e' sempre la vera cartina di tornasole per misurare sino in fondo la solidità e l'efficacia di una proposta politica. E sarà così anche questa volta con le simpatiche e belle “sardine”.

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