EMERGENZA SANITARIA

In ospedale solo i casi gravi,
così il Covid si cura a casa

È attivo da oggi il protocollo della Regione Piemonte per decongestionare gli ospedali. I medici di famiglia potranno prescrivere l'ossigeno, ma ai primi sintomi del Covid va attivata l'Usca. In arrivo anche un provvedimento del Governo

La riduzione della velocità di crescita che da alcuni giorni si nota sui ricoveri - pur con qualche interrogativo su un repentino e notevole calo degli accessi - sposta un po’ più in avanti il rischio di completa saturazione degli ospedali, ma non modifica affatto la necessità di ridurre in maniera strutturale e diffusa gli stessi ricoveri quando non sono necessari. E qui si passa dalle corsie al territorio, dove le cose non vanno certo meglio e si potrebbero complicare nell’ennesimo rapporto difficile tra Governo e Regioni.

In questi giorni il Piemonte ha adottato un proprio protocollo per le cure domiciliari con linee guida per i medici di medicina generale, le Asl con i distretti e le Usca. Imminente è dato, però, un altro protocollo: quello predisposto dal gruppo di lavoro del ministero della Salute di cui fanno parte anche esperti dell’Istituto Superiore di Sanità e del Comitato Tecnico Scientifico. Per ora ci sono solo alcune anticipazioni della bozza, ma le differenze con quello del Piemonte sembrano già emergere. “Mi sembra decisamente più povero, anche e soprattutto per quanto riguarda i farmaci indicati”, osserva Roberto Venesia, segretario regionale della Fimmg, il sindacato dei medici di medicina generale che ha criticato duramente il fatto di aver escluso dall’elaborazione del documento proprio i medici di famiglia.

QUI IL PROTOCOLLO DELLA REGIONE PIEMONTE

Cosa farà la Regione? Proseguirà con il suo o adotterà quello del ministero? “Il nostro è sperimentato con risultati positivi. È stato condiviso con i medici di medicina generale, i distretti delle Asl; sono stati inseriti adeguamenti e richieste indicate da chi è chiamato ad applicarlo - spiega l’assessore Luigi Icardi - Credo proprio che utilizzeremo il nostro”.

Curare a casa i malati di Covid, quando le condizioni cliniche lo consentono, è un’idea condivisa da tutti, ma come tutte le idee deve camminare sulle gambe degli uomini. Che dovrebbero essere di più, come nel caso delle Usca, e che dovrebbero poter dedicare più tempo al loro lavoro come, sempre più spesso, non riescono a fare i medici di famiglia. “Siamo ancora costretti a passare ore davanti al computer per cercare di prenotare un tampone ai nostri pazienti con una piattaforma che quando funziona mostra le agende sempre piene”, denuncia Venesia. La stessa procedura per comunicare l’esito dei tamponi deve ancora passare per il medico che a sua volta deve riferirla al paziente, “quando basterebbe un messaggio o una mail”. Per non dire dei ritardi che i Sisp, i Servizi di igiene e sanità pubblica, continuano ad accusare. Ci sono persone la cui negatività è accertata ancora isolate in casa da giorni perché i Sisp per inviare una mail impiegano più di una settimana.

“Noi medici siamo riusciti a ottenere la possibilità di prescrivere l’ossigeno ai pazienti a casa e questo è un passo importante per le cure domiciliari. Seguiamo i nostri pazienti con un monitoraggio continuo, ma abbiamo bisogno di più tempo per fare il nostro lavoro, seguendo anche gli altri mutuati. Purtroppo le incombenze burocratiche e le procedure per i tamponi, con problemi non ancora risolti, sono una pesante zavorra”. Per il segretario della Fimmg “le Usca vanno rafforzate, perché sono una componente fondamentale delle cure domiciliari e per l’esecuzione dei tamponi, ma c’è bisogno di supporto anche per i medici di medicina generale. Chiederò alla Regione la possibilità di utilizzare i colleghi in formazione per affiancamento dei medici di famiglia. Nella prima fase erano stati impiegati per rafforzare i Sisp, adesso servono per aiutare i medici di famiglia”.   

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