L'incertezza del domani

I risultati dei ballottaggi, indetti per l’elezione dei sindaci di alcune città capoluogo, assegnano la vittoria al raggruppamento Pd, Alleanza Verdi-Sinistra e Movimento 5 Stelle. Dalle città sembra emergere un riscatto delle sinistre, insieme a una piccola rivoluzione culturale. 

Firenze, Bari, Perugia, Campobasso e Potenza indicano la speranza di una possibile alternativa al premierato eterno di Giorgia Meloni, e consegnano l’immagine di un governo che ha una data di inizio e finalmente anche una di scadenza. Osservando i dati assoluti delle consultazioni per il parlamento europeo già spiccava un’importante flessione del Centrodestra: indizio profetico di un’importante inversione di rotta in corso.

La provincia italiana rimane però, in gran parte, caposaldo della maggioranza parlamentare; così come alcune Regioni del Nord, come del Sud, dimostrano di non essere intenzionate ad abiurare la loro fedeltà alla destra. Lega e Fratelli d’Italia governano quella che un tempo Bossi chiamava “la Padania”, gestendo soprattutto infrastrutture e Sanità (accompagnando in genere la transizione di quest’ultima dal sistema pubblico a quello privato).

L’astensionismo, oramai oltre al 50%, falsa tutti i risultati elettorali, oltre a indicare l’insoddisfazione dei cittadini nei riguardi delle istituzioni: dimostrazione tangibile di un Paese in cui pochi si ritengono rappresentati dai candidati e dalle compagini che li esprimono. 

La sfiducia verso la Politica non è un fenomeno solamente italiano. Nel Regno Unito, ad esempio, il Partito Laburista si prepara a sostituire il Tory Party alla guida del Governo. Un ritorno al potere che, a quanto pare, non potrà contare sull’appoggio assoluto delle contee del Nord: i territori in cui i minatori scioperarono ad oltranza, e coraggiosamente, contro i licenziamenti voluti dalla Thatcher. Le regioni tradizionalmente “Rosse”, secondo alcuni sondaggi, potrebbero infatti essere facile preda dell’astensionismo, ma anche degli slogan gridati dai movimenti nazionalisti.

L’assenza di una vera alternanza politica delude gli orfani delle grandi formazioni socialcomuniste. La destra, quando conquista le leve del comando, fa il suo mestiere imponendo riforme di marcata matrice iperliberista, privatizzando i servizi, nonché lo Stato. Al contrario, le forze di sinistra si limitano quasi sempre a scimmiottare penosamente gli avversari: le compagini progressiste non impongono cambiamenti alla società, neppure quando vincono riportando risultati importanti.

L’elettorato, sia nostrano che europeo, è rassegnato di fronte a uno status quo immutabile nel tempo: chiunque vinca non cambiano i rapporti di forza nel mondo del lavoro, consentendo lo sfruttamento e la forte disparità economica tra classi sociali, e tantomeno muta la politica estera. Il popolo della Sinistra ha sofferto di acidità cronica digerendo in passato pseudo riforme come quella del lavoro (il Job Act), così come oggi patisce apprendendo del lancio da Sigonella di droni statunitensi diretti sul Mar Nero e si tormenta davanti all’umiliante, quanto nociva, sudditanza europea nei riguardi dei neocon americani (a prescindere da chi vinca le elezioni su questa come sull’altra sponda dell’Atlantico).

Una sorta di autocrazia embrionale governa oramai la res pubblica, sia a livello territoriale che nazionale. Consiglieri e parlamentari eletti con migliaia di voti di preferenza (oramai si punta alle 20mila preferenze per avere la certezza di passare il vaglio delle urne) devono dedicarsi in primis al mantenimento del consenso ricevuto, accantonando quindi, durante l’espletamento del loro mandato, i grandi temi politici che hanno caratterizzato la campagna elettorale. Le conseguenze sono facili da immaginare: Sanità privatizzata definitivamente; litorali a disposizione di pochi privilegiati, poiché per godere di spicchi di mare (demaniale) si pagano costi salatissimi; prezzi dei generi alimentari soggetti a immotivati rialzi, e speculazioni inarrestabili a fronte di stipendi e pensioni invariate (come accade da anni). 

Ursula von der Leyen, cha ha trasformato la Ue in una sorta di istituzione presidenziale assolutista (in cui il Parlamento conta meno di quello italiano), rivestirà di nuovo il ruolo di Presidente della Commissione, e per altri 5 anni il suo impegno sarà rivolto all’espansione europea e della Nato (anche armata) ad Est, con il prezioso aiuto dell’Alto Commissario agli Esteri Kallas, mentre la povertà sarà destinata a crescere ovunque. Allo stesso tempo nel nostro Paese alcune modifiche costituzionali, iniziate da Mariotto Segni (proseguite con Renzi e i governi tecnici), affosseranno definitivamente la Repubblica parlamentare per dar vita a esecutivi “stabili” retti però da una solo persona.

Il progetto politico di questi anni è quello della omologazione forzata, e poco importa se i cittadini non votano più, oppure (disgustati e frustrati) si affidano all’estrema destra neonazi: l’importante per chi governa, o vorrebbe governare, è navigare a vista, senza preoccuparsi minimamente se oltre la nebbia la nave potrebbe colare a picco su un banco di scogli. 

Del domani non vi è certezza: questa per noi tutte/i è l’unica vera certezza. 

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