Strategia di Stellantis e politica sorda

Non capire e non ascoltare, questa è la conclusione dell’audizione al Parlamento del ceo di Stellantis, Carlos Tavares. Ne trovo conferma nelle dichiarazioni dei politici di destra e di sinistra. Tralascio Matteo Salvini perché non fa testo. Parto da Carlo Calenda che lo taccia di fare solo “un sacco di chiacchiere da cui l’unica certezza è che il milione di auto sbandierate non esiste più. Esistono un milione di clienti ma li dobbiamo trovare noi con gli incentivi. Quello che ha detto è datemi i soldi”.

Tavares ha sempre detto che avrebbe prodotto un milione di auto (compresi i veicoli commerciali) entro il 2030, oggi siamo a fine 2024, dunque? Chi ha detto che si sarebbe prodotto un milione di auto era il ministro Adolfo Urso; il governatore del Piemonte Alberto Cirio ne voleva duecentomila solo a Mirafiori ma per ora si limita a togliere l’esenzione del bollo sulle auto ibride. E pure qualche sindacalista ne invocava duecentomila. Il governo ha erogato gli incentivi in ritardo di sei mesi tenendo bloccato il mercato italiano. Forse Urso ha difficoltà a capire come funziona un libero mercato e Calenda ha la memoria corta. Oltre a tenere il mercato bloccato negli incentivi per l’auto elettrica a giugno l’esecutivo ha stanziato meno del promesso, lo dice Unrae: “Scopriamo con sorpresa il giorno dell’apertura della piattaforma che non sono stati resi disponibili tutti i fondi previsti per le autovetture: mancano ben 178,3 milioni”.

La politica nostrana ha creato le condizioni per stimolare l’acquisto di una elettrica? In Italia abbiamo solo 50mila punti di ricarica; in Francia e Germania circa 120mila ciascuno. Acea sostiene che per tutta l’Europa ne occorrerebbero 8,8 milioni entro il 2030, per la Commissione Europea ne bastano 3,5 milioni ma al momento solo nove stati ne hanno più di diecimila. Una differenza notevole tra chi fa politica e chi fa industria. Inoltre la diffusione in Italia non è omogenea geograficamente con una rete di ricarica concentrata in tre regioni al Nord e debole al Sud, Centro e Isole. Da ricordare, ai grilli parlanti della politica, che in Italia il costo dell’energia per la ricarica è il più alto rispetto a Germania, Spagna e Francia. Non credo dipenda da Tavares se la rete di ricarica è scarsa,  se l’energia costa troppo e se gli incentivi non sono stati messi tutti a disposizione. Queste invece sono tutte cause per cui, anche in Italia, il mercato dell’elettrico non decolla e non dipende certo dai produttori.

Poi ci sono le opposizioni che presentano la loro mozione su Stellantis: “Il governo in questi mesi non ha avuto il coraggio di avanzare a Stellantis alcune richieste semplici e chiare. Nella nostra mozione chiediamo”, tra le altre cose, “la predisposizione di un pacchetto di iniziative a supporto della filiera produttiva automotive; l’interruzione del processo di spinta alla delocalizzazione degli investimenti dei fornitori; la cessazione del ricorso al lavoro somministrato; un piano di assunzioni per determinare un necessario cambio generazionale; il mantenimento in Italia dei settori della progettazione”. Così i leader di Pd, 5s, Avs e Azione, secondo cui “è il momento di cambiare atteggiamento”. Mi sembra una piattaforma sindacale ma non certo una proposta industriale. Dov’è la politica industriale “alternativa” a ciò che dice Tavares se Misiani e Schlein lo criticano? “Ci aspettavamo molto di più da questa audizione. Siamo molto preoccupati della situazione di Stellantis in Italia e condividiamo le ragioni dello sciopero del 18 ottobre”, commenta Schlein.

Dov’è la politica italiana in Europa? Draghi nel suo rapporto sull’Europa ma anche le aziende costruttrici evidenziano un eccesso di norme (burocrazia); l’estensione di fonti di alimentazione alternative al Bev come bio-fuel e idrogeno, ma sopratutto chiarezza di prospettiva. Occorre una sincronia europea di azione comune dei Paesi e delle case costruttrici per abbattere i costi delle materie prime necessarie alle batterie. Ci sono anche divisioni tra i costruttori, ma non troppo. Volvo, di proprietà della cinese Geely, non vuole derogare dalle scadenze del 2025 sui limiti di Co2 e del 2030 sulla produzione endotermica, ma rivede la sua strategia e non abbandona il mild-hibrid e l’ibrido e ovviamente essendo cinese non teme l’invasione cinese. Volkswagen teme i dazi perché sarebbero tassate anche le sue auto prodotte in Cina. Stellantis inizia l’azione di aggiramento ai dazi con Leapmotor che produrrà in Polonia. La politica si preoccupa se Tavares andrà via e non legge la strategia che c’è, è ben presente ma non viene individuata l’Italia come il Paese in cui realizzarla per i costi di produzione alti e prezzo al consumatore dell’auto elettrica alto. È su questo che dovrebbe concentrarsi la politica.

Dopo il teatrino dell’audizione ora la politica fugge dai problemi veri appiccicandosi alla dichiarazione fatta al Salone di Parigi, da Tavares, su eventuali esuberi: “Non scarto nulla... La salute finanziaria di Stellantis non passa unicamente dalla soppressione di posti, passa attraverso tante altre cose: immaginazione, intelligenza, innovazione. Che è quello che stiamo facendo”. “Nulla può essere escluso, anche se in realtà -  in questo momento non sono previsti tagli. Il cuore della nostra riflessione strategica non è il taglio dei posti di lavoro”. Inoltre, a fronte di una Volkswagen in piena crisi e che paventa esuberi e chiusure di stabilimenti dovremmo ringraziare la nostra avanzata legislazione in materia di tutela dell’occupazione con l’uso della cassa integrazione. Invece cosa si fa? Si tuona contro Stellantis che prende i soldi pubblici e mette in cassa integrazione.

Gli Usa destinano tramite l’Inflaction Reduction Act, 135 miliardi di dollari destinati alla mobilità. Secondo Bloomberg, sono già 13 miliardi gli investimenti attirati grazie all’Ira. Per chi costruisce auto elettriche, batterie o celle sul suolo statunitense c’è un bonus di 35 dollari a kWh e questo, secondo la Ubs abbatterebbe del 25-30% il costo di produzione delle batterie che rappresenta il 40% dell’intero veicolo. Secondo indiscrezioni, la Volkswagen starebbe pensando di spostare Oltreoceano almeno una delle sei gigafatory previste inizialmente in Europa e, secondo il Financial Times, se lo facesse potrebbe rastrellare 9-10 miliardi di incentivi. Intanto farà il pieno di sussidi prendendosi quelli canadesi per la nuova gigafactory e quelli statunitensi per la produzione di vetture in Tennessee. Anche Daimler e Stellantis (insieme a LG con un investimento di 5 miliardi di dollari canadesi), stanno seguendo la stessa strategia basandosi anche sulla possibilità di attingere alle risorse minerarie locali. Toyota spenderà 2,5 dei 5,6 miliardi di dollari previsti globalmente per le batterie nel nuovo impianto in North Carolina e in Europa farà solo quelle per i suoi ibridi plug-in. Honda spenderà in Ohio 4,4 miliardi: 3,5 nel nuovo impianto e 700 milioni per la riconversione di impianti esistenti. La Ford che chiude lo stabilimento di Saarlouis in Germania e taglia mille posti a Valencia e altre 3.800 persone tra ingegneri e amministrativi in tutta Europa investe 3,5 miliardi nella  nuova gigafactory del Kentucky e 5,6 miliardi in BlueOval City, destinato a diventare il centro di riferimento per l’elettrificazione della casa di Dearborn. Bmw investirà 1,7 miliardi con Envision Aesc: 1 miliardo a Spartanburg e 700 milioni nella vicina Woodruf solo per le batterie. Tesla investe altri 3,6 miliardi in Nevada e 5 miliardi in Messico rispetto ai 4 miliardi per Berlino.

La sproporzione è evidente e pone un serio problema per l’Europa che voleva consegnare alla propria industria le chiavi dell’auto elettrica mondiale e invece ha scoperto che l’auto elettrica  se la stanno accaparrando Usa e Cina a suon di miliardi da parte dei Governi. Serve un cambio di passo deciso perché la realtà sta mandando segnali ben precisi alla politica europea. In Italia, invece, per qualche voto in più prendiamo a schiaffi Tavares.

Potrei finirla qui ma voglio ancora riportare la sintesi del Sole 24 ore su cosa ha detto Tavares nell’audizione in Parlamento e ai Sindacati Fismic-UGL-Anqui il giorno prima. FIM-FIOM-UILM “astutamente” non c’erano perché non si va all’incontro con l’azienda prima dello sciopero: roba da novecento...ma degli inizi! Tavares: “Nonostante le difficoltà, Stellantis ha confermato gli obiettivi fissati nel piano industriale 2030. Tra i progetti principali, l’introduzione di versioni ibride su tutti i modelli della gamma, con un’espansione della Panda e l’anticipo della produzione della 500 ibrida. A Melfi sarà anticipata la produzione di modelli con motori ibridi a partire dal 2025. L’azienda ha confermato che anche la produzione di motori endotermici garantirà l’occupazione durante la transizione all’elettrico. Infine, è stata confermata una maggiore autonomia per Maserati all’interno del gruppo Stellantis. Esclusa la volontà di vendita. Guardando al futuro, Stellantis ha ribadito la sua ambizione di raddoppiare la produzione di veicoli elettrici entro il 2025-2026. Tuttavia, Tavares ha riconosciuto che la domanda in Europa resta limitata, con Paesi come l’Italia e la Spagna che registrano una penetrazione di mercato inferiore al 5%. Nelle premesse del suo intervento Tavares ha ribadito la contrarietà del Gruppo a posticipare le scadenze imposte dall’Europa sia per i tagli alle emissioni, che scatterebbero già l’anno prossimo, che sul fronte dello stop ai motori endotermici, a partire dal 2035. Ci sarebbe un problema legato all’impatto ambientale in generale, dice Tavares, mentre dal punto di vista industriale, il ceo di Stellantis parla di ricadute negative sul settore perché “si darebbe spazio e tempo alle case produttrici in difficoltà per recuperare mentre invece Stellantis è già pronta”. Rallentare il processo dunque potrebbe creare un problema di deprezzamento sui mercati. Il ceo ha poi spiegato la volontà di Stellantis è quella di mantenere i modelli a motore (Ice) mentre è in corso la fase di rump up dell’elettrificazione ad una velocità più moderata, viste le forti incertezze del mercato. Servono risorse per mantenere la vecchia tecnologia in vita e risorse da destinare alla nuova tecnologia. Il rischio è che il fabbisogno finanziario sia troppo alto e che le aziende non reggano”.

Mi sembra chiara la strategia di Tavares e Stellantis, che poi è abbastanza omogenea tra le case costruttrici: rallentare sull’elettrico e seguire il mercato sull’ibrido con una transizione più fluida. Temo però che per la politica non voglia sentire. E nemmeno capire.

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