Il canto delle sirene

Nessuna sorpresa. Le elezioni sono andate esattamente come avevano previsto in tanti. Prestando attenzione ai rumors delle strade, ai commenti delle persone, sarebbe stato facile per chiunque rilevare una profonda delusione diretta, soprattutto, nei confronti di quest’ultimo esecutivo, chiamato ironicamente “dei Migliori”.

Nei commenti del giorno dopo è difficile rintracciare analisi che disegnino un quadro oggettivo della reale situazione politica emersa dal voto di domenica scorsa: un allarmante stravolgimento storico, seppur celato sotto la novità dell’investitura della prima donna a Presidente del Consiglio, che apre a scenari imprevedibili.

Il 25 settembre è la data in cui si è chiuso un cerchio aperto 77 anni fa, alla caduta rovinosa del regime mussoliniano. A cento anni dal giorno in cui le camicie nere diedero vita alla Marcia su Roma, l’elettorato ha scelto di posare un velo d’oblio, che difficilmente verrà rimosso in futuro, sul passato del Paese, e al contempo ha voluto dimostrare la propria assoluta sfiducia verso un sistema politico ritenuto privo di qualsiasi autorevolezza, di una qualsivoglia utilità.

In sostanza, sono stati bocciati i partiti fedeli all’agenda Draghi, alle pagine dettate dal vertice del potere economico finanziario, premiando da una parte chi ha tolto la fiducia al governo del banchiere e, dall’altra, affidando la guida della nazione al partito che (in apparenza) si è posto all’opposizione del “Campione del multilateralismo” (definizione di Gutierrez – Segretario Onu – riferita al premier Draghi).

Un considerevole flusso di elettori è migrato all’interno del campo del Centrodestra, transitando dalla Lega a Fratelli d’Italia, così come si è spostato l’equilibrio tra le forze progressiste a tutto vantaggio del Movimento 5 Stelle. Milioni di cittadini hanno invece scelto consapevolmente di disertare le urne. La sofferenza degli italiani, aumentata a dismisura per il caro vita e lo strisciante stato di guerra vigente, si è manifestata in gran parte con la consegna del governo del Paese alla “Fiamma”. Affidamento immediatamente benedetto dalla famiglia Almirante.

Il percorso della forza guidata dalla Meloni è decisamente lungo, tuttavia non tortuoso. È partito dagli anni oscuri in cui, con il nome Movimento Sociale Italiano - Msi, guardava con dichiarata nostalgia all’epoca in cui i territori di mezza Italia appartenevano alla Repubblica Sociale di Salò, per poi approdare negli anni ‘90 alla riabilitazione avvenuta per merito del Cavaliere Nero, ossia Silvio Berlusconi. Domenica, è avvenuto quello che molti democratici speravano non accadesse mai: il ritorno in auge dopo decenni di immutata marginalità costituzionale.

Del resto, quasi tutti i governi italiani dell’era repubblicana hanno sempre voluto chiudere un occhio, a volte tutti e due, davanti agli atteggiamenti nostalgici dei missini. Una sacca intrisa di rimpianto, verso il ventennio del secolo scorso, che è stata spesso addirittura ritenuta utile da alcune forze di governo, le quali non si sono fatte scrupoli di farne uso per fini del tutto incompatibili con i valori della Carta fondamentale (servizi deviati, favori all’intelligence americana e tanto altro).

Una ex militante del Fronte della Gioventù formerà quindi il sessantottesimo esecutivo repubblicano. Lo farà confrontandosi con un Parlamento dimezzato nei numeri, e privo di una qualsiasi forza politica che si richiami agli storici valori social-comunisti e radicalmente antifascisti. L’opposizione da Sinistra sarà nella mani di Conte e dei suoi gruppi alla Camera e al Senato, che dovranno difendere con forza il diritto alla dignità di famiglie e lavoratori, mentre i Democratici (in profonda crisi) navigheranno ancora per mesi nel mare dell’indecisione, facendo rotta verso un futuro incerto.

Dentro le aule, onorevoli e senatori del PD si domanderanno se continuare a rappresentare i redditi medio alti oppure guardare anche a chi si mantiene fronteggiando disoccupazione e stipendi da fame. Fuori dai palazzi istituzionali, la Sinistra più radicale sarà nuovamente pronta a suddividersi in decine di sotto componenti, senza domandarsi (neppure per un attimo) se l’aver deciso di incentrare tutta la campagna elettorale contro la figura di Conte, scordando l’esistenza di Draghi e Meloni, si sia rivelata strategia utile nonché intelligente.

Stazzema (il comune in cui venne perpetuato un terribile eccidio dai nazifascisti), Sesto San Giovanni (un tempo soprannominata la Stalingrado italiana) e le periferie delle grandi città hanno votato per la Fiamma tricolore, ma chissà se facendolo gli elettori hanno compreso che nel pacchetto avevano agguantato anche la Flat Tax (in soldoni, meno tasse per i ricchi) e l’eliminazione di molte misure sociali (tra cui il reddito di cittadinanza).

Alla Storia il compito di individuare in futuro le responsabilità alla base di questa impressionante svolta del Paese a destra. Agli italiani il compito immediato di pagare le bollette stellari, frutto tangibile di privatizzazioni selvagge, e di riflettere su quanto costi essere un popolo non consapevole e costantemente attratto dal canto delle sirene.

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