Il Sole in periferia

La paura si sta impossessando delle nostre comunità e le getta in un cono d’ombra in cui, insieme alla luce, spariscono anche i valori umani. Il timore verso l’altro e l’ostilità nei confronti di chi versa in stato di miseria sono i sentimenti che hanno sostituito la solidarietà, l’empatia verso il prossimo.

I cambiamenti stessi fanno paura, pure quando sconvolgono la quotidianità in meglio, e nel momento in cui questi arrivano la reazione delle persone è solitamente quella di chiudersi a difesa, come un riccio, cedendo alla tentazione di abbracciare ideali “rassicuranti”, quanto illusorî. Sulla stimolazione della paura collettiva si possono costruire magnifiche campagne elettorali: una manipolazione esercitata ad arte sulle persone, le quali si distraggono e non si accorgono quindi della continua soppressione di servizi pubblici. A lungo andare, il consenso edificato sullo sfruttamento dell’ansia popolare genera una spessa coltre nera che avvolge ogni aspetto della società.

La Città del Sole, immaginata da Tommaso Campanella nell’anno 1602, è un’utopia sconfitta da decenni di politici incapaci di vedere al di là del proprio naso; da un’epoca in cui si curano esclusivamente gli interessi di pochi potenti, a danno dei più. Quadro desolante, seppur reso meno cupo dalla presenza di alcuni raggi di Sole: isole luminose, resistenti al buio, difese dalla passione di donne e uomini che credono ancora nel dovere umano di sostenersi a vicenda: prescindendo dalle differenze etniche, di fede politica o religiosa.

Contenitori di comunità continuano a sorgere un po' ovunque e resistono tenacemente all’avanzata del deserto culturale. Piccole aree dove cittadine e cittadini mettono volontariamente a disposizione il loro tempo con lo scopo di creare aggregazione, inclusione sociale e di combattere la diffidenza. Luoghi non intrisi di sentimenti di paura, ma vivaci poiché arricchiti da una forte volontà di conoscere gli altri, nonché di progettare insieme dinamiche sociali di cui possa beneficiare tutto il territorio. 

In questi luoghi, la lotta all’isolamento viene attuata anche difendendo i diritti di cittadinanza, evitando discriminazioni tra coloro che sono stati accolti da poco tempo in quartiere ed i residenti dalla nascita: diritti garantiti dalla Costituzione, ma in genere non riconosciuti da chi governa la nazione e, purtroppo, neppure dagli amministratori territoriali. Aggregare si traduce sempre in una presa di coscienza collettiva, nella consapevolezza di essere parte di una realtà che è molto più forte del singolo. 

I diritti assoluti (diritto all’istruzione, al lavoro, alla dignità, alla salute e alla casa) vacillano sotto i colpi di norme che tutelano il profitto tramite ampie operazioni di privatizzazione selvaggia. Lo Stato arretra di continuo davanti agli interessi dei grandi capitani della finanza e del capitale, lasciando cadere i costi delle proprie (infauste) scelte politiche sulle teste delle persone che vivono del loro lavoro. 

Nelle periferie, spesso dimenticate da sindaci e assessori, si muove inaspettatamente un universo molto eterogeneo, fatto di associazionismo, quello vero, e di piccole istituzioni nate in un’epoca dove le parole d’ordine erano “partecipazione” e “giustizia sociale”. Associazioni che a Mirafiori, come in Barriera, con molta umiltà aprono le porte a chiunque si affacci sull’uscio degli spazi che gestiscono: un invito ad entrare che non è regolato dai soldi, dalle quote di iscrizione, ma esclusivamente dalla condivisione dell’idea a cui si è chiamati partecipare.  

Persone appartenenti a differenti culture imparano così a guardarsi negli occhi, ad aver fiducia l’uno dell’altra; riscoprono il confronto e la solidarietà, insieme alla possibilità di tutelare la loro dignità e, al contempo, quella della propria comunità (tramite cure universali, lavoro, scuola e abitazione). Una lama di luce squarcia il buio: il terrore, generato da antiche abitudini, si sgretola di fronte alle pressioni esercitate da un mondo in continuo movimento.

Un nuovo stile di vita, rispettoso del prossimo e del pianeta, è fonte di disordine per i complessi equilibri in cui da decenni convivono sfruttati e sfruttatori: meccanismi che spingono il manovale e il disoccupato a temere la tassa patrimoniale, ma ad accettare senza battere ciglio prelievi fiscali che intaccano il 35% della pensione (compresa quella sociale) percepita da chi ha lavorato una vita intera. 

Nello stesso istante in cui il governo invoca le ennesime misure di austerità (che colpiranno ancora una volta le persone più fragili) una speranza appare all’orizzonte, ed ha i contorni di una grande comunità umana solidale: i tratti di chi combatte tutti i giorni contro l’oscurità plasmata dall’indifferenza e dall’ignoranza.

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