LOTTA AL CORONAVIRUS

Con il Covid come per l'influenza, vaccino ogni anno (ma non a tutti)

Mentre prosegue a spron battuto la campagna, si pensa già alla prossima. L'infettivologo Di Perri: "Non sarà più emergenziale e si sceglieranno fasce di età e condizioni a rischio". La memoria immunitaria e l'incognita sulla durata dell'immunizzazione

Ci vorranno ancora mesi per terminare le vaccinazioni, in Piemonte entro luglio saranno completate le prime dosi annuncia il presidente della Regione Alberto Cirio, ma già si guarda – ed è bene che sia così – alla seconda campagna vaccinale. Quella non più emergenziale, passando a un’immunizzazione periodica, probabilmente annuale, contro il Covid. Ieri il direttore dell’Aifa Nicola Magrini ha lasciato assai pochi margini di dubbio sul punto, accennando anche alla possibilità di utilizzare nuovi e diversi tipi di vaccini studiati o adattati per contrastare le possibili nuove varianti. 

Professor Di Perri come sarà la campagna vaccinale, non più dettata dall’emergenza e dalla necessità di contrastare e vincere la pandemia bensì dalla necessità tenere sotto controllo un virus di cui si conoscono, purtroppo gli effetti, e si sa che non scomparirà? 
“Credo che nella programmazione post emergenziale, la strada più opportuna e percorribile sia quella di vaccinare le fasce di età a maggior rischio di conseguenze gravi e, purtroppo, come si è visto anche letali, quindi vaccinando chi ha più di 60 anni, chi ha malattie particolari o condizioni cliniche che lo portino ad essere un soggetto fragile”.

Primario infettivologo dell’Amedeo di Savoia, Giovanni Di Perri è stato il primo vaccinato in Piemonte, lo scorso 27 dicembre. Da quel giorno nella regione sono stati somministrati 2 milioni 655.250 dosi, di cui 904.761 come seconde inoculazioni. E sul fronte delle adesioni, quelle dei giovani dai 16 a 29 anni in soli due giorni si è superata la soglia dei 160mila. 

Quindi non una campagna diffusa ad ogni fascia di età come adesso, bensì mirata come avviene già per altri vaccini?
“Esattamente così. Diciamo che il modello è quello dell’immunizzazione contro l’influenza, ormai collaudato ed entrato nella psicologia una buona parte della popolazione interessata, che ogni anno aumenta. Lo schema che immagino è proprio quello”.

Quindi una platea decisamente più limitata e più semplice sotto il profilo logistico e della necessità di personale rispetto all’attuale. Questo sarà anche possibile proprio perché ci sarà stata l’immunizzazione di massa in corso adesso? 
“Serve una premessa: ci sono malattie per cui il vaccino o l’aver contratto la malattia producono una protezione assoluta e permanente, come il morbillo, la polio. Il Covid, purtroppo, non agisce così, ma ci lascia comunque una memoria immunitaria”. 

Che però non è una vera immunizzazione, a cosa serve questa memoria?
“C’è un’esperienza interessante a questo proposito che arriva dalle terre alte del Madagascar dove la malaria, malattia come noto contraibile più volte, venne eradicata alla fine degli anni Cinquanta. Per varie ragioni, trent’anni dopo, la malaria tornò in quelle zone e si notò che ad ammalarsi gravemente e a morire in gran numero furono i bambini e gli adolescenti, mentre chi aveva più di cinquant’anni e aveva vissuto quando la malaria c’era, si ammalava ugualmente ma non moriva. Era l’effetto della lunga memoria immunitaria. Certo, se potesse valere un esempio del genere per il Covid, se si scoprisse che accade lo stesso saremmo in una condizione decisamente positiva, dopo la vaccinazione in corso e per chi il virus lo ha contratto”.

Potrebbero cambiare i vaccini rispetto agli attuali?
“Non è affatto da escludere. Ritengo probabili possibili aggiornamenti di prodotto come Pfizer e Moderna, in base alle varianti”. 

Molto dipenderà dalla durata dell’immunizzazione prodotta dall’attuale vaccinazione, ma nessuno sa con certezza quale sia, è così?
“Sì non ci sono certezze in merito”. 

Servirà il test sugli anticorpi? 
“No, perché la quantità di anticorpo non dice la misura in cui uno è protetto dal vaccino. Una campagna vaccinale bisognerà programmarla comunque anche a livello cautelare”.

E quali saranno, secondo lei, le linee che verranno seguite, anche per decidere i tempi?
“Penso che si guarderà molto a cosa si farà in Gran Bretagna”.

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