OBITUARY

"Ha amato e desiderato essere amato", l'ultimo commosso saluto a Vattimo

Chiesa stracolma e tanta gente all'esterno per il funerale del filosofo torinese, morto nei giorni scorsi a 87 anni. Amici di una vita, allievi e colleghi tra cui Cacciari e Vercellone: "Un grande". L'omelia di don Ferretti: "Gianni era alla ricerca di un Dio amabile" - FOTO

Era stracolma la piccolissima chiesa di San Lorenzo, nella centralissima piazza Castello a Torino, per i funerali del filosofo Gianni Vattimo, morto nei giorni scorsi a 87 anni. Insieme ai parenti e al compagno, Simone Caminada, che ha accompagnato il feretro dalla camera ardente allestita nell’aula magna dell’Università, si sono stretti allievi, colleghi e amici di tempi differenti. Autorità, a iniziare dal sindaco, Stefano Lo Russo, rettori, filosofi come Massimo Cacciari, ma anche un piccolo gruppo di No Tav, con tanto di bandiere fuori dalla chiesa, hanno ricordato la sua contrarietà all’opera. Sui social la sua morte ha spinto molti a un commento per mostrare la propria fetta di ricordo. Fuori dalla chiesa è stato invece più un ritrovo nel bisogno di riconoscersi, tra vecchi amici, in pezzi di vita attuali o passati.

A celebrare la messe è stato don Giovanni Ferretti, sacerdote studioso, filosofo, già rettore dell’Ateneo di Macerata, uno dei punti di riferimento intellettuale della diocesi subalpina. “Gianni è stato una figura umana generosa, di un’intelligenza acuta, insieme a impegno sociale e a una fede con rigore critico”. Così, chiamandolo col solo nome, che ha iniziato l’omelia. Carità e amore sono state le parole chiave del celebrante, la prima partendo dall’Inno alla carità, dalla prima lettera di San Paolo ai Corinzi, la seconda dalle Beatitudini secondo Matteo. Don Ferretti ha riferito per la prima lettura parole del filosofo stesso. “La carità non è secolarizzabile, diceva Gianni, nel senso che la carità è il limite invalicabile per lo stesso processo di secolarizzazione. Va oltre la storia, ci fa vivere oltre la morte”, mescolando in queste frasi fede e il lavoro filosofico del Vattimo del “pensiero debole”, come a volere di fatto spiegare, tradurre per tutti con poche parole, una parte delle riflessioni di Vattimo stesso in tal senso. La seconda lettura ha offerto il destro per parlare dell’uomo di fede, “impegnato a superare la visione sacrificale del Cristianesimo che non corrisponde al Vangelo di Gesù – ha affermato il sacerdote sottolineando come questa fosse la visione di Vattimo – alla ricerca di un Dio amabile, capace di rispondere al desiderio di essere amati, che è tra i più profondi dell’animo umano, che quindi tocca anche i discriminati, i disprezzati”, per con concludere: “Ha cercato di amare e ha tanto desiderato di essere amato”.

Concluso il rito, in un silenzio naturale, una voce di donna si è alzata tra i banchi: “Grazie maestro”, seguita da un applauso partito piano e continuato con discrezione, che ha salutato la bara di Vattimo coperta di rose rosse e rami di orchidee bianche, insieme al suo tocco accademico di velluto poggiato sul legno, per riprendere quando il feretro è stato portato nell’auto. Al centro degli abbracci, insieme ad alcuni parenti, il compagno del filosofo, Caminada, l’uomo di origine brasiliana che gli è stato accanto per 14 anni e negli ultimi giorni di vita. E Franco Debenedetti, amico di una vita. È rimasta sullo sfondo la vicenda giudiziaria degli ultimi anni dell’accusa di circonvenzione d’incapace per Simone, condannato a febbraio a due anni e con cui la Procura aveva impedito a dicembre l’unione civile. Accuse che Vattimo aveva smentito da teste in tribunale. Fuori dai tribunali è stato Caminada a postare le foto del filosofo nell’ospedale di Rivoli nei suoi ultimi giorni di vita, ad accogliere le persone nella camera ardente e a salire sull’auto col feretro coperto di rose rosse e rami di orchidee bianche. 

“Era un grande amico, poi il resto... bisogna parlarne con calma, non è questo il momento di fare esami ermeneutici”, ha commentato Cacciari che ha visto incontrato fuori della chiesa di San Lorenzo molti dei colleghi di un tempo. Tra questi Giuseppe Riconda, 92 anni, o allievi come Federico Vercellone, 68 anni, titolare a sua volta della cattedra di Estetica, la prima ricoperta da Vattimo a Torino, a cui era seguita quella di Teoretica. “Era un grande – ha detto Vercellone – al momento si può dire questo. C’è un amore immenso – ha aggiunto indicando la folla che per quasi mezz’ora si è raccolta intorno alla bara all’uscita della chiesa –, c’è un’eredità, ci sono delle carte, c’è tanto amore per lui”. Un’eredità, quella di Vattimo che stamattina ha riunito qualche centinaio di suoi allievi di età molto differente, che hanno preso strade diverse, in difficoltà a trattenere l’emozione o sorridenti a prendere un caffè col senso di ritrovarsi di fronte a un docente che “ha dato molto”, indecisi nel ripercorrere il “lato umano” o quello accademico.

Le personalità del mondo accademico appunto, note o meno, sono state tra i partecipanti alle esequie, dal sociologo Sergio Scamuzzi, agli economisti Mario Deaglio e Elsa Fornero: “Era un amico – ha detto quest’ultima –. Era stato lui a convincermi a candidarmi in consiglio comunale – ha raccontato – e non sempre eravamo d’accordo ma credo ci fosse stima reciproca”. Il registro delle firme si è riempito come in rari casi di calligrafie tanto differenti, di mani giovani e altre molto meno, di quelle di autorità, ma anche di gente di strada, qualche senzatetto, con la scrittura grande, zoppicante, decisi comunque a lasciare il segno di esserci per lo stesso uomo, vissuto fuori dall’ateneo.

L'ultimo saluto a Vattimo

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