RIFORME

Autonomia, segnali di fumo (negli occhi della Lega) da FdI

Meloni avvisa: "Senza Lep nessuna concessione". Ma anche sulle nove materie "libere" gela le quattro Regioni che hanno fatto richiesta. Sulla Liguria l'incognita elezioni. Il Piemonte a traino di Lombardia e Veneto. Bussalino: "Pronti alla trattativa col Governo"

Ci aveva visto lungo Roberto Calderoli quando non più tardi di un paio di settimane fa aveva raccomandato caldamente al quartetto di testa delle Regioni “autonomiste” di rallentare la corsa per l’incasso delle prime nove materie su cui esercitare maggiori poteri. E, in qualche faccia a faccia come quello con il governatore del Veneto Luca Zaia, pare si sia pure un po’ incazzato presagendo la reazione in seno alla maggioranza a questi atteggiamenti tanto determinati quanto frettolosi agli occhi degli alleati.  

Non ci voleva la sibilla cumana per prevedere gli ostacoli che Fratelli d’Italia è pronta a piazzare lungo il percorso trionfale della Lega e di cui, infatti, nelle ultime non ha mancato di dare ampia e palese conferma. Al segnale in codice lanciato da Giorgia Meloni anche attraverso una lunga intervista (ampiamente anticipata) al settimanale Tempi in cui la premier ricorda che “solo dopo che verranno fissati i Lep potrà essere accordata l’autonomia alle Regioni che ne faranno richiesta”, i colonnelli del partito hanno aperto i rubinetti dell’acqua gelata. È vero che VenetoLombardiaPiemonte e Liguria hanno, per ora, chiesto solo le nove materie per cui non sono previsti i Lep, ma anche su questo punto quel che arriva dal fronte meloniano non appare rasserenante. “I livelli essenziali di prestazioni sono previsti anche per le materie che sono in questo momento distaccate dalla procedura” avverte il vicecapogruppo alla Camera di FdI Manlio Messina. Le cose non stanno così, ma il fatto stesso che un esponente di punta del fronte meloniano lo affermi è già indicativo del clima. Poi c’è Giovanni Donzelli, responsabile organizzazione del partito, il quale usa verbi al futuro che paiono nascondere il condizionale. “Vedremo quello che conviene ai cittadini e le modalità che convengono. Vedremo, approfondiremo quello che serve al Veneto, alle altre regioni, all’Italia e all’efficienza”. 

Come racconta, a taccuino chiuso, un esponente di rango della Lega, “c’era da aspettarselo. E aveva ragione Calderoli a raccomandare cautela”. E pensare che la partita deve ancora, di fatto, avere inizio. Con premesse del genere, cui va aggiunto l’entusiasmo patibolare di Forza Italia e pure le perplessità di Antonio Tajani in qualità di ministro degli Esteri sulla cessione del commercio estero alle Regioni, senza contare l’opposizione all’autonomia di uno dei suoi vice alla guida del partito, il governatore della Calabria Roberto Occhiuto, non c’è da stare tanto allegri sul Carroccio e, specie, in quelle quattro regioni partite di gran carriera. Già per una, la Liguria, bisognerà aspettare l’esito del voto e se a guidarla sarà il campo largo unito nel fronte referendario contro la riforma Calderoli, il trenino perderà già un vagone.

E se a guidare la locomotiva autonomista c’è il Doge, il Piemonte come da sempre è a traino della Lombardia in questo viaggio la cui prima stazione sarà raggiunta il prossimo 24 settembre. “Per quella data è prevista la risposta dei ministeri interessate per materia alla richiesta di parere, da lì in poi – spiega l’assessore piemontese all’Autonomia, il leghista Enrico Bussalino – partirà la vera e propria trattativa”, conseguenza della lettera di richiesta per le nove competenze inviata dal governatore Alberto Cirio e dallo stesso Bussalino, quale primo atto della nuova giunta. “Ma non è stata affatto una fuga in avanti – spiega l’assessore – la strada è lunga e riteniamo corretto partire senza però perdere tempo. Poi essendo una trattativa, si tratterà”. E proprio su questa visione pragmatica di Bussalino, ovvero su quanto e cosa ciascuna Regione porterà a casa dopo il lungo lavoro del tavolo tecnico, ma anche delle scelte politiche del Governo, pare giocarsi la partita a scacchi di cui si sono viste le prime mosse nelle scorse ore.

Sullo sfondo c’è il referendum per il quale il fronte contrario sta continuando a raccogliere firme, così come c’è la parte più consistente della riforma, ovvero tutte quelle materie per le quali, tuttavia, bisognerà aspettare la definizione dei Lep. Anche per questo sarà importante vedere l’atteggiamento, a partire dall’autunno, di FdI ma anche di Forza Italia rispetto a questa anticipazione delle quattro Regioni (con l’incognita ligure) del Nord. Le prime reazioni, con le sembianze di avvertimenti, sembrano dar ragione ai timori di Calderoli il quale, non per nulla, aveva raccomandato di non correre. E, soprattutto, di non suonare la grancassa. Visto che a dirigere l’orchestra c’è chi non ha mai considerato l’autonomia musica per le sue orecchie.

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