(S)MOBILITAZIONE

Sciopero Cgil-Uil, Landini parla in una piazza semivuota

A sentire il segretario del sindacato rosso poche centinaia di persone a Torino. Per le organizzazioni hanno sfilato in 10mila nelle vie del centro ma verosimilmente erano meno della metà. "Siamo la maggioranza del Paese", non certo stamattina - VIDEO

Sarà pure maggioranza nel paese, come ha detto dal palco, ma in piazza Castello a sentire Maurizio Landini erano davvero in pochi. Per Cgil e Uil erano oltre 10mila persone oggi in corteo a Torino per la mobilitazione contro il governo di Giorgia Meloni. Chi era presente non ne ha viste più di tre o quattromila, decisamente meno al comizio finale. Landini interviene all'ora di pranzo, dopo una sfilza delle solite testimonianze dai luoghi di lavoro (e di lotta), ritrovandosi a parlare a pochi intimi, in una piazza Castello semi vuota: qualche centinaio di irriducibili restano ad ascoltarlo, rimandando l’appuntamento con la tavola. “Le nostre mobilitazioni non sono semplicemente di protesta, ma in queste settimane sta scendendo in piazza non solo il mondo del lavoro e i pensionati. È la vera maggioranza di questo paese, che oggi non è ascoltata. Non vogliamo solo criticare o protestare ma vogliamo dare vita a un futuro per il nostro paese. Abbiamo proposte per fare le riforme necessarie. Non siamo un sindacato di governo, siamo autonomi. I governi li giudichiamo per quello che fanno”.

Un rito ormai stanco si consuma a Torino tra fischietti e i soliti slogan. Chi precetta, inevitabilmente, è “fascista”. Il dito puntato contro il ministro Matteo Salvini e naturalmente verso quella premier che “vuole cambiare la Costituzione togliendo ogni potere al presidente della Repubblica”. È un sindacato diviso quello che si presenta a questa seconda parte di sciopero, che ha coinvolto le regioni del Nord: otto ore di astensione dal lavoro cui la Cisl non ha deciso di non aderire.

“Le scelte che il governo sta facendo sono sbagliate, stanno portando il nostro paese a sbattere. Non ci faremo intimorire, proseguiremo con la nostra mobilitazione”, ha detto Landini durante il corteo partito da Porta Susa prima del comizio finale in piazza Castello. “Lo sciopero è riuscito. La partecipazione è andata oltre quella del 17 novembre. Quindi l'effetto della precettazione è stato di aumentare la partecipazione nelle piazze” afferma trionfante Landini. Mentre parla, sfreccia in piazza qualche rider, simbolo di quei lavoratori della gig economy che il sindacato non è mai riuscito a intercettare. Sono centinaia di migliaia, senza diritti e senza rappresentanza. Eppure, secondo Landini “in questi giorni sta scendendo nelle piazze la vera maggioranza di questo paese”.

Sono 40 le piazze del Nord Italia in cui è andata in scena la protesta. Prima della partenza del corteo, il numero uno della Cgil ha incontrato i lavoratori della Lear, multinazionale della componentistica auto che produce sedili per la Maserati e che con la sua crisi rischia di lasciare a casa 400 addetti. Poi ha incontrato una delegazione dei 300 lavoratori della Te Connectivity di Collegno che ha annunciato la chiusura e lo spostamento delle lavorazioni negli Stati Uniti e in Cina.

“Scioperiamo contro la Legge di bilancio – dichiara Ivana Veronese, segretaria confederale Uil – che stanzia risorse insufficienti per il rinnovo dei contratti del pubblico impiego e non adotta soluzioni che favoriscano la conclusione di quelli del settore privato, non assume provvedimenti in materia di precarietà e di sicurezza sul lavoro, non investe sulla sanità, non dà risposte sulle future pensioni dei giovani, anzi le peggiora, non affronta la questione dell'evasione fiscale e non riduce le diseguaglianze. Anche oggi registriamo la risposta di lavoratrici, lavoratori, pensionate e pensionati che hanno riempito le piazze delle città del Nord Italia per costruire un Paese migliore, coeso, solidale e in crescita”.

Landini, che quando Sergio Marchionne rilanciava le ex officine Bertone per creare il polo del lusso di Grugliasco, portava i lavoratori della Fiom in piazza contro Fca (e pochi anni prima votò contro il referendum di Mirafiori assieme al suo luogotenente piemontese Giorgio Airaudo), si concede anche una rispettosa puntura ai vertici di Stellantis:  “Il problema non è solo riciclare, il problema è fare, progettare, produrre auto, noi siamo un paese che potenzialmente ha la capacità di produrre 1 milione e mezzo di auto, ne stiamo producendo meno di 500 mila e abbiamo tutti gli stabilimenti che sono sovradimensionati, in molti casi in cassa integrazione”. Poi conclude: “Non è che Mirafiori ha risolto il problema con il riciclo, quello è un pannicello caldo”.

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