FIANCO DESTR

Forza Italia prepara la resa

Rai, alleanze, partito unico del centrodestra. Nel dialogo riaperto tra Berlusconi e Salvini entra pure il Piemonte. Una sciarada in cui gli azzurri potrebbero perdere la designazione del candidato presidente. Con Molinari che fa gli scongiuri

“Un unicum”. Giorgio Mulè non ordina un amaro, ma cerca di mettere ordine tra i vari scenari ipotizzati escludendo quello del partito unico del centrodestra, perché “Forza Italia - spiega il portavoce opponendo latino a italiano - continuerà a rappresentare un unicum nel quale si riconoscono gli italiani che amano la liberta”. Quindi, per ora, porta chiusa a una riedizione riveduta (a favor di Lega) della Casa delle Libertà che, senza dubbio, avrebbe avuto immediate tangibili conseguenze nei prossimi appuntamenti elettorali, magari non in tempo per le regionali di Abruzzo e Basilicata, ma per quelle di Sardegna e Piemonte del prossimo anno, concomitanti con le europee, certamente sì. Eppure, pur invisa allo stato maggiore, la prospettiva di una formazione unitaria è più concreta di quanto si immagini.

Se il portone di Villa San Martino si sia aperto in gran segreto per far entrare Matteo Salvini, come ipotizzato da qualcuno, o il confronto con Silvio Berlusconi anziché ad Arcore sia avvenuto al telefono oppure attraverso gli sherpa dei due partiti in preparazione a un faccia a faccia in programma, ma ancora senza data, non importa granché. Contano, piuttosto, i punti sui quali, pur scacciando l’idea della fusione Lega e Forza Italia, potrebbero trovare un’intesa e colmare almeno in parte la distanza tra gli alleati, cosa che preoccupa più gli azzurri che non le truppe di Salvini in costante aumento e con i colonnelli determinati a piantare ulteriori bandierine.

Una di queste è quella, ancora posticcia per l’assenza del consenso di Berlusconi, della presidenza Rai. Il Cav si è lasciato uno spazio di manovra motivando il non voto a Marcello Foa al vertice di viale Mazzini per una questione di metodo (la scelta non è stata né discussa, né condivisa da Salvini con Forza Italia) e non di merito: non troppo difficile concedere il via libera. Soprattutto se questo avviene su un tavolo dove si rivedono non poche altre questioni, incominciando da alcuni aspetti della manovra che interessano e allarmano gli imprenditori del Nord (residuo bacino elettorale forzista), ma passando anche per accordi per le elezioni regionali.

Ed è qui che il Piemonte, non certo in cima ai pensieri di Salvini e di Berlusconi, entra nella partita così com’è entrato nei ragionamenti durante il pranzo dell’altro giorno ad Arcore, con il mistero della presenza o meno del ministro dell’Interno, ma la certezza dei gran consiglieri del Cav: Gianni Letta, Niccolò Ghedini e Antonio Tajani. Un gabinetto di guerra, si direbbe se non fosse che l’esercito del Capitano è almeno cinque volte quello di Silvio e le condizioni si fa presto a capire chi le detta.

“Se qualcuno di Forza Italia preferisce andare ai cantieri della Tav insieme a Chiamparino noi possiamo anche farcela da soli” aveva avvertito pochi giorni fa, ai piedi del Monviso, Riccardo Molinari, lanciando un segnale. Ricevuto chiaro e forte dai maggiorenti azzurri, ancora certi della tenuta di quel patto che attribuiva a loro la candidatura a presidente della Regione e quindi meglio non irritare gli uomini di Matteo, per non dire lui.

Una certezza assai meno tale, adesso. Quando nell’incrociarsi e accavallarsi di indiscrezioni più o meno pilotate, più o meno interessate, torna con insistenza sospetta una frase forse raccolta proprio a quel tavolo di Villa San Martino: “Il Piemonte va alla Lega”. Richiesta perentoria o concessione obbligata, semmai verrà confermata nei fatti, sarà l’ulteriore bandierina che il Capitano pianterà nel Nord: dopo la Lombardia, il Veneto, il Friuli-Venezia Giulia e perfino la Val d’Aosta.

In cambio, forse, scompaginando recentissime previsioni a Forza Italia potrebbe andare l’Abruzzo primo potenziale sbarco della Lega nazionale e non più nordista al Sud, ma anche utile scambio per occupare anche l’ultima regione settentrionale lasciando agli azzurri solo la Liguria, peraltro guidata dal governatore azzurro più leghista qual è Giovanni Toti. Oppure terrà l’Abruzzo per il pioniere Giuseppe Bellachioma e concederà ai berluscones il Piemonte. Tutto è possibile nel pazzotico mondo del centrodestra.

Candidato alla poltrona attualmente occupata da Chiamparino “sarà Molinari”, detto senza alcuna titubanza o spazio ad altre figure, riferisce un insider da Montecitorio. “Salvini applicherà in Piemonte lo schema Fedriga” spiega chi cita Massimiliano Fedriga, parlamentare e segretario regionale candidato ed eletto governatore del Friuli-Venezia Giulia. Matteo, l’unico Capitano a disporre dei colonnelli, non ha nessuna intenzione di cercare altri per la presidenza del Piemonte. Molinari dice di essere “un soldato. Decide Matteo e se lui ordina obbedisco”, anche se in questo caso, non è un mistero, ne farebbe volentieri a meno.

Eletto con una marea di voti nel suo collegio alessandrino, dove l’anno prima aveva riconquistato il Comune capoluogo piazzando un suo uomo, Gianfranco Cuttica, a sindaco e riservandosi un assessorato in attesa del voto del 4 marzo, Molinari è diventato capogruppo alla Camera quando Giancarlo Giorgetti è andato a Palazzo Chigi. Hic manebimus optime, scriverebbe sul suo seggio a Montecitorio.

E pure la cabala gli darebbe ragione. Quel suo posto da presidente dei deputati della Lega, nel 2008 era occupato da un altro piemontese: Roberto Cota. Anche lui stava benissimo e non si sarebbe schiodato da lì come dai talk televisivi che oggi ospitano Molinari. Ma in Piemonte c’era da spodestare la zarina del Pd Mercedes Bresso, impresa impossibile sulla carta. Quindi Cota si candidò pronto a perdere, ma gli toccò vincere: “Ragazzi, ci è capitato una grande sciagura” disse quando i voti smentirono le sue speranze. Come andò poi a finire si sa.

Che vada a finire con Molinari candidato, non certo con le condizioni per una sconfitta come quella erroneamente prevista da Cota, è assai probabile anche se non sicuro. In Forza Italia c’è chi non avvalla affatto questa versione, limitandosi a spiegare come fa l’aspirante Alberto Cirio con i suoi che “si va uniti”, lasciando implicitamente aperta la porta a una candidatura forzista e nel caso dell’europarlamentare, alla sua. Se, come pare, nei prossimi giorni l’incontro tra il leader della Lega e quello di Forza Italia ci sarà, quando ad aprirsi sarà il cancello di Arcore o di Palazzo Grazioli, Salvini potrebbe uscire con in mano la presidenza del Piemonte. Peraltro, avendola già in tasca, al momento di entrare.

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