FIANCO DESTR

Bufera sul federale meloniano Riboldi. Alessandria, terremoto nel centrodestra 

Si accentuano le divisioni nella coalizione dopo la discesa in campo, per la Provincia, di Rapetti. Dalla Lega segnali di tensione e vecchie ruggini con FdI. La patata bollente nelle mani dell'assessore alla Sanità (chiamate il 118). Il Pd gongola: troppo presto?

“Non hanno picchiato te, ma la tua divisa”. “Sì, ma nella divisa c’ero io”, replicava un pesto Primo Arcovazzi al professor Bonafè in una magistrale scena del Federale. Ed è un po’ quello che sta capitando a Federico Riboldi, fresco assessore regionale alla Sanità, ma protagonista in una vicenda che sta terremotando con larghe faglie il centrodestra, nel suo ruolo di “federale” di Fratelli d’Italia per la sua provincia, quella di Alessandria.

Vicenda che, come scritto ieri, esplode sul terreno delle prossime elezioni provinciale con la deflagrante entrata in campo del sindaco di Acqui TermeDanilo Rapetti tornato dopo dieci anni alla guida della città termale con una formazione civica che nelle urne ha surclassato le due forze politiche in cui in passato aveva militato, prima Forza Italia e poi la Lega, per non dire del partito di Giorgia Meloni. Lo stesso partito che adesso si trova nella per nulla invidiabile situazione di rischiare di fallire l’obiettivo di portare un suo uomo, Luigi Benzi sindaco di Quargnento, a Palazzo Ghilini a causa di quel terzo incomodo che arriva da Acqui, ma che sembra partire con il non dichiarato e fino ad oggi non smentito appoggio dei due partiti alleati di FdI o buona parte degli amministratori locali (elettori nel sistema di secondo grado per le Province) che appartengono o fanno riferimento a Lega e Forza Italia.

Nella intricata questione dal finale tutto da scoprire e dai riverberi che valicano i confini alessandrini, Riboldi entra a pieno titolo proprio per aver condotto, nel suo ruolo di vertice dei meloniani mandrogni, trattative e scelte culminate con quella su Benzi, anche se non proprio scatenando giubilo tra gli alleati, e aprendo una questione che più dei singoli attiene ai rapporti interni al centrodestra in Piemonte. Il titolare della delega più importante e complessa nella giunta di Alberto Cirio che assorbe più di qualunque altra tempo e attenzioni per provare a risolvere problemi ed evitare ostacoli, viene tirato in ballo per quel che ha preceduto la decisione sulla candidatura del centrodestra. Lui nega di aver mai promesso alcunché a Rapetti e dunque men che meno la candidatura alla presidenza della Provincia: una versione che discorda con quella di Rapetti e non solo, giacché il sindaco di Acqui non ha fatto mistero dei colloqui con Riboldi e degli schemi che avrebbero dovuto portare alla sua investitura con il viatico fraterno. Addirittura in alcuni passaggi si sarebbe ragionato di un’adesione del primo cittadini acquese al partito della Meloni, ipotesi poi virata in una presentazione “civica” della stessa candidatura. Insomma, secondo questa versione se la promessa non ci fu, si andò vicino a qualcosa che le somigliasse molto. 

E neppure custodita come un segreto di Stato, se nella stessa Lega c’è chi ricorda come fino a giugno la candidatura di Rapetti era molto più di un’ipotesi. Il mese è importante per una possibile lettura dei fatti, perché proprio a giugno scoppia lo scandalo che coinvolge Rapetti e un suo legame di assai stretta amicizia con un immigrato che in seguito a una rissa venne arrestato nell’abitazione dove a quell’ora della notte era presente lo stesso sindaco. La vicenda, tra il boccaccesco e la politica, scuote la città, per un po’ di tempo circola l’ipotesi addirittura di dimissione del sindaco, poi tutto rientra. C’entra questo “incidente” nel raffreddamento dei contatti tra il sindaco e Riboldi, peraltro tra i primi ad esprimergli vicinanza e sostegno in un momento non facile? È stato il partito dell’allora ancora sindaco di Casale Monferrato a sollevare sopraccigli e obiezioni? Sta di fatto che lo schema, noto anche ai vertici degli alleati, svanisce. Rapetti non ci sta. Prova a chiedere spiegazioni e quelle che riceve non lo convincono, anzi lo convincono a vendicarsi entrando in campo per giocare un ruolo di terzo incomodo, naturalmente a svantaggio del centrodestra. Dove, mentre nel Pd e nel centrosinistra forse corrono troppo con le bottiglie in mano pronte ad esser stappate per la vittoria del loro candidato Domenico Miloscio, ogni passo è un saltar fuori di sassolini, neppure tanto piccoli.

Dal Carroccio rispuntano ruggini con FdI, mai cancellate del tutto, a partire dalla crisi aperta a Novi Ligure che portò alle dimissioni del sindaco leghista Gian Paolo Cabella, passando per le comunali di Alessandria dove per i leghisti la macchina meloniana avrebbe messo il freno a mano al ballottaggio e via in un elenco a metà tra lo sfogatoio e il menù tutto freddo come si conviene alla vendetta. Senza dimenticare la recente tensione tra Riboldi e il suo predecessore alla Sanità il leghista Luigi Icardi per dichiarazioni che l’attuale assessore avrebbe poi spiegato e precisato, ma che intanto hanno avuto l’effetto di un morso di tarantola nel partito di Riccardo Molinari che vede, forse non stando proprio alla finestra, nella sua provincia la possibile frattura nella coalizione.

Nelle ultime ore va circolando la voce di un possibile passo indietro di Benzi, ma una conferma o smentita pare imminente vista la riunione di coalizione prevista nel tardo pomeriggio. Così come gira voce di un possibile sostegno a Rapetti da parte dell’azzurro Gianluca Colletti, che Forza Italia avrebbe voluto quale candidato alla presidenza della Provincia. Tra rumors e segnali ai naviganti, le prossime si annunciano ore non facili per il centrodestra, men che meno per il federale mandrogno. Anche se il fuoco amico è diretto al partito, nella divisa c’è pur sempre lui.